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Il mito del Minotauro
Post n°73 pubblicato il 19 Ottobre 2012 da umegh1
Minosse, re di Creta, pregò Poseidone, dio del mare, di inviargli un toro come simbolo dell'apprezzamento degli dei verso di lui in qualità di sovrano, promettendo di sacrificarlo in onore del dio. Poseidone acconsentì e gli mandò un bellissimo e possente toro bianco di gran valore. Vista la bellezza dell'animale, però, Minosse decise di tenerlo per le sue mandrie e ne sacrifica un altro. Poseidone allora, per punirlo, fece innamorare perdutamente Pasifae, moglie di Minosse, del toro stesso. Nonostante lui fosse un animale e lei una donna, ella desiderava ardentemente accoppiarvisi, e voleva a tutti i costi soddisfare il proprio desiderio carnale. Vi riuscì nascondendosi dentro una giovenca di legno costruita per lei dall'artista di corte Dedalo. Dall'unione mostruosa nacque il Minotauro, termine che unisce, appunto, il prefisso "minos" (che presso i cretesi significava re) "taurus" (che significa toro). Il Minotauro appare anche nella Divina Commedia. Precisamente nel dodicesimo canto dell'Inferno. Allegoricamente, il Minotauro è posto a guardia del girone dei violenti, perché nel mito greco esso simboleggia proprio la parte istintiva e bestiale della mente umana, quella che ci accomuna agli animali (la «matta bestialità») e ci rende inconsapevoli. La scena di Virgilio che vince il Minotauro rappresenta allegoricamente il trionfo della ragione sull'istinto. |
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