Creato da umegh1 il 24/02/2012

Il mondo di Leo

L'uomo più potente è quello che è padrone di se stesso

 

 

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Tratto dall'elogio alla follia di Erasmo da Rotterdam

Post n°181 pubblicato il 05 Ottobre 2014 da umegh1

Qualsiasi cosa siamo  soliti dire di me i mortali e infatti non sono così sciocca da non sapere quanto si parli male della follia anche da parte dei più folli, tuttavia sono io, io sola, ve lo posso garantire, che ho il dono di riuscire a rallegrare gli dèi  e gli uomini.  Come  avviene quando il sole mostra il suo bel volto alla terra, o come quando dopo un lungo spirato inverno i dolci venti di “Favoino” mostrano la terra con una  luce diversa, dando nuovo colore al creato. Vi chiederete per quale ragione mi sono presentato a voi oggi, purchè non vi dispiaccia porgere le vostre orecchie alle mie parole: non certo come quando state ad ascoltare i sacri predicatori, ma come i ciarlatani di piazza, ai buffoni e ai beffatori, o come quel nostro “Mida" porse le orecchie a “Pan”. Infatti mi è venuta voglia di fare un po’ con voi il sofista, non di quella razza che va inculcando stupidaggini ai ragazzini e insegna a contendere pettegolezzi da donnette: imiterò invece gli antichi, che, per evitare di essere chiamati  col nome malfamato di sapienti, preferirono essere chiamati sofisti. Dunque ascolterete un elogio; non quello di Ercole o di Solone, ma di me stessa, l’elogio alla follia. In verità non stimo molto i sapienti, costoro che vanno dicendo che sia una cosa stoltissima tessere le proprie lodi. Che cosa infatti è più coerente con la follia che farsi banditrice di se stessa e cantarsi da se le proprie lodi. Del resto credo che ciò sia ben più modesto di quello che va facendo la maggior parte dei grandi e dei sapienti, che per falso ritegno sono soliti sedurre un qualche retore adulatore o qualche poeta millantatore e lo pagano per fargli tessere le loro lodi che sono pura menzogna. E tuttavia quel gran modesto alza le penne come un pavone e drizza la cresta, mentre l’impudente adulatore paragona quell’uomo da quattro soldi agli dèi, proponendolo come modello universale di tutte le virtù, pur sapendo che ne è lontanissimo; veste così la cornacchia con le penne del pavone e fa di una mosca un elefante.

 
 
 
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