Creato da umegh1 il 24/02/2012

Il mondo di Leo

L'uomo più potente è quello che è padrone di se stesso

 

 

I diversi generi di follia Erasmo da Rotterdam

Post n°182 pubblicato il 07 Febbraio 2015 da umegh1

Un argomento attuale che a cinque secoli dalla sua pubblicazione mantiene immutata la sua fama. Erasmo scrive che ci sono diversi generi di follia e dice: Ed ecco le rane del "Portico" che si mettono a gracidare; niente è più miserevole della stupidità. Ebbene una somma follia è molto vicina alla stupidità, anzi è essa stessa la stupidità, infatti cosa significa agire in modo folle se non uscire di senno? e costoro ne sono usciti del tutto. Ma cerchiamo di confutare con l'aiuto delle Muse anche questo ragionamento, certo che sono dei ragionatori sottili. Ma come Socrate di Platone faceva di due veneri una venere, dividendola a metà e di due cupidi un cupido, cosi costoro devono distinguere, stupidità da stupidità se vogliono sembrare sani di mente. Infatti non tutte le follie rendono l'uomo infelice, in realtà io non ho ancora accertato se si debba dare il nome di follia a qualunque errore della mente o dei sensi. Infatti se uno non ha la vista buona, scambia un mulo per un asino o se, un altro ammira una poesia rozza come se fosse raffinatissima. Come colui che ogni volta che sente ragliare un asino crede di ascoltare una meravigliosa sinfonia o come se un poveraccio nato da umili orgini crede di essere Creso, il re della Lidia. Ma se questo tipo di follia tende al piacere come avviene quasi sempre, una tale follia è più comune di quanto si creda, i pazzi ridono dei pazzi procurandosi un reciproco divertimento e non di rado vedrete accadere che ci è più pazzo ride di chi è meno pazzo di lui. Ognuno poi ve lo garantisco io che sono la Follia in persona è tanto più felice quanta piu è varia la sua follia ed è molto diffusa tra gli uomini che non so se si possa trovare uno che sia savio a tutte le ore. C'è però una differenza; se uno vede una zucca e la scambia per una donna lo chiamano pazzo, perche questo non avviene quasi mai. Ma se un altro ha la moglie in comune, dice che è più virtuosa di Penelope e si mostra del tutto conpiaciuto di questo suo felice errore, nessuno lo prende per matto, perchè questo capita molto comunemente alla maggior parte degli uomini.

A cinque secoli di distanza, parole di un certo peso e sempre attuali.....

 
 
 

Tratto dall'elogio alla follia di Erasmo da Rotterdam

Post n°181 pubblicato il 05 Ottobre 2014 da umegh1

Qualsiasi cosa siamo  soliti dire di me i mortali e infatti non sono così sciocca da non sapere quanto si parli male della follia anche da parte dei più folli, tuttavia sono io, io sola, ve lo posso garantire, che ho il dono di riuscire a rallegrare gli dèi  e gli uomini.  Come  avviene quando il sole mostra il suo bel volto alla terra, o come quando dopo un lungo spirato inverno i dolci venti di “Favoino” mostrano la terra con una  luce diversa, dando nuovo colore al creato. Vi chiederete per quale ragione mi sono presentato a voi oggi, purchè non vi dispiaccia porgere le vostre orecchie alle mie parole: non certo come quando state ad ascoltare i sacri predicatori, ma come i ciarlatani di piazza, ai buffoni e ai beffatori, o come quel nostro “Mida" porse le orecchie a “Pan”. Infatti mi è venuta voglia di fare un po’ con voi il sofista, non di quella razza che va inculcando stupidaggini ai ragazzini e insegna a contendere pettegolezzi da donnette: imiterò invece gli antichi, che, per evitare di essere chiamati  col nome malfamato di sapienti, preferirono essere chiamati sofisti. Dunque ascolterete un elogio; non quello di Ercole o di Solone, ma di me stessa, l’elogio alla follia. In verità non stimo molto i sapienti, costoro che vanno dicendo che sia una cosa stoltissima tessere le proprie lodi. Che cosa infatti è più coerente con la follia che farsi banditrice di se stessa e cantarsi da se le proprie lodi. Del resto credo che ciò sia ben più modesto di quello che va facendo la maggior parte dei grandi e dei sapienti, che per falso ritegno sono soliti sedurre un qualche retore adulatore o qualche poeta millantatore e lo pagano per fargli tessere le loro lodi che sono pura menzogna. E tuttavia quel gran modesto alza le penne come un pavone e drizza la cresta, mentre l’impudente adulatore paragona quell’uomo da quattro soldi agli dèi, proponendolo come modello universale di tutte le virtù, pur sapendo che ne è lontanissimo; veste così la cornacchia con le penne del pavone e fa di una mosca un elefante.

 
 
 

"Simposio di Platone" Fedro.

Post n°180 pubblicato il 17 Luglio 2014 da umegh1

Il primo a parlare tra gli invitati è Fedro. Egli afferma che Amore è il più antico fra tutti gli dèi ad essere onorato, come attestano Esiodo, nella Teogonia, e Acusilao, i quali all'origine del mondo pongono il Caos e la Terra e quindi anche Amore. Inoltre, Parmenide sostiene che la Giustizia «per primo, fra tutti gli dei, si prese cura di Amore». È amore a spingere amante e amato a gareggiare in coraggio, valore, nobiltà d'animo: gli eserciti, se costituiti da tutti amanti e amati, sono imbattibili:

« Se vi fosse dunque qualche possibilità perché una città o un esercito fossero costituiti per intero da amatori e da amati, non vi è modo per cui potessero disporre meglio la propria esistenza tenendosi lontani da ogni bruttura e gareggiando tra di loro in desiderio di gloria, e combattendo insieme gli uni con gli altri, essi vincerebbero, anche se in pochi, per così dire, tutti gli uomini. Infatti l'uomo che ama sarebbe disposto ad essere visto da tutti gli altri mentre abbandona la posizione o getta via le armi più che dal proprio amato e sceglierebbe di morire più volte invece di questo. E quanto ad abbandonare l'amato o non portargli aiuto quando corre pericolo non c’è nessun vile a tal punto che amore stesso non lo renda pieno di ardore in valore, tanto da eguagliarlo anche a chi è valorosissimo in natura... »

 

 
 
 

Tratto da (De Providentia) Seneca...

Post n°179 pubblicato il 15 Luglio 2014 da umegh1

Come tanti fiumi, tante piogge precipitatesi dall’alto, tanta abbondanza di fonti medicamentose non alterano il sapore del mare e neppure lo attenuano, così l’impeto delle avversità non sconvolge l’animo d’un uomo forte: egli rimane nella sua posizione e trae l'utile da qualunque accadimento, perché è più forte di ogni realtà esterna. Ma non dico che non sente gli eventi: li vince, e, per il resto, quieto e placido, si leva contro ciò che lo attacca. Reputa ogni avversità un esercizio. Chi, peraltro, purché uomo e direttamente rivolto all’onesto, non è desideroso di una giusta fatica e pronto ad eseguire doveri anche pericolosi? Il male, le avversità, il dolore, la sofferenza sono prove a cui l’uomo forte e onesto risponde con fermezza; sono esercizi cui si sottopone anche volentieri, non diversamente dagli atleti, dai soldati, dai gladiatori; perché “senza un avversario la virtù infiacchisce”. E come i padri spartani sono severi coi figli che fanno sudare e anche piangere, così Dio, come un padre che ama fortemente i figli, dice: “Siano sottoposti a fatiche, dolori e danni perchè acquistino la vera forza. Seneca è del parere che esiste un'ordine, una legge eterna, che è ovunque e regola gli accadimenti; e questo mondo non può non avere un custode. Dietro l’apparente irregolarità dei fenomeni esiste la ferrea legge della causalità che provvede razionalmente a che la realtà li conservi nel suo stato. la sofferenza è esercizio che Dio ci infligge perché la virtù umana possa esistere e fortificarsi; quindi è un bene. Peraltro solo il vizio è male, il resto è indifferente. Dio dice: “Poiché non potevo sottrarvi a questi mali ho armato il vostro animo contro tutto. 

 
 
 

Tratto dalle lettere a Lucilio...(libro secondo)

Post n°178 pubblicato il 01 Luglio 2014 da umegh1

So che hai molto coraggio; anche prima che temprassi il tuo spirito con insegnamenti salutari e utili per superare le avversità della vita, eri già piuttosto soddisfatto del tuo atteggiamento di fronte alla sorte e ancor più lo sei ora dopo averla affrontata con decisione e aver provato le tue forze; in queste non si può mai confidare con sicurezza finché non si presentino numerose, e talvolta incalzanti, difficoltà da ogni parte. Così si sperimenta il coraggio vero, che non è sottoposto all'arbitrio altrui: è la prova del fuoco. Un atleta non può combattere con accanimento se non è già livido per le percosse: chi ha visto il proprio sangue e ha sentito i denti scricchiolare sotto i pugni, chi è stato messo a terra e schiacciato dall'avversario e, umiliato, non si è perso d'animo, chi si è rialzato più fiero, dopo ogni caduta, va a combattere con buone speranze di vittoria. Quindi, per continuare con questo paragone, molte volte ormai hai subito l'assalto del destino; tu, però non ti sei arreso, ma sei balzato in piedi e hai resistito con maggior fermezza: il valore, quando è sfidato, si moltiplica. Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, Lucilio mio, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà. Ti raccomando solo di non essere infelice anzitempo: le disgrazie che hai temuto imminenti, forse non arriveranno mai, o almeno non sono ancora arrivate. Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra pena o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo.

 
 
 

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