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Post n°120 pubblicato il 10 Aprile 2009 da as_scacciapensieri

Corner-tre-rigore, portiere volante, miracoli del football fai da te

Ci deve aver giocato perfino Blatter, se mai è stato bambino, cicciottello ma felice. È accaduto in tutte le parti del mondo, bastava ci fosse un prato o una spiaggia, anche il cemento di un parcheggio andava bene. Non era una partita, erano tante in contemporanea, altroché diretta gol, con rettangoli di gioco senza lati, perpendicolari e paralleli, palloni che volavano da uno all' altro e venivano rispediti con irritata cortesia. C' erano regole internazionali mai scritte né codificate, è un mistero come si siano tramandate. Se ne applicavano, quante? Un tot. L' universo era una forma imprecisa, la vita un pressoché, il gioco una cosa serissima. Se da qualche parte quel calcio fai da te si gioca ancora, è così che accade: come viene. Per prima cosa si delimitano le porte. Per pali si usano due sacche. Poi si contano i passi dall' una all'altra. Le possibilità che la distanza sia la stessa eguagliano quelle di dimostrare il quinto postulato di Euclide. Quando, inevitabilmente, a un certo punto della partita un tiro supererà il portiere e quello griderà «Palo!» o, ancora meglio «Traversa!» Borges sorriderà tra le nuvole: «E dicevano che io avevo fantasia». La seconda operazione si chiama "fare le parti". I due capitani (rigorosamente privi di fascia) si trovano al centro «bim bum bam» e chi ha vinto a pari o dispari sceglie per primo chi vuole in squadra tra i presenti. Poi l' altro ne sceglie due, per compensare. E avanti a due alla volta fino all' ultimo, lo sciagurato Egidio, il figlio di Loria, l' uomo che incontrate in ascensore, quello che saluta guardando il pavimento, scende un piano sotto di voi, dove ha studio l' analista. Ancora una cosa prima di cominciare: si fissano le regole accettate. Poiché non c' è arbitro, le consolida un patto  d'onore tra i giocatori. Non è mai stato chiarito come siano nate queste varianti al calcio ufficiale, occorre pensare a un legislatore fantasma supremo, una variante infantile della Grundnorm, la norma fondamentale che il filosofo del diritto Hans Kelsen poneva, presupposta e non definita, in cima allo Stufenbau, l' ordinamento giuridico. Oppure bisogna chiedersi dove fosse cent'anni fa, quando la palla cominciò a rotolare, il nonno di Moggi. E comunque: corner-tre-rigore era una delle più diffuse variazioni sul tema del regolamento calcistico. Induceva i difensori a rinviare in avanti, i portieri a cercare disperatamente di trattenere. Ogni calcio d' angolo concesso avvicinava la maledizione. Che fosse ineluttabile risultava dalla secchezza della formula, concepita come la strofa di una "conta": corner-tre-rigore e non c' è moviola che tenga. Un' estrema concessione del capitano in superiorità numerica o con la squadra decisamente più forte dopo aver fatto le parti era: «Voi, portiere volante». Il portiere volante è già a nominarsi una figurina uscita dall' album FantaPanini, all' incrocio tra Battara e Batman. È l'eccezione viaggiante, l' eresia che si fa prassi: può abbandonare la porta, avanzare, segnare, come vuole, quando può. Se la partita si svolge (va) in un campo delimitato lateralmente da qualche muro occorre (va) un' ultima decisione: vale sponda? Ossia, quando la palla tocca la parete è fuori o resta in gioco e questo schema diventa un succedaneo della triangolazione? Triangolazione? Fluidificazione? Ripartenza? In quelle partite saltavano, come le regole, gli schemi e ciascuno si trasformava, nel suo piccolo va da sé, in una specie di versione giovanile del Dino Sani (centrocampista brasileiro, non chansonnier petroniano, attenzione) rievocato da Edmondo Berselli nel 'Più mancino dei tiri', uno che «vede il calcio come un orizzonte di misconosciuta razionalità, capace di trasformare mentalmente triangoli scaleni in equilateri, linee divergenti in parallele, il principio di determinazione in calcolabilità assoluta». Quale è il risultato? Gol. O, più semplicemente e clamorosamente: divertimento. E quando è che finiscono le partite? Non mai, spiacenti, ma quasi: quando fa buio. 

GABRIELE ROMAGNOLI

 
 
 
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