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Articolo di giornale
Post n°164 pubblicato il 18 Dicembre 2009 da as_scacciapensieri
Martedì, 15 Dicembre 2009 Troppa tensione, poche idee. Così affonda il calcio italiano FABIO MONTI PER IL CORRIERE DELLA SERA Un calcio affamato di soldi, ricco di debiti e povero di idee. Senza guardare al resto d’Europa, perché il paradiso terrestre non esiste da nessuna parte, è evidente che il campionato italiano offre uno spettacolo di bassa qualità, in teatri del tutto inadeguati e su campi poco meno che vergognosi. Rivedere, per conferma, Juve-Inter 2-1 (5 dicembre), che avrebbe dovuto rappresentare la migliore espressione del pallone italiano e che invece è stata una delle peggiori partite degli ultimi dieci anni. Ci si è preoccupati di tutto, tranne che di giocare. E anche nella penultima giornata prima delle vacanze di Natale, la situazione non è migliorata, salvo pochissime eccezioni (Parma, Chievo, Bari): nessuna delle squadre impegnate in Champions League è riuscita a vincere. Un punto (l’Inter contro l’Atalanta) in quattro non è il massimo. A guardare il quadro generale, sarebbe curioso se capitasse il contrario, perché gli argomenti sono sempre gli stessi, così come è identica la voglia di ignorarli. Quando si discute di calcio, anche ai massimi livelli istituzionali, non si affrontano le questioni tecniche, mai che si senta parlare di un progetto globale, di un’idea comune, del gioco in quanto tale, invece che del denaro. Nemmeno le disavventure dell’Under 21, che un tempo dominava l’Europa e adesso rischia di guardare l’Olimpiade di Londra davanti alla tv, con i vivai travolti dall’ondata degli stranieri, sembrano aver mosso le acque. In Lega, da mesi, si litiga soltanto per i soldi, da dilapidare nell’ingaggio di un giocatore in più oppure nel cambio di un allenatore. Sono già stati cambiati 8 tecnici su 20, il segnale che, nel migliore dei casi, è stata sbagliata la scelta iniziale oppure si procede in nome di un avventurismo tecnico inquietante. Ai vertici del calcio pro, c’è chi ha difeso il campionato di serie A a 20 squadre e quello di B a 22, perché così le tv versano più soldi ai club (da sperperare in fretta), mentre chiunque conosca un po’ il calcio sa che si tratta di un format pletorico, un brodo allungato con l’acqua, e dunque senza sapore. Poi all’improvviso si scopre che chi fa le coppe gioca troppo e non ha tempo per allenarsi bene; aumentano le rose e anche gli infortuni; scende la qualità globale del prodotto. Nonostante questo, si andrà avanti così almeno fino al 2012, per questioni televisive. Anche i 90 club della Lega pro sono un’esagerazione quantitativa, ma nessuno ha il coraggio di fare la prima mossa. In Italia conta soltanto il risultato; vincere significa trascorrere una settimana serena, al riparo dalle ire dei presidenti e da quelle degli ultrà, che spesso minacciano i giocatori, senza che nulla accada. Le partite sono soprattutto scontro fisico, duelli uno contro uno, che la questione dell’arbitraggio all’inglese, formula ad alto gradimento, ma molto teorica, non ha risolto, perché di colpi proibiti se ne vedono sempre tanti, anche se spesso gli arbitri preferiscono ignorarli. Dietro all’esasperazione tattica e allo studio dei dettagli, si nascondono un calcio rattrappito e la voglia di non far giocare l’avversario, anche a costo di non giocare, sperando nel colpo di scena finale, che serva a casa i 3 punti. Del resto, se dopo Ascoli- Reggina (1-3) Pillon è finito sotto processo per un gesto di fair play applaudito da tutta Europa, e la risposta al coraggioso appello lanciato venerdì dall’avvocato Campana contro alcuni comportamenti dei giocatori è stato il finale di Cagliari- Napoli, ci si rende conto di quanto il calcio italiano sia povero di valori sportivi. Ma il caso- Pandev, nella sua quotidiana evoluzione non soltanto temporale, riassume la totale assenza di etica del nostro pallone. La televisione ha svuotato gli stadi, ma le società, salvo rare eccezioni (la lettera di Galliani agli ex abbonati), non fanno nulla per cercare di ripopolarli. Bisognerebbe chiedersi perché, domenica, in Atalanta- Inter, un terzo dello stadio di Bergamo fosse deserto, mentre vent’anni fa (29 gennaio ’89, stesso risultato: 1-1) erano rimasti fuori dallo stadio in almeno 3 mila. Chi va allo stadio, fa tutto tranne che il tifo per la propria squadra: i cori più gettonati sono gli insulti agli avversari, quando non si sconfina nel razzismo. Gli stadi trasformati in arene, con l’Europa che guarda allibita lo spettacolo. Più che un calcio povero, un povero calcio. |
Inviato da: cjeannine0000
il 25/07/2014 alle 11:51
Inviato da: piersm
il 03/04/2010 alle 12:32
Inviato da: joanber
il 25/03/2010 alle 23:40
Inviato da: alis_2000
il 07/02/2010 alle 20:29
Inviato da: alis_2000
il 31/01/2010 alle 20:16