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LA MEGLIO SOCIETA'...A NATALE

Post n°41 pubblicato il 24 Dicembre 2012 da Mamma_Ge

La meglio società...a Natale

Sembrano secoli fa, ma sono ancora di nostra memoria ed esperienza, gli usi e i costumi ai tempi di prima e dopo la guerra fin dentro gli anni 50, e anche parte dei sessanta.

Questa stagione, per esempio, era caratterizzata non da tardo autunno ma da pieno inverno, le nevicate cominciavano al nord già alla fine di ottobre e vi restavano, a metri, fino a marzo, con paesaggi incantati ma con gli spostamenti molto pericolosi e la vita da reclusi in casa; in casa non c’erano riscaldamenti salvo in cucina e una stufa nel soggiorno, dove pure ci spogliavamo e ci rivestivamo, perché le camere erano gelate. I materassi erano di lana; sotto piumoni, coperte di lana e lenzuola di flanella mettevamo delle taniche di rame con dentro l’acqua bollente e rivestite con camiciotti di lana per non scottarci; camicie da notte e pigiami erano pure di flanella, in testa portavamo dei berretti di lana e ai piedi delle babbucce. I bagni erano gelati, in certi ‘masi’ erano fuori sul ballatoio dietro una porticina e corrispondevano con il letamaio sottostante, d’inverno si usavano i vasi da notte. Il bagno veniva fatto dentro la tinozza nell’acqua del bucato. I vetri alle finestre erano ghiacciati fin su quando i gradi andavano dai 15 ai 18 o 20 sotto zero. Per uscire ci imbaccuccavamo; a scuola molti scendevano dalle montagne con gli sci e risalivano con le racchette da neve sotto le scarpe; nelle aule scolastiche era accesa una stufa a legna e ci toglievamo le scarpe pesanti messi ordinatamente in un angolo per indossare delle pantofole; a pranzo fungeva una mensa casalinga oppure eravamo ospiti a casa del maestro; i nostri divertimenti erano gli sci e la slitta con il tempo bello e il pupazzo di neve, ma anche d’inverno ognuno aveva i suoi piccoli compiti da svolgere in casa, nelle stalle, in officina. La Messa di Natale era proprio a mezzanotte e, con il digiuno della vigilia, si affrontavano i sentieri ghiacciati attraverso il bosco innevato forniti di una lanterna a olio, non tutti i ragazzi avevano le scarpe, chi poteva trotterellava accanto ai genitori e i bambini più piccoli il padre se ne metteva uno sulle spalle e magari un altro lo teneva la mamma in braccio, perché il prete del paese pretendeva, pena severi rimproveri, che i suoi parrocchiani fossero tutti presenti alla messa, che durava buone due ore e ovviamente i bambini si addormentavano sui banchi nella chiesa anch’essa gelata; i notabili del paese arrivavano in slitta, con addosso le pellicce e i loro banchi erano imbottiti. A Natale ai bambini venivano fatti regali utili, in genere vestiario di lana o abiti rielaborati dalle mamme, la parte dolce erano i biscotti appesi all’albero. Ovviamente almeno una volta d’inverno ci ammalavamo e venivamo curati con i rimedi della nonna: con la febbre alta una tisana calda, avvolti in un lenzuolo bagnato caldo e tante coperte fino a sudare via tutto il calore. Nessuno si meravigli se aspettavamo i tepori della primavera con impazienza e l’estate da adoratori del dio sole!

Al sud invece la vita non era meno dura, anche se non arrivava certo al grande gelo del nord; tutto girava attorno al braciere in mezzo alla stanza su cui si faceva anche cuocere qualcosa; del vestiario un pezzo importante era lo scialle e in testa il fazzoletto. Nelle camere i materassi erano imbottiti di foglie di pannocchie odi lana, e sopra coperte di lana, per riscaldare il letto freddo e umido si infilava il ‘prete’, un attrezzo di legno contenente un po’ di brace, oppure mattoni caldi. In un angolo un po’ appartato c’era il bugliolo per i bisogni corporali che veniva svuotato al mattino giù in un burrone, o in una ‘cebia’ nell’orto, o a volte anche per strada. Le donne erano ottime cuoche per la felicità di noi bambini, ma sapevano anche cucire per tutta la famiglia e la casa. Sotto Natale facevano dei dolci che si scambiavano di casa in casa; regali non si facevano, ma la messa era sempre affollata e il pranzo di Natale raccoglieva tutta la grande famiglia. Non si usava l’albero di Natale, però il presepe era presente ovunque. Nei paesini a ridosso delle montagne spesso il ghiaccio invadeva i sentieri in salita e rendeva pericolosi gli spostamenti. A scuola c’era il solito braciere a riscaldare un po’ l’aula e di pomeriggio i ragazzi, ma soprattutto le ragazze, dovevano dare una mano nei servizi di casa. Gli anziani e i malati venivano accuditi in casa da parte di tutti, anche dei ragazzi.

Nei paesi vivevano tante famiglie, con tanti bambini; gli uomini lavoravano in campagna, o erano emigrati o in guerra. Sempre si sperava in un domani migliore e magari di scendere a valle o verso la marina, dove la vita si prospettava meno disagevole!

Nelle città la povertà era sempre dietro l’angolo, anche se c’erano le strade illuminate e più offerta di lavoro. Nelle case erano comparsi i gabinetti, qualche vasca da bagno, già qualche cucina economica, la luce elettrica e per riscaldamento le stufette a gas. Il primo che aveva il telefono in casa faceva da centralino per tutti i coinquilini! Il Natale conservava l’aspetto della riunione familiare, sempre se non mancavano i soldi per il necessario o non si era rimasti soli e senza amici. Ma anche qui per l’occasione noi ragazzi giravamo vestiti da angioletti per portare dei doni ai poveri e ai carcerati. Nessuna meraviglia se comunque la città era diventata l’attrazione per tutti!

Adesso guardiamoci intorno e addosso, e poi dentro di noi! Abbiamo le case riscaldate, elettrodomestici, telefoni, abiti caldi, roba da mangiare, e contro la solitudine la TV. Per non parlare della macchina, il motorino, la palestra, le vacanze. A Natale ora basta un digiuno informale, la Messa comincia con comodo, le chiese sono riscaldate, tanto da chiedersi se Gesù Bambino ora ha meno pretese o se era solo il prete di allora a intignare sui fedeli già castigati dalla povetà...Per il Pranzo ora si va al ristorante; c’è un gran sfavillio nelle città e ora anche nei paesi ed è soprattutto la pubblicità a creare un tantino di atmosfera natalizia.

Siamo noi la meglio società, manteniamola e accontentiamoci o miglioriamola dove serve. Ma non distruggiamo tutto con le nostre stesse mani, le nostre manie e la nostra maledetta malafede, la cattiveria gratuita, l’inganno e la corruzione a tutti i livelli; possiamo vivere bene se solo lo vogliamo!

Un grande Augurio per le Feste a tutti insieme!

Mamma Ge

 
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