il pettirosso

Qualcuno era comunista...


Non mi piace moltissimo Giorgio Gaber, ma in questi ultimi due giorni mi torna in mente questa sua vecchia canzone, vediamo se riesco a speigarne il motivo.Faccio integralmente mio questo pezzo di Stefano Rodotà, giurista illustre, ma soprattutto uomo di buon senso, che in queste ore di rigurgiti xenofobi e apertamente razzisti ha il coraggio di alzare una voce fuori dal coro, indicando che la risposta umorale ed emergenziale all'inaudito episodio criminale verificatosi a Roma, rischia di essere parziale, inefficace e, al fine, pericolosa. Si nota, infatti, come già a distanza di poche ore dal fattaccio e dall'approvazione del Decreto Legge governativo sulle "espulsioni facili" si sia verificata una prima aggressione squadrista che ha colpito 3 rumeni, di cui uno ora è grave. Ora, senza dilungarmi in analisi sociologiche che, di questi tempi appaiono poco apprezzate, mi colpisce spaventosamente l'incapacità di articolare una risposta altra, alta e razionale da parte di un esecutivo che sembra aver agito per ordine e per tutela del Sindaco di Roma. Questi aveva certamente fiutato la brutale e squallida strumentalizzazione politica che, puntuale, è seguita all'aggressione a Tor di Quinto. - Strumentalizzazione che qualche riflessione su come il CS tratti l'opposizione dovrebbe suggerirla, ma questo è un altro discorso. - Ciò che interessa è che subito Veltroni ha chiesto di agire con un'azione d'urgenza, adottando un decreto legge che anticipasse gli effetti del disegno di legge (votato il giorno prima e dal quale, si assicurava, non sarebbe derivata una misura d'urgenza...), sciorinando dati e interpretazioni inquietanti sulla connessione rumeni/delinquenza e chiedendo una energica telefonata al premier rumeno (sigh!). Tre punti subito assunti dal Governo, subito divenuti azione politica. E al di là della lettura che si può fare su chi sia il vero Presidente del Consiglio e su chi detenga ormai il timone della linea politica governativa, è sconcertante che sia stato Veltroni a chiedere azioni emergenziali di questo tipo, misure che fanno leva più sull'emotività del fatto di cronaca che sull'analisi concreta, razionale e lungimirante del problema sicurezza. Possibile che non ci si renda conto che è anche di questo concatenarsi di fatto/provvedimento urgente/fatto che si alimenta l'insicurezza percepita di una comunità? Ora sono tutti a spegnere i fuochi dell'incendio che hanno innescato con l'adozione del decreto d'urgenza, ma non era meglio pensarci non dico tanto, ma qualche ora in più, prima di adottare un provvedimento di tale risma che, peraltro, stravolge alcune regole consolidate dello Stato di diritto, in materia di libertà di circolazione delle persone (comunitarie per giunta)? Tanto più che, a volerla dire semplice, la vita di quella donna, forse, si sarebbe potuta salvare con qualche lampione in più su una starda buia; tanto più che quel gruppo di baracche disumane in cui alloggiavano gli immigrati a Tor di Quinto erano lì in seguito agli sgomberi dei campi ordinati qualche mese fa dal Sindaco di Roma, un repulisti generale da gettare in pasto all'opinione pubblica come azione di forza, senza tuttavia accennare a una soluzione più congrua della questione. Ed è qui il punto: le azioni di urgenza tentano di offuscare, oggi, le lacune e le responsabilità di chi in questi anni non ha prevenuto episodi criminali adottando le necessarie politiche di riqualificazione urbana, di integrazione sociale, di accoglienza e inclusione degli stranieri. Con l'aggravante che intraprendendo questo percorso si avvalorano le pulsioni razziste e discriminatorie, per la verità già ben presenti, purtroppo, nella nostra società, nella cultura e nella politica.Ora, che questa linea fosse tenuta da esponenti di destra, da animosi ex-democristiani tutori della tranquillità del ceto medio o da incorreggibili ideologi post fascisti sarebbe stato comprensibile. Ma che una tale linea oggi sia seguita e anzi invocata a gran voce dal leader del maggior partito del centro-sinistra italiano, incurante delle conseguenze che le sue parole hanno, mi fa venire i brividi, anche in considerazione del possibile futuro della nostra democrazia. Se poi penso che quello stesso leader è stato un attivista comunista, un alto dirigente del PCI (direttore dell'Unità per giunta...) questo mi preoccupa e mi rattristisce alquanto.E' allora che mi torna in mente Gaber e la sua canzone "Qualcuno era comunista" e quel verso "... Qualcuno credeva di essere comunista e forse era qualcos’altro..."