il pettirosso

L’Italia s’è destra


(extramenia 25/04/2008)La scorsa settimana abbiamo dato conto di come il risultato uscito dalle urne abbia radicalmente cambiato il volto dell’assetto politico del nostro Paese. Com’è ovvio, il tempo più disteso permette analisi più lucide e precise su cosa sia avvenuto, su come si sono spostati i flussi elettorali dal 2006 al 2008, su come sia stato possibile che la sinistra sia stata polverizzata ed esclusa dalla rappresentanza parlamentare e su quali siano gli scenari futuri. Andiamo con ordine. Conti alla mano il PDL deve la sua vittoria (in parte lo anticipavamo settimana scorsa) al deciso avanzamento della Lega Nord che conquista oltre un milione di voti rispetto al 2006. Un dato determinante che sottende a una moltitudine di riflessioni e che genererà conseguenze sostanziali sul futuro del Governo e della maggioranza parlamentare. Alcuni, infatti, si sono spinti ad affermare che il radicamento nel Nord Italia delle forze di centro-destra segna ben più che un semplice rovescio politico, l’ennesimo per il centro-sinistra a Nord del Po’; la sinistra, nella sua accezione più ampia, sembra aver subito una sconfitta più profondamente culturale e sociale, caratterizzata dall’incapacità di comprendere, nel corso degli oltre 20 anni di attività e di crescita del consenso leghista, la profonda modificazione antropologica - per dirla con un termine complicato - che ha segnato questa parte di Italia e la sua popolazione. Da qui scaturiscono le affermazioni iperboliche di chi dice di una sinistra ormai costituzionalmente incapace di governare le società occidentali e di chi, in questi giorni, da Cacciari a Cofferati, propone modifiche statutarie e federative per un PD del Nord che sappia ripartire dai territori. Al PD e ai suoi sindaci settentrionali suggeriremmo però di non perdere d’occhio la questione meridionale. Che anche a Sud il centro-sinistra ha perso, e sonoramente, senza che vi fosse la Lega. La sinistra - o almeno, quella che così si autodefinisce e si rappresenta - si è avviata all’esame delle cause della propria storica e profonda sconfitta che sembra portare a una frammentazione grave e lacerante. L’ultimo Comitato Nazionale di Rifondazione si è chiuso con le dimissioni di tutta la segreteria (Giordano compreso) e con una conta delle aree interne che ha ridefinito lo schema delle alleanze e ribaltato i rapporti di forza nel partito. Con queste premesse il congresso del prossimo luglio si preannuncia davvero bollente, con rischi di scissioni e allontanamenti che si annidano dietro l’angolo. Nel frattempo anche gli azionisti di minoranza dell’ormai dismessa Sinistra Arcobaleno sembrano più smarriti e atterriti dalla pesante sberla elettorale ricevuta, che determinati alla ricostruzione di un progetto comune. Le opzioni sono le più variegate tra chi guarda a un prossimo ingresso nel PD (i Verdi soprattutto), chi si aggrappa a riflessi identitari (Pdci e parte del Prc) e chi vorrebbe una costituente della Sinistra insieme al PS di Boselli (anch’egli dimissionario). Il pericolo di finire come la dispersa e sminuzzata sinistra francese è reale. Le sinistre dovrebbero tenerlo a mente. Lo spostamento dei consensi determina anche una certa fibrillazione nella squadra di Governo. Al Berlusconi che due giorni dopo le elezioni annunciava la lista dei prossimi ministri ha fatto seguito quello contrito che pronosticava tempi lunghi e contrasti inevitabili per la composizione del Consiglio dei Ministri. La questione è sempre la stessa: il Nord e come si stabilisce un punto di equilibrio nei rapporti con la Lega uscita (troppo) rafforzata dal voto. Nel frattempo le emergenze politiche reali restano sullo sfondo: la vicenda Alitalia e la sicurezza sul lavoro su tutte. Qualcuno avrebbe detto: che fare? Ezio Falcoeziofalco@gmail.com