il pettirosso

Roma cappotta


Tanto tuonò che piovve. I ballottaggi dello scorso fine settimana segnano una nuova dolorosissima sconfitta per le forze di centro-sinistra: una sconfitta che va assumendo, via via che passano i giorni e il quadro dei risultati elettorali si chiarisce e si arricchisce di particolari, le sembianze di una svolta politica storica. Alcuni parlano ormai di uno stravolgimento così radicale delle identità, dei soggetti politici, dei comportamenti elettorali, del panorama delle forze politiche e dei termini delle relazioni tra le stesse tale da determinare la fisionomia di una “terza repubblica”, fondata sull’alternanza di due grossi blocchi politici che competono al centro per il controllo del paese e delle amministrazioni locali. Il fatto è che questa terza repubblica viene assumendo dei lineamenti che non piacciono per nulla al centro sinistra e al suo popolo, anzi. Questa nuova fase della vita repubblicana ha, anche, la faccia di Gianni Alemanno che festeggia al Campidoglio insieme alla gente di Alleanza Nazionale che, non sperava di strappare una vittoria così simbolicamente e politicamente “pesante”. Tanto che, a voler ripercorrere a ritroso la storia della candidatura del PDL a Roma, nessuno sembrava voler accettare il ruolo di vittima sacrificale da mandare in pasto a Rutelli, già sindaco per due mandati, candidato non proprio freschissimo, ma comunque ritenuto abbastanza solido. Del resto, lo stesso Alemanno era stato strapazzato dall’allora sindaco uscente Veltroni, riconfermato a furor di popolo nel 2006 con oltre il 60% dei consensi. Poi, qualche sondaggio un po’ più favorevole e la promessa di un incarico ministeriale di primo piano convinsero l’esponente principale della Destra Sociale a farsi avanti, archiviando le altre deboli opzioni (Giuliano Ferrara e Giorgia Meloni su tutti). Ora, invece, contro ogni previsione e ribaltando gli equilibri usciti dal primo turno (Rutelli aveva un vantaggio del 5%), il PDL conquista anche Roma, riuscendo laddove non era riuscito nell’election day della lontana primavera del 2001, quando al successo nelle politiche, si accompagnò una straordinaria capacità di tenuta del centro sinistra nelle amministrazioni comunali: in quelle giornate nefaste, il centro sinistra riuscì significativamente a vincere a Torino, Roma e Napoli, facendo cominciare proprio dal governo dei territori la resistenza e la riscossa che si concretizzò poi con lo sfondamento in 12 delle 14 regioni che andarono al voto nel 2005. Proprio quell’episodio del 2001 dimostrò, si disse allora, la maggiore capacità della classe dirigente del centro sinistra nell’amministrazione degli enti territoriali, che veniva riconosciuta e premiata dall’elettorato. Al contrario, nei ballottaggi dello scorso fine settimana, la classe dirigente del centro sinistra ha mostrato la corda, ha messo in campo un ceto politico ormai stanco, nelle idee oltre che nell’età, cristallizzato, incapace di rigenerarsi e di proporre un’alternativa credibile. Ai romani il centro sinistra ha sottoposto un candidato che, abbandonata la carica nel 2001, avrebbe dovuto raccogliere l’eredità da un Sindaco, popolare ma anch’egli dimissionario a metà mandato, causa candidatura a Presidente del Consiglio. Gli elettori romani hanno, evidentemente, mal digerito questo tentativo di successione familiare al Campidoglio in un palleggiamento interno al centro sinistra che durava ormai da 15 anni e hanno punito, logicamente, quel gruppo politico e la sua candidatura, tributandole meno voti di quelli espressi per Luca Zingaretti, candidato alla presidenza della provincia per il centro sinistra che, nel ballottaggio tenutosi negli stessi giorni, ha riscosso oltre 50mila voti in più di Rutelli nella stessa capitale. Insomma, la sconfitta è ora completa per il PD che pure aveva provato nei commenti post elettorali di questi giorni a contenere i termini della sconfitta subita due settimane prima. Come dar torto a chi ora chiede un congresso anticipato?  Ezio Falcoeziofalco@gmail.com