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Tibet, raise your flag. People raise your minds!


Mi sono sempre ripromesso di non parlare di politica nei blog. Principalmente perché credo non ne valga la pena in questo preciso momento storico, ma anche perché per molte persone la politica si riduce in un mero tifo ti stampo calcistico, privo di analisi, autoanalisi e qualsivoglia tipo di (auto)critica. Credo tuttavia che farò un eccezione. Un eccezione per un caso di politica cosiddetta estera, anche se ritengo sia un caso di coscienza collettiva : la situazione in Tibet. Non ho mai percepito la Cina, né come un nemico, né come una possibile minaccia nascosta. Anzi, mi sono sempre lasciato affascinare dalla sua storia, dalle espressioni religiose, dalle sue mitologie e, perché no, anche dalla sua cucina. Perlomeno quella versione occidentalizzata che ci offrono in Europa. Devo tuttavia ammettere che il regime comunista cinese è quanto di meno democratico esista, secondo solo al regime russo e a quello nazionalsocialista. Non che non ne fossi al corrente anche in precedenza, tuttavia, come ognuno di noi, le barbarie ci scioccano solo quando le vediamo in prima pagina. E “spenti” i media solitamente ce ne dimentichiamo. I Giochi Olimpici di Pechino sono solamente un faro casuale che illumina l’oscurità del regime comunista in Tibet, evidenziandone le contraddizioni e le violenze. Ma quando tutto sarà finito? Vedremo ancora Nicola Savino su Rai2 a condurre “Scorie” con una cartelletta che reca stampata la bandiera tibetana? E Giorgio Pasotti farà ancora accorati appelli dal set di una nota sit-com italiana? Ma soprattutto, i nostri media se ne occuperanno ancora? In questo momento fa audience, ma dopo? Quando non serviranno più troupe speciali per filmare in anteprima esclusiva eventuali attentati o manifestazioni eclatanti di protesta? Quando la “macchina Americana” (che tanti interessi ha in Cina e con le Olimpiadi) sarà ormai passata oltre? Noi che faremo? Ce ne dimenticheremo. Così come dimentichiamo troppo velocemente quello che succede al nostro vicino di casa, o quello che succede al sud. Lo ammetto. Sono stati veramente bravi. E’ bastato darci un po’ di sicurezza economica e qualche buon accessorio high tech per renderci sufficientemente insensibili a tutto tranne che al superfluo. Ma almeno in superfluo tira. Tutta la mia ammirazione a Bjork, oltre che come artista, come coraggiosa portavoce al grido “Tibet, Tibet! Raise your flag! Il tutto al suo ultimo concerto in Cina. Il suo è coraggio, il nostro solo un semplice blà, blà, blà…