Creato da romi.bb il 01/04/2008

Il quaderno viola

di Penth

 

 

Once Upon a Time

Post n°3 pubblicato il 03 Aprile 2008 da romi.bb
 

Due mani invisibili la gettarono sul palcoscenico. "Adesso, balla!"
La musica incominciò, prima un suono distante, poi sempre più sicuro, luminoso. Non ricordava dove, ma forse quella musica l'aveva già sentita. Reminiscenze. Anche il sipario si apriva lentamente, senza strappi.
Lo spettacolo era appena cominciato. Ballare, e lei era una ballerina: semplice, no?
Invece si trattava di improvvisare, e lei non sapeva come si faceva a muoversi senza passi già stabiliti.
E ora che faccio, chassè-chassè-grand jetè?
Poi, davanti, il pubblico. Entrò il ballerino. Fu come perdere la forza di gravità, lo spazio divenne infinito, un immenso specchio nero. Poi tutta la compagnia. Corpi agilissimi, corpi non tanto agili si muovevano all'unisono, si scambiavano, s'incontravano, si toccavano, si allontanavano.
Era dentro il tutto, era fuori dal tutto.
 
Ignara, doveva passare in mezzo a loro, fronteggiarsi. Ma doveva fare bene attenzione a tutto: essere leggiadra come se il suo peso sul palco non foss'altro che quello di una piuma, attenta a non dissonare con la musica, al tempo. Attenta a giocare con gli altri.
Perchè se si è in ballo è un po' come un gioco... no?
E doveva star dietro alla musica, non sempre armonica. E il pubblico.
Una spallina scivolò via, ma non le importava, continuò a ballare. L'elastico sciolse i capelli, ma non se ne curò, aveva altro a cui pensare.
In fondo non è importante se il pubblico vede una spalla scoperta, una frangetta svolazzante: è solo apparenza. Il pubblico deve saper apprezzare ben altro.
La musica scorreva, e lei si rese conto che se avesse continuato a far caso a tutto se la sarebbe lasciata sfuggire, e non sarebbe più tornata indietro. In un secondo aveva la compagnia dentro, il pubblico che sorrideva sbadigliava chiacchierava e chissà cosa pensava, la strada là fuori, chissà chi passava, chissà chi abitava lassù, chissà chi nasceva, chi moriva. Aveva dentro il mondo intero: si abbandonò. E danzò la passione.
Di questa terribile forza il pubblico doveva accorgersi.
All'inizio la sala si svuotò un poco, la gente non ama l'imperfezione. Quindi non si ama?
Perciò la passione trattenne chi davvero aveva dentro qualcosa: una speranza, un'attesa, una felicità o una malinconia.
Insomma.
Pensava di dover tenere in equilibrio tutto, lei. E lo doveva fare.
Non era stato facile, era in mezzo a tutto, non è mai facile.
Non era diventata una prima ballerina. Ma aveva sentito.
Sentito tremendamente.
 
 
 
 
Non siamo un po' ballerini...?

 
 
 

Paturnie

Post n°2 pubblicato il 02 Aprile 2008 da romi.bb
 
Tag: inside

 
- Holly, non voglio che faccia altre sciocchezze.
- E tu che cosa c'entri?
- Come cosa c'entro?! Sono innamorato di te!
- E poi?
- Come... e poi basta. Io ti amo e tu mi appartieni.
- Oh no... nessuno appartiene a un altro.
- E questo è quello che dici tu.
- Non permetterò a nessuno di mettermi in gabbia.
- Io non voglio metterti in gabbia! Io voglio amarti.
- E' la stessa cosa.
- No, non lo è. Holly...
- Non sono Holly, e non sono nemmeno Lulamy. Non lo so chi sono! Io e il mio gatto. Siamo due randagi senza nome, che non appartengono a nessuno, e a cui nessuno appartiene! Ecco qual è la verità.
 
 
 
[-Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che... che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perchè questa è la sola maniera per poter essere felici.
Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio, e temi che qualcuno voglia chiuderti in una gabbia! E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani, ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo cerchi di fuggire. Perchè non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa.]
 
[Colazione da Tiffany - 1961] 
 
Fifona? Sì grazie, Fred
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ON AIR: Amore disperato - Prozac +
 
 

 
 
 

La notte del Venerdì

Post n°1 pubblicato il 01 Aprile 2008 da romi.bb
 

Monto in moto. Allaccio il casco, dopo aver sciolto i capelli, liberi. Accendo il motore, rugge graffiante sotto di me, chiudo gli occhi. Il fumo mi brucia in gola. E parto.
Supero le auto in coda nel traffico lento e tranquillo della notte.
Non voglio legarti a me. Non voglio seguire l'impulso, ma va più veloce di me.
Chiudo ancora gli occhi un secondo, poi sulla strada sgombera, liscia, dritta accelero. L'aria fresca asciuga le gemme solitarie che scorrono sul viso.
Ma perchè. Perchè è così difficile comunicare, così difficile lasciarsi andare. Così difficile aprirsi, esporsi, mettere da parte i ruoli. Non sono una figlia, non una bambina.
Sono vostra amica.
Accelero. L'aria è fredda ormai, i lampioni si fanno più radi.
Vorrei essere diversa da voi. Vorrei una vita migliore. Non voglio vivere diciassette anni di bugie, voglio la verità. La verità, non l'inerzia. La verità che fa cambiare le cose.
Vorrei potervi parlare, miei fantasmi, ma già lo faccio. Parliamo lingue diverse.
Sono vostra amica.
E' buio intorno, sento il rumore del mare. D'impulso accelero ancora, il suo odore mi dà alla testa.
Galleggio in questo mare, in questa sensazione. Mi sono estranea.
O forse più vicina che mai.
Devo smetterla con questo vizio. Mi fermo, di botto, non so perchè. Scendo. Mi accendo una sigaretta, un'altra, un'altra ancora. Non è un vizio, è un impulso. Devo smettere di obbedirgli, devo pensare alla salute. E' troppo facile accendere una sigaretta, appoggiare le labbra, aspirare il suo odore penetrante.
Dovrei fare i conti con me.
D'un tratto sputo fuori il fumo tossendo, mi sta facendo male. Ma continuo.
E' uno stupido riparo. Da me stessa. Non so misurarmi con me, non so uscire e respirare.
Respirare aria a pieni polmoni.
Cado seduta sulla sabbia umida, mi stendo, come l'angioletto della neve.
E' presto, o forse è tardi.
Forse non importa.
Devo trovare la strada. Quanto è indescrivibile il riempire le valige, poggiarle accanto alla porta nell'ingresso. Ed anche solo guardarle.
Guardo il mare scuro, illuminato solo da un tiepido viale di luna. Mi chiama, invitante, con il suo respiro infinito.
Com'è lui di giorno,invitante allo stesso modo. Profumato e trasparente.
Ma dovrei imparare da lui ad essere come la notte. Scuro, con la sua pallida strada luminosa.
Mi alzo in piedi.
Quanto voglio imparare ad essere.
Adesso sono dentro di lui, mi appiccica al corpo la gonna, e i capelli alla faccia. E nessuno mi può vedere.

An_Endless_Flow__by_DreamingPhotographer


 
 
 
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