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Post N° 233

Post n°233 pubblicato il 26 Aprile 2007 da monari




Bayroy François Bayrou si farà un partito e lo chiamerà democratico, come quello di Prodi Rutelli e Fassino. I quali si troveranno così in un bel guaio.
Per restare centrista (o come osserva argutamente Domenico Quirico, per rimanere centrale nel gioco politico francese), Bayrou userà un’etichetta che a livello italiano indica però non soltanto il centro dell’elettorato moderato europeo, ma pure quella parte di sinistra che in Francia guarda a Ségolène Royal.


Dunque l’etichetta di Bayrou turberà alla fine ancor di più gli umori italici.
Già c’era stato un equivoco tra Ségolène Royal e Prodi. Lei dice che lui andrà domani venerdì a Lione. Lui risponde che non sa nulla poi aggiunge: le manderò una cartolina (in video).


Adesso insomma le cose francesi rischiano di spaccare altre uova nella casa «democratica» in costruzione a Roma. Ovvero una bella frittata.
Non so se la traduzione di omlette renda l’idea, ma la sostanza è quella. (I francesi hanno l’equivalente della nostra frase «rompere le uova nel paniere»?)


Comunque la morale della favola è questa. Quando parla il centrista francese Bayrou s’agita il centrista italiano Rutelli, anche perché Bayrou tratta male Berlusconi.
Al quale i «democratici» nostrani di governo stanno invece guardando con simpatia per l’affare Telecom.


Bayrou ha accusato Sarkozy d’avere «qualche somiglianza» con Berlusconi, quasi ricalcando il discorso fatto il giorno precedente da madame Royal. Per la quale, Sarkozy «vuole un’Europa che non vogliamo, un’Europa ultraliberale alla Berlsuconi».


In tal modo pure madame Royal inquieta i colleghi-compagni romani mentre questi pensano appunto al Cavaliere come salvatore della Patria nel campo nella telefonia nazionale.


Quando Fassino e Prodi guardano verso Parigi, tremano. Come quando tengono d’occhio i loro dissidenti interni, in fuga verso l’appuntamento di domenica prossima, detto degli «Uniti a sinistra». (Diceva Totò: «Ma mi faccia il piacere!».)


Intanto si pensa alla gestazione del Pd nostro non di Bayrou. E si cerca di capire il senso di quel motto «una testa – un voto».
A me sembra l’eco della discussione avvenuta nel 1789 agli Stati generali francesi, sul voto non per «ordine» ma appunto per testa.
Quello per «ordine» avrebbe favorito nobili ed ecclesiastici. Il voto per testa avrebbe fatto invece trionfare il «terzo stato», quello da cui nasce tutto quanto succede poi.


Venendo all’oggi, i partiti hanno sostituito gli «ordini» dell’antico regime.
La proposta è di votare non secondo i partiti (cioè la loro consistenza parlamentare odierna), ma secondo le «teste» degli elettori che s’iscriveranno alle primarie a venire del Pd.


Tornando alle storie parallele di Parigi e Roma: Bayrou dimostra come perdendo le elezioni non si abbandoni la speranza di condizionare il quadro politico.
Se vivesse in Italia, lo chiamerebbero Andreotti.


Antonio Montanari


Questo articolo è ripreso da


antoniomontanarinozzoli.blog.lastampa.it

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