Il Viaggiatore

Ricordo di piazza Tien An Men


Il 4 giugno del 1989 avevo 22 anni. Tien An Men è una di quelle cose che hanno influito molto sul mio modo di pensare la vita, complicandolo, rendendolo un po' meno romantico. Fino a quel momento credevo che esistessero un bene assoluto e un male assoluto, e che alla fine il bene avrebbe sempre trionfato sul male (trame di film e telefilm americani applicate a un mondo diviso tra comunismo e capitalismo). Vedere ragazzi cinesi inermi, più o meno della mia età, massacrati mi colpì profondamente: era inevitabile immedesimarsi. Ricordo le mie parole del giorno dopo, quando se ne parlava tra amici: "... in breve tempo la dittatura comunista cinese cadrà, è inevitabile. E' impossibile soffocare con la forza una rivolta di gente che vuole la libertà ...".In effetti, in un bel film, da quel fatto sarebbe scaturito un movimento generale di ribellione, guidato magari da un sopravvissuto che aveva perso qualcuno che amava nella repressione (con tanto di flash-back sui giorni felici trascorsi insieme in precedenza...), e alla fine i cattivi sarebbero stati eliminati, la democrazia avrebbe trionfato, il protagonista si sarebbe innamorato di nuovo, magari di una (naturalmente stupenda) giornalista americana... Ecco, il fatto che le cose siano andate un un modo "leggermente" differente mi ha portato a riflettere, a cercare di capire.Oggi sono passati quasi venti anni da quei giorni, e con il tempo ho maturato l'idea che, salvo rare eccezioni, non ci sono buoni o cattivi, bene o male, ci sono solo miliardi di esseri umani come me che si arrabattano nei modi più disparati (e spesso disperati) per campare, per far fronte ai problemi che incontrano ogni giorno, e che per 1miliardo e duecentomilioni di loro l'attuale governo cinese può tutto sommato andare bene. Secondo la nostra visione il popolo cinese sta male, ma questo male è molto meglio di quello che c'era prima. Possibile che quei ventenni un po' esaltati fossero in grado di fare meglio? Ci si poteva/doveva fidare? Quella che a me sembrava una piazza gremita di gente conteneva in realtà un numero esiguo di persone, rispetto alla Cina nel suo complesso, ragazzi culturalmente troppo avanti rispetto al resto del popolo.Non c'è un obbligo generale della storia a garantire il lieto fine (o quello che secondo me lo sarebbe), ci sono o non ci sono le condizioni perché certe cose (buone o cattive che siano) avvengano oppure no. Non è molto romantico, ma è così.Nel 2005 sono stato in Cina, e ho visitato piazza Tien An Men. Visitare un Paese non è l'occasione per giudicarlo, secondo me. Si va per capire, per imparare. Qualche mio compagno di viaggio non la pensava così e fece allusioni alla repressione. La guida (un ventenne, come i ragazzi dell'89) ci ha spiegato che "dopo giorni di sciopero della fame il governo inviò camion di alimenti agli studenti affamati, e che questi erano talmente affamati che alcuni di loro morirono cercando di avere da mangiare". I carri armati erano fotomontaggi di propaganda dei giornali occidentali.La vera lezione, tuttavia, è stata vedere i cinesi all'opera. Quella che respiravo (nei posti dove sono stato, naturalmente, anche se dubito che le campagne cinesi siano in grado di promuovere una qualche riforma) non era l'aria di un Paese sofferente, tiranneggiato, ma di un Paese grande, forte, determinato. Tutto sommato è giusto che i simboli della Cina siano la Grande muraglia (il cimitero più grande del mondo) o l'Esercito di terracotta. I singoli pezzi, le singole parti della muraglia, sono insignificanti. Quella che colpisce è la sterminatezza, la grandezza della visione di insieme. E' così che vedo la Cina oggi.Ciao a tutti!