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Post n°56 pubblicato il 09 Giugno 2011 da imagomentis
e poi la sera in chiosa si riconcilia agli argini di un intervallo conciso nei borghi costellati di un’amante graziosa in chicchi rosso cupo e in un contrasto di riconoscenza si avvicina ad un tracollo interrotto dall’iniziale luce fatta strisciare sugli occhi in note appiccicate con poche curve alle sembianze raccolte da un vocabolo trasandato
la piroetta imprecisa sul foglio nitido di leggerezza è un moto trafelato successivo al reale che si scombina a pezzi sparsi sull’iride selvatica e i gesti appesi al limite dell’uscio sono simulacri acquerellati dai tocchi di una spudorata rimembranza che si sfalda sulle metafore inesatte di una bocca docile strusciata dalle movenze che succhia gocce grigie
tra le parole scarmigliate da uno spazio saturo di tempo imperfetto una muta sporgenza ospita il verso copioso ai bordi e sincopato al centro di un’altra mano pronta al guizzo che scuote l’inquietudine strozzina per mitigare un sentimento spilorcio raggrumato sui polpastrelli scavati da un’infanzia lasciata in abbandono sopra un corpo cresciuto in fretta
e saprei esattamente cosa fare per spalancare l’incompiutezza sfacciata dei suoi vocaboli ineccepibili all’occhio e circoscritti dal tatto giocoliere e tuttavia sguarniti da una figura retorica invisibile che si dispone in estasi alle estremità inarcate di una strada tratteggiata da un’ossessione svestita per una ritrosia affinata senza schiamazzo dentro un frammento impudico
l’imprecisione sconcia di una scrittura obliqua che raffigura imperfetto sull’orma dei cinque sensi il suo linguaggio solo agli spigoli vuoti di un lessico non luccicante sparso sui corpi docili da disimparare proprio sulla buccia dell'occhio come sopra uno specchio virato seppia per farne altro senza toglierli al mondo mi sbarra il passo complice
così mi appoggio come un volume malmesso sullo scaffale di legno a scandagliare supplementi osceni di tracotanze d’amorevolezza mosse dal fiato tra i pulviscoli tiepidi sull’incavo di un collo non mio e trovo sparsi tra i pori di una pelle arrossata dagli urti incomprensibili schizzi tendenti al grigio di avanzi plissettati che imboccano le sensazioni |
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che non diventi un’abitudine però.
pensa ad una femmina amante, una notte e un’alba, bottiglie e musica, un gioco di luci, irreale, un gioco di corpi, reale, corpi di carne e corpi di luce, la scrittura che non serve a comunicare eppure scrive, parole suoni parole segni parole simboli, presenza fisica che diventa vocabolo traslato, sempre dopo l’agire mai durante il fatto, perché o si vive o si scrivere e scrivere non è pensare, e pensare non è scrivere ed alla fine pensa al mio piccolo sole che non era carne e sangue ed ad un linguaggio che non necessita più di nient’altro che della scrittura e non ha più bisogno di essere chiara, come il verbo degli uccelli, la perla preziosa, la scienza della bilancia, senza misticismo quindi senza codice, solo il canale che decifra intuendo con l’ascolto della psiche, come nella lettura e poi scorpora le immagini, sganciale dalla logica e mescolale come in un processo mentale da alchimista….
eppure enri, eppure…
ma ora basta, sai che non mi piace dire del mio scrivere.
io mi limito all’atto della scrittura. e sono uomo di scrittura, non scrittore.
perciò torno al mio hic hic opplà. tanto non cado. rido.
ciao ciao giocherellona.