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« sento la tua voce e vedo...il bar del vino »

l’oro nella cintura di rimbaud e la lana nell’arcolaio di gandhi

Post n°69 pubblicato il 29 Giugno 2011 da imagomentis

 

 

l’oro:

cadono
si assottigliano
le parole puttane
e si smorzano languide
come dopo un amplesso

poi

in un sortilegio accidentale
si ammassano e tornano
da distanze carnose
distratte in apparenza
ma in sostanza astute

qui senza di te
tutto è in subbuglio

nel disordine armato
balla il cancan
un culo di perle levigate
in un disastro adescato
dalle mie frasi

probabilmente è un baratto

prima
le donavo
in cambio di niente
ora
le svendo tutte
queste parole già scritte
ad un centesimo l’una

per ricompensa chiedo
un lembo della tua pelle
da punzecchiare
e poi scarabocchiare
con un rametto d’ulivo
e una foglia di palma
inzuppati in tinture
fatte di pioggia e bruma
e vino rosso e conchiglie
vermiglie e bianche
sminuzzate da pietre
e terra densa
e frutti succosi
e carbone di quercia
ed erbe odorose
e petali di fiori
e grano giallo

come segni rupestri
sul tuo corpo velato

e se non è il tuo guscio
a farsi tela e papiro
sarà la buccia vuota
di un’altra donna

nel reale è possibile
questo mercato osceno
dove parole vuote
sono fiumane
di sensi asciutti

nella mia illusione
spesso di notte ebbro
per trafugare le frasi
di un’intuizione poetica
abbacinata dal giorno
troppo loquace e nitido
nel suo clamore falso
indosso panni curiali
e la canaglia
si oscura
come un dettaglio
tra i fatti inservibili
del quotidiano osceno
che mi ha trastullato
con canzoni e balli sboccati
di imboscata blasfema
e che la poesia
nel suo vagolare irrequieto
ha trasformato
in danze e canti
di guerra e di preghiera

ed è convinto
questo insieme indistinto
di corpi agitati
pieni di desideri
che si mischiano
a pelle viva e nuda
di avermi affascinato
e corrotto nel gorgo
dell’inganno dei sensi

tanto il mondo non cambia
è postribolo e frode

eppure
la poesia è un miraggio
dai colori mischiati
che lo esorcizza
tra muri

spesso però
ciechi impostori
la tingono arruffandola
e false giunchiglie sorde
con apparecchi acustici
ben intonati al silenzio
barbugliano rumori
che spacciano per suoni

almeno nel mio immaginario
che sboccia dal reale
e nel reale insiste
voglio
colori e suoni
di fiaba sussurrata
voglio
colori e suoni
di bolgia disillusa
da sublimare o da vivere

resterà un segreto
tra me e te cesellato
questo mio raccontare
di visione e materia
e sarà sogno ancora
per incantarsi
ogni volta sorpreso
nel suo disincanto

 

la lana:

che posso dirti mio piccolo sole?

scrivi sempre coi sensi
non lasciarti imbrogliare
dalla ragione

la poesia o c’è o non c’è

è
come la bellezza
evidente allo sguardo

se manca
è solo chiacchiera
e gioco di barattoli vuoti

suggestione ordinaria
che prima o poi svanisce
senza lasciare tracce
di corpi celesti
evanescenti
o tizzoni d’inferno
frammentati

ed è un imbroglio linguistico
che riconosco al tocco
e che si sbriciola
come una foglia marcia
di un albero sterile

ed è putrefazione
di scrittura spruzzata
con profumi ed aromi
per ingannare gli inetti
o soddisfare gli ipocriti

ed è persino
un lessico stonato
riverniciato per sciocchi
privi di specchi

polvere fastidiosa
di una filologia falsa
priva di quella verità
che non esce dal vago
cenno del dire
e stupisce soltanto
chi si illude di essere
franchigia astuta nel tratto
di un’apparire dolciastro
ammantato di vuoto
cupo e malato
senza nemmeno
il privilegio di esistere
nell’assurdo

perché l'ombra del nulla
che ci lambisce
è un accenno dell’anima
gettata a caso
nei rimasugli
del linguaggio corroso
ed è fatica
nei sentieri interrotti
della poesia

è un disastro lentissimo
sotto una luce fioca
in usufrutto spietato
nello sguardo insensibile
di demoni e di dei
che si sottraggono
annoiati e feroci
se le parole non hanno
il suono magico e folle
del dio pan o di orfeo

fonemi privi di voce
nella scrittura
si fanno melodie innaturali
che lo sguardo ruffiano
ridipinge
note nello spartito
dei nostri passaggi
spogli di spazio e tempo

ed è un accadere senza nomi né cose
il mio immaginario
che nel reale si appiglia
a mani nude
come un naufrago esausto
al faraglione che affiora
dai cinque sensi

il sesto senso imperfetto
del mio sfiorarti
è in quella falce di luna
sul mare
che ti assomiglia
e pende granulosa
come appesa
ad un filo di resina
tra le mie iridi azzurre
oppure
nella carezza intimidita
della mia mano ad un cucciolo
fulvo di volpe
trovato per caso
nella boscaglia
e quel suo mordicchiare selvaggio
a scatti inquieti
con quel musetto grazioso
era simbolo e segno
del mistero dell’occhio
e del linguaggio
senza significato
e dell’istinto
senza accezione
proprio della natura
che si cela mostrandosi
ebbrezza scortecciata

il residuo è cultura
maledetta cultura
da sprofondare
in un mastello di concretezza

nelle corrispondenze
incompiute
di un lessico inclinato
tra il corpo e l’anima
ti accolgo lieve
nel terzo occhio
e ti trattengo libera
nell’infinito umano
in triangoli e cerchi
indefiniti

 

 

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Commenti al Post:
StregaM0rgause
StregaM0rgause il 30/06/11 alle 14:37 via WEB
la Poesia c'è o non c'è, in questa web casa c'è...qui la lana riscalda l'oro per aumentarne lo splendore
 
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