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e tra le mani scorre il dhammapada
sotto gli occhi inattesi della mente
che vagolava inquieta tra le cose
di una memoria generosa al tatto
prima dell'eremo
rompono gli argini pensieri d'arrembaggio
su ciò che fui per farne una poltiglia
d'inconsistenza e sciogliere gli ormeggi
di questo luogo di ponente sconfortato
detto occidente almeno nel pensiero
e togliersi dagli occhi ipocriti e usurai
di libertà non vera e consumista
restano i libri a togliere
muffa allo sguardo
e un po' di musica
manda via la canaglia
il bicchiere è in esilio
nel repulisti ideologico
e troppa calma in giro tra le idee
che a nulla servono
prive del referente
appiccicato all'essere
che è sempre altrove
a masticare anime irrequiete
oh sì l'amore o il sesso
in un contesto essenziale
che mitiga l'assenza
d'intelligenza al bivio dottrinale
con sinonimi a coda
come quel piano vecchio sopra il palco
della mia pantomima
ed è un persino divertissement loquace
guardare i polpastrelli zoppicare
sul corpo docile che ti ricopre l'incavo
della coscienza e quella luce a tratti
dalla finestra sembra l'occhio bislacco
di una divinità che si diverte a sfotterci
ma quando chiudo gli occhi nel mio sogno
tornano i pezzi sparsi del passato
tra le parole che scrivo
come missiva all'aria del crepuscolo
fitto d'immaginario e di reale
e in quella crepa dei sensi
prima dell'alba
la geometria del tempo
come i pezzetti a colori
di un calembour dentro l'iride
si suddivide al tocco dello sguardo
e tutto il resto se ne va a ramengo
giocherellando
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