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« scorcio di te in bilico ...nel vano per le merci di... »

di un’isola di sole e di salgemma in un contesto di femmine pagane e vino rosso al mattino

Post n°54 pubblicato il 06 Giugno 2011 da imagomentis

 

 

 

 

qui la femmina ha un incedere che sposta l’aria a ciuffi caldi sugli occhi

e il volto se ride sfacciata lascia intorno un’aureola di tracotanza vuota

e gli occhi brillano come se cercassero un’altra luce simile da includere

in quel bagliore dilatato a scatti che copre l’incavo di troppi anni spenti

da pupille voraci che le cintarono le cosce sode e il culo e le voci la mente

 

 

qui da noi o da loro perché con gli anni il varco tra me e la terra s’allarga

in questa crosta baldracca e picchiapetto le figlie d'eva reggono un destino

che si comprime nel nido esasperato o sopra il letto primitivo di gesti

pieni di farsa o di tragedia di maschi falsi e violenti di dolcezza ancestrale

simulatori e il margine assetato della palma sciascianamente va a nord

 

 

e qui le femmine sprizzano sensualità innata perché la loro forza

sta nel gesto da troia o da santocchia e la violenza fisica o morale

è recinzione soave di una metafora del male sottomesso al matriarcato

ove il sesso è semplicemente l’apparenza burlona di chi ingravida

i balconi per dirla con verga oppure è noncuranza del pupo pirandelliano

 

 

qui siamo ancora pagani dentro l’anima che in questi luoghi di accenni

è una figura retorica amorale dietro la quale il mondo se la ride e l’uomo

avvolto dall’istinto della sua permanenza in vita se ne strafotte istoriando

minchiate su minchiate in un contesto dove l’occhiata conta e l’allusione

tagliata in mezzo dalle frasi contratte di farsa e di tragedia rafforza il gesto

 

 

qui il linguaggio è posticcio come il malessere che diventa ironia gettata

tra le righe nei lineamenti incisi sopra i visi dagli dei e dagli stupri inutili

degli invasori perciò l’innamorarsi è tragico e ridicolo in un contesto

dove il dialetto non ha il futuro e dove il potere è osceno e lusingato

anche dalla natura che si mostra in un’immagine spietata e quieta

 

 

e qui la femmina fuori dal talamo formale è un fiume in piena di vaghezze

pitturate dal sole rovente che le rischiara in eccessi di alterigia o timore

dilatato dal ventre contrabbandiere che nelle notti è un vulcano azzardato

o un mare freddo nitido e compatto in contrappunto con lo scirocco feroce

di sensi e africa selvaggia e mite che giace sulle coste come su cosce nude

 
Rispondi al commento:
StregaM0rgause
StregaM0rgause il 07/06/11 alle 14:46 via WEB
Le femmine siciliane,lore, così corpose, calde,misteriose, puttane e madonne dipinte dalle tue parole come sapienti pennelli.Immagine splendida,amico mio. a presto
 
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