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« di un’isola di sole e di...nel batter d'occhio dir... »

nel vano per le merci di un giorno piluccato dal linguaggio

Post n°55 pubblicato il 07 Giugno 2011 da imagomentis

 

 

 

 

 

in questi giorni il cielo è in bilico come un bicchiere pieno

sul bordo di un ripiano inclinato ed io accovacciato in fretta

l’osservo scivolare un poco sbronzo e la sua luce di riflesso rosso

sbatte sul viso con una accuratezza elegante e si dilata attorno

come un alone fertile d’immaginario che sembra una piastra sottile

 

 

e questa assenza insopportabile che si raggruma tra le dita vuote

è mitigata per combinazione da un’immagine sminuzzata sull’iride

i cui frammenti appaiono nel quotidiano discepolo dell’inadeguatezza

da quella data scritta da mani sovrumane oscene e gettata nei gorghi

di un fiume sacro agli indù che scorre da millenni intoccabile al mare

 

 

ed è una solitudine inaccessibile tagliata a muso duro di vocabolo

sbattuta sulle cose a rabbonirle con l’ironia stridente del pensare

in segmenti devoti senza divinità che aggreghino in spazi liturgici

le imperfezioni del mondo sul limitare di coscienze incompiute

negli slum della memoria incipriati da una fluttuazione in versi

 

 

spulcio perciò le frasi come si fa con il pelame di un cane fulvo

alla ricerca di qualche parassita e mentre guardo di traverso il cielo

che barcolla irritato tra le nubi adocchio un taglio impercettibile

sul ciglio dell’astro portentoso che lascia indovinare una voluta

priva di diceria forse perché è indizio di un linguaggio che mi è ignoto

 

 

e nell’attesa mi ingentilisco l’inguine sui boccaporti della stravaganza

dando noia ai sinonimi e agli avverbi per farne boudoir di sommelier

alla faccia del tempo e dei miei muri sfacciati nei dintorni bianchi

che asserragliano le pagine in ammassi e le cose funambole al soffitto

vischiose come quel flusso cedevole che cola dalle cosce appagate

 

 

e così  di nuovo scarabocchio mucchi di frasi cavate senza finte ragioni

dall’illusorio fragile universo del mio sussistere in chiosa di vocabolo

abbarbicato al reale come un’erba semplice di muro dalle foglie gialle

con le radici avviticchiate e sottili che non si sa dove scovino acqua

o come i verdi muschi densi e duttili sopra i tronchi disimparati dal sole

 

 

 

 
Rispondi al commento:
Ecatina
Ecatina il 08/06/11 alle 23:03 via WEB
da leggerle e rileggerle le tue opere Monsieur Imago...con timore quasi reverenziale,incredibile spessore e scoperta continua a rilegger ogni frase...vorrei nascondermi per quel poco che io scrivo, a rileggermi sembrano liste della spesa a confronto!:-)serena notte
 
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