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L'inferno del Nord

Storie di un ciclista agonista italiano nel cuore delle Fiandre

 

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Granfondo Steven Rooks Classic 17-05-2007

Post n°15 pubblicato il 20 Maggio 2007 da Paracarroemigrato

Dopo la disfatta alla Granfondo Shimano rieccomi a tentare fortuna a un’altra granfondo: la Steven Rooks Classic. Per chi non lo sapesse Rooks è stato un ottimo corridore olandese negli anni 80, forse non un Campione con la C maiuscola ma sicuramente un forte ciclista con percorsi duri. In una delle sue ultime apparizioni, nel 91, fece secondo al mondiale tedesco vinto da Bugno.

Si parte e si arriva a Maastricht in Olanda ma praticamente tutto il percorso è in Belgio a caccia delle vere salite.  In tutto saranno 156 km, il dislivello preciso non ci è dato sapere, ma si aggirerà intorno ai 2000-2200m, nulla di stratosferico.

Al via piove ma almeno non fa freddo, il luogo della partenza è un po’ triste: siamo tra due grossi alberghi e l’ospedale della città. Tutto è nuovo ma con questa giornata tutto è tremendamente grigio. L’organizzazione ci ha provato a dare colore allestendo un bel villaggio partenza/arrivo ma più di tanto non si può fare.

Non esistono le griglie e stupidamente attendo troppo per allinearmi per la partenza. Risultato: sarò in 500esima posizione.  Quanti siamo? Tanti! Le classifiche parlano di 1200 arrivati per il lungo e di 1400 per il corto.

Mi sento tranquillo e rilassato, alla “Shimano” ero molto più nervoso e ciò direi che è un bene.  Alle 8:40 danno il via.  Purtroppo ci metto tanto a partire, per l’esattezza trascorre un minuto e venti secondi prima che anch’io possa transitare sulla linea di partenza.  Via a tutta rimontando posizioni su posizioni.  Qui il livello è sicuramente più basso che in una granfondo italiana e c’è una marea di gente che ha già perso le ruote. Arrivato nel lungo e ampio rettilineo che affianca la Mosa scopro che del gruppo di testa non vedo nemmeno l’ombra.  Solo tanti piccoli gruppetti. Ci mancava anche questo imprevisto! Per un paio di chilometri spingo da solo a tutta, o quasi, poi vengo raggiunto da altri “ritardatari” che stanno menando bene.  Li vedo convinti e mi accodo lasciandoli fare.  Piano piano rimontiamo.  Dopo quasi circa 10km finalmente rientriamo nel groppone che sarà composto da almeno 300 unità.  Immediatamente mi porto nelle prime posizioni per evitare ogni altra sorpresa e appena arrivato davanti scorgo a tirare delle maglie familiari: una della Skil Shimano e una della Unibet. Il corridore della Skil è Aart Vierhouten.  Quello della Unibet è Laurens ten Dam e poi riconosco anche l’ex Rabobank Mark Lotz.

Quando iniziano le salite mi faccio trovare pronto nelle posizioni di testa.  Prima salita e prima fiammata.  Si sale veramente forte e dopo un chilometro rimaniamo una dozzina davanti.  Ho deciso di correre sulle ruote almeno fino alla Redoute posta all’88° km e così deve essere.  In cima ci fermiamo letteralmente e piano piano rientra un bel gruppone.  A fare il passo sono i professionisti, un passo molto blando aggiungerei.  Ma nessuno osa scattare o dargli il cambio e così per una ventina di chilometri si procede sempre nella stessa maniera.  Nel frattempo la pioggia ha aumentato di intensità, sento delle buone gambe ma sto soffrendo terribilmente il freddo.  Andiamo troppo piano e così bagnati nelle discese tremo come una foglia.

Il percorso è strano, non ci sono salite ma andiamo sempre su e giù.  Tutto con rapporti lunghi e anche se qualche tratto in salita supera il chilometro le pendenze sono sempre dolci.   Mi guardo intorno e vedo che siamo almeno un centinaio, o forse di più.

Svoltiamo a sinistra e inizia qualcosa che sembra essere una vera salita.  Adesso il ritmo è alto e i professionisti lasciano fare a “noi”.  Le pendenze saranno del 7/8% per 3 chilometri scarsi.  Mi tengo in ottava ruota e curo l’agilità salendo con un 21.  Sento di avere una pedalata molto buona e ancora molto margine.  Ma non devi strafare Lorenzo. La corsa è lunga.

Anceh questa volta rimaniamo in pochi in vetta.  Però adesso la corsa è iniziata e giriamo in doppia fila.  Purtroppo il prof Vierhouten è rimasto dietro e con un paio di tirate ci riporta sotto un bel numero di corridori.  Adesso siamo non più di 70 unità.

Iniziano gli scatti ma appena qualcuno prende un vantaggio superiore ai 200 metri i professionisti si mettono in testa e ricuciono tutto.  Ho capito, semmai ce ne fosse stato bisogno, che mi devo incollare alle loro ruote e sprecare il meno possibile.

Le strade sono pericolose, piove sempre tantissimo e molte discese sono velocissimi rettilinei dove in fondo è chiurgicamente piazzata una brutta curva.  In discesa, per avere sempre i freni pronti alla risposta, tengo i freni sempre un filo tirati in modo da avere il cerchio asciutto.  Lo stress è notevole.

Altra salita a me sconosciuta.  Sembra una sorta di statale dalle pendenze non troppo accentuate ma con rettilinei così larghi e lunghi che sfiancano il morale.  Anche questa volta non voglio farmi sorprendere e l’attacco in terza posizione.   Chi fa il passo non vuole il cambio e va a una andatura che definirei come qualcosa di più di “allegra”.   Stessa tattica... vai agile e facile!

La salita è durata almeno 4 chilometri e in cima siamo ancora in meno, direi una cinquantina.  A questo punto sento una vocina dentro di me che dice: “Dai Lorenzo, provaci. Guarda cosa succede”.  Fortunatamente riesco a zittire la vocina e a non fare stupidate.  Aspetta la Redoute! 

Altro attacco a due e in un tratto pianeggiante i professionisti ci mettono alla frusta per chiudere.  Si viaggia sul filo dei 60km/h aiutati dalla pendenza leggermente favorevole. 

Tutto d’un tratto vedo il cartello Remouchamps, il leggendario paesino ai piedi dello spauracchio della gara: la Redoute.  Sono riuscito a salvare le gambe, adesso vediamo cosa sono capace.

La salita è bestiale, la conosco bene e per questo ne sono spaventato.  Per sicurezza ho montato il 26, l’ho sempre fatta con il 23 ma ogni volta ci ho lasciato le penne, ho quasi.

Appena la prendiamo l’olandese della Unibet schizza via come se gli avessero sparato.  Decisamente un passo non sostenibile per me.  Parte subito dopo Mark Lotz e lui lo riesco a seguire, almeno per il momento.  Al primo dente, quello oltre il 20%, siamo in una lunga fila, ma buon per me che la mia posizione è buona.  Il 26 da seduti è obbligatorio, con il 23 bisogna stare in piedi e con queste inclinazioni la ruota posteriore scivola per via della pioggia.  La parte più dura è andata, a parte il fenomeno della Unibet sono ancora con gli altri prof, o quasi.  Proprio in vista del secondo dente mi scappano un pochino via ma non voglio ammazzarmi e cerco di salire senza andare in apnea.  In cima c’è un tratto più facile e se si sta bene si può rientrare.  Infatti appena superato anche il secondo muro butto il 53 e vado via a tutta.  Siamo in un 3 e davanti sono in 4, ma prima che inizi la discesa rientriamo. 

Nel tratto a Sprimont (ricordate la Liegi???) rallentiamo un attimo e rientrano ancora altri concorrenti. Adesso siamo in quindici e non credo che rientrerà più nessuno ormai. 

I professionisti sono partiti senza cibo nelle tasche e quando raggiungiamo il primo di ristoro si fermano per afferrare qualcosa al volo.  Noi tiriamo dritti in doppia fila.

Scaliamo il Col de Forges, che non è nulla di speciale e dopo poco affrontiamo una difficile salita di cui non conosco il nome ma che ricordo di aver fatto l’anno scorso.  Questa picchia davvero.  La strada è sempre larga e presenta parecchi rettilinei ma le pendenze si fanno sentire, direi che siamo vicini al 10%.  Dei professionisti ancora nessuna traccia, strano perché li ho visti chiaramente che stavano ripartendo, boh!

Soffro ma gli altri stanno peggio di me e sento che ho ancora un pochino di margine e allora mi alzo sui pedali, metto il 19, e attacco.  Facciamo lo slalom tra i concorrenti del percorso corto che stiamo raggiungendo dalla base del Col de Forges, da lì fino all’arrivo il percorso è comune.  Le due moto che ci aprono la strada fanno fatica a farsi rispettare.  Le gambe bruciano ma cerco di mantenere la cadenza ideale per evitare di piantarmi.  Sento di aver qualcuno attaccato alla mia ruota ma non mi giro, aspetto la vetta per capire cosa è successo, sono troppo concentrato a cercare con lo sguardo l’agognato dosso che rappresenta la fine dell’ascesa.  Dopo 3 chilometri arriviamo in vetta, mi giro e vedo che siamo rimasti in sei.  Ottimo!  Le salite più impegnative sono terminate e adesso c’è un lungo tratto di sali e scendi e un paio di salite più corte e pedalabili.  Ma ho cantato vittoria troppo presto e dopo pochi minuti veniamo sorpassati a velocità pazzesca dai professionisti con a ruota quelli che si erano staccati sulla precedente salita.

Ci accodiamo a fatica, vanno in un modo assurdo con rapporti lunghissimi.  La strada è in leggera discesa ma con qualche dente da superare: si scende per 500 metri e poi si sale di 200 m, si scende di 500 metri e si sale di 200 m... così via.  Ogni volta che becchiamo queste rampette sono dolori, è una vera e propria volata.  Raggiungiamo un gruppetto di 3 professioniste donne che hanno fatto il corto, si infilano in mezzo a noi ma al secondo “dente” ci lasciano le penne facendoci dei pericolosi buchi. 

Soffrendo come un cane arriviamo alla penultima salita, mordo il manubrio ma riesco a rimanere attaccato per un pelo.  Altri non sono così fortunati.  Quando arriviamo in cima gentilmente Vierhouten mi chiede come sto e mi rincuora dicendo che ormai ci saranno solo 25 chilometri all’arrivo.  Incredibilmente dopo nemmeno un minuto tutti e tre i prof si defilano per non disturbarci più e ci fanno gli auguri incitandoci.  Non me lo sarei mai immaginato!

Ci guardiamo attorno e scopriamo di essere rimasti in 9.  Parte un tedesco e rimane davanti a noi per almeno 15 chilometri.  Non riusciamo a prenderlo. Siamo pancia a terra ma non c’è verso e solo grazie all’ultima salitina riusciamo ad acchiapparlo.  Complimenti.  Ormai c’è solo pianura fino a Maastricht.  Iniziano gli scatti ma siamo tutti devastati dalla corsa e dall’acqua presa.  A meno 5km parte uno con un buon passo, un ottimo passo anzi.  Dietro proviamo a riprenderlo ma ci sono tantissime curve e stradine ed è difficile organizzarsi.  Siamo solo in tre a tirare, gli altri rimangono passivi.  Più che passivi, un paio si staccano proprio! Ormai pedaliamo spingendo anche con i lobi delle orecchie.  Non c’è niente da fare, entriamo a Maastricht e il fuggitivo avrà una ventina di secondi.  All’ultimo chilometro parte in contropiede uno e aiutato dalla strana conformazione dell’arrivo prende qualche metro di vantaggio che non riesco più a colmare nella volata.  Terzo posto finale e soddisfazione incredibile.  La media parla di poco oltre i 35km/h che visto le strade bagnate l’assenza di un vero “gruppo” è un ottimo risultato per me.

So che non ci saranno premi, i premi erano riservati a chi faceva i migliori tempi durante le scalate della Redoute e del Col de Forges.  La sera guardo le classifiche finali su internet e mi danno vincitore della Steven Rooks Classic in virtù del miglior “tempo reale” (tempo netto da quando tagli la linea di partenza a quella dell’arrivo) e 6° tempo sulla Redoute e 15° sul Col de Forges.  Finalmente un bel risultato.

Qui: http://tinyurl.com/29qul4 ci sono le immagini video dell'arrivo (sembra più desolato di quello che era in realtà perché tutte le strutture erano dietro la telecamera), il passaggio sulla Redoute e il Col de Forges (in mezzo a quelli del corto, come all'arrivo) 

Facendo due calcoli con dei software appropriati ho cercato di capire qualcosa di più sulla mia prestazione sulla Redoute. Con un tempo di 6 minuti netti, il mio peso e tutte le variabili del caso è uscito fuori un buon 394 watt medi.  

 
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