Creato da Paracarroemigrato il 22/02/2007

L'inferno del Nord

Storie di un ciclista agonista italiano nel cuore delle Fiandre

Messaggi di Maggio 2007

Granfondo Steven Rooks Classic 17-05-2007

Post n°15 pubblicato il 20 Maggio 2007 da Paracarroemigrato
Foto di Paracarroemigrato

Dopo la disfatta alla Granfondo Shimano rieccomi a tentare fortuna a un’altra granfondo: la Steven Rooks Classic. Per chi non lo sapesse Rooks è stato un ottimo corridore olandese negli anni 80, forse non un Campione con la C maiuscola ma sicuramente un forte ciclista con percorsi duri. In una delle sue ultime apparizioni, nel 91, fece secondo al mondiale tedesco vinto da Bugno.

Si parte e si arriva a Maastricht in Olanda ma praticamente tutto il percorso è in Belgio a caccia delle vere salite.  In tutto saranno 156 km, il dislivello preciso non ci è dato sapere, ma si aggirerà intorno ai 2000-2200m, nulla di stratosferico.

Al via piove ma almeno non fa freddo, il luogo della partenza è un po’ triste: siamo tra due grossi alberghi e l’ospedale della città. Tutto è nuovo ma con questa giornata tutto è tremendamente grigio. L’organizzazione ci ha provato a dare colore allestendo un bel villaggio partenza/arrivo ma più di tanto non si può fare.

Non esistono le griglie e stupidamente attendo troppo per allinearmi per la partenza. Risultato: sarò in 500esima posizione.  Quanti siamo? Tanti! Le classifiche parlano di 1200 arrivati per il lungo e di 1400 per il corto.

Mi sento tranquillo e rilassato, alla “Shimano” ero molto più nervoso e ciò direi che è un bene.  Alle 8:40 danno il via.  Purtroppo ci metto tanto a partire, per l’esattezza trascorre un minuto e venti secondi prima che anch’io possa transitare sulla linea di partenza.  Via a tutta rimontando posizioni su posizioni.  Qui il livello è sicuramente più basso che in una granfondo italiana e c’è una marea di gente che ha già perso le ruote. Arrivato nel lungo e ampio rettilineo che affianca la Mosa scopro che del gruppo di testa non vedo nemmeno l’ombra.  Solo tanti piccoli gruppetti. Ci mancava anche questo imprevisto! Per un paio di chilometri spingo da solo a tutta, o quasi, poi vengo raggiunto da altri “ritardatari” che stanno menando bene.  Li vedo convinti e mi accodo lasciandoli fare.  Piano piano rimontiamo.  Dopo quasi circa 10km finalmente rientriamo nel groppone che sarà composto da almeno 300 unità.  Immediatamente mi porto nelle prime posizioni per evitare ogni altra sorpresa e appena arrivato davanti scorgo a tirare delle maglie familiari: una della Skil Shimano e una della Unibet. Il corridore della Skil è Aart Vierhouten.  Quello della Unibet è Laurens ten Dam e poi riconosco anche l’ex Rabobank Mark Lotz.

Quando iniziano le salite mi faccio trovare pronto nelle posizioni di testa.  Prima salita e prima fiammata.  Si sale veramente forte e dopo un chilometro rimaniamo una dozzina davanti.  Ho deciso di correre sulle ruote almeno fino alla Redoute posta all’88° km e così deve essere.  In cima ci fermiamo letteralmente e piano piano rientra un bel gruppone.  A fare il passo sono i professionisti, un passo molto blando aggiungerei.  Ma nessuno osa scattare o dargli il cambio e così per una ventina di chilometri si procede sempre nella stessa maniera.  Nel frattempo la pioggia ha aumentato di intensità, sento delle buone gambe ma sto soffrendo terribilmente il freddo.  Andiamo troppo piano e così bagnati nelle discese tremo come una foglia.

Il percorso è strano, non ci sono salite ma andiamo sempre su e giù.  Tutto con rapporti lunghi e anche se qualche tratto in salita supera il chilometro le pendenze sono sempre dolci.   Mi guardo intorno e vedo che siamo almeno un centinaio, o forse di più.

Svoltiamo a sinistra e inizia qualcosa che sembra essere una vera salita.  Adesso il ritmo è alto e i professionisti lasciano fare a “noi”.  Le pendenze saranno del 7/8% per 3 chilometri scarsi.  Mi tengo in ottava ruota e curo l’agilità salendo con un 21.  Sento di avere una pedalata molto buona e ancora molto margine.  Ma non devi strafare Lorenzo. La corsa è lunga.

Anceh questa volta rimaniamo in pochi in vetta.  Però adesso la corsa è iniziata e giriamo in doppia fila.  Purtroppo il prof Vierhouten è rimasto dietro e con un paio di tirate ci riporta sotto un bel numero di corridori.  Adesso siamo non più di 70 unità.

Iniziano gli scatti ma appena qualcuno prende un vantaggio superiore ai 200 metri i professionisti si mettono in testa e ricuciono tutto.  Ho capito, semmai ce ne fosse stato bisogno, che mi devo incollare alle loro ruote e sprecare il meno possibile.

Le strade sono pericolose, piove sempre tantissimo e molte discese sono velocissimi rettilinei dove in fondo è chiurgicamente piazzata una brutta curva.  In discesa, per avere sempre i freni pronti alla risposta, tengo i freni sempre un filo tirati in modo da avere il cerchio asciutto.  Lo stress è notevole.

Altra salita a me sconosciuta.  Sembra una sorta di statale dalle pendenze non troppo accentuate ma con rettilinei così larghi e lunghi che sfiancano il morale.  Anche questa volta non voglio farmi sorprendere e l’attacco in terza posizione.   Chi fa il passo non vuole il cambio e va a una andatura che definirei come qualcosa di più di “allegra”.   Stessa tattica... vai agile e facile!

La salita è durata almeno 4 chilometri e in cima siamo ancora in meno, direi una cinquantina.  A questo punto sento una vocina dentro di me che dice: “Dai Lorenzo, provaci. Guarda cosa succede”.  Fortunatamente riesco a zittire la vocina e a non fare stupidate.  Aspetta la Redoute! 

Altro attacco a due e in un tratto pianeggiante i professionisti ci mettono alla frusta per chiudere.  Si viaggia sul filo dei 60km/h aiutati dalla pendenza leggermente favorevole. 

Tutto d’un tratto vedo il cartello Remouchamps, il leggendario paesino ai piedi dello spauracchio della gara: la Redoute.  Sono riuscito a salvare le gambe, adesso vediamo cosa sono capace.

La salita è bestiale, la conosco bene e per questo ne sono spaventato.  Per sicurezza ho montato il 26, l’ho sempre fatta con il 23 ma ogni volta ci ho lasciato le penne, ho quasi.

Appena la prendiamo l’olandese della Unibet schizza via come se gli avessero sparato.  Decisamente un passo non sostenibile per me.  Parte subito dopo Mark Lotz e lui lo riesco a seguire, almeno per il momento.  Al primo dente, quello oltre il 20%, siamo in una lunga fila, ma buon per me che la mia posizione è buona.  Il 26 da seduti è obbligatorio, con il 23 bisogna stare in piedi e con queste inclinazioni la ruota posteriore scivola per via della pioggia.  La parte più dura è andata, a parte il fenomeno della Unibet sono ancora con gli altri prof, o quasi.  Proprio in vista del secondo dente mi scappano un pochino via ma non voglio ammazzarmi e cerco di salire senza andare in apnea.  In cima c’è un tratto più facile e se si sta bene si può rientrare.  Infatti appena superato anche il secondo muro butto il 53 e vado via a tutta.  Siamo in un 3 e davanti sono in 4, ma prima che inizi la discesa rientriamo. 

Nel tratto a Sprimont (ricordate la Liegi???) rallentiamo un attimo e rientrano ancora altri concorrenti. Adesso siamo in quindici e non credo che rientrerà più nessuno ormai. 

I professionisti sono partiti senza cibo nelle tasche e quando raggiungiamo il primo di ristoro si fermano per afferrare qualcosa al volo.  Noi tiriamo dritti in doppia fila.

Scaliamo il Col de Forges, che non è nulla di speciale e dopo poco affrontiamo una difficile salita di cui non conosco il nome ma che ricordo di aver fatto l’anno scorso.  Questa picchia davvero.  La strada è sempre larga e presenta parecchi rettilinei ma le pendenze si fanno sentire, direi che siamo vicini al 10%.  Dei professionisti ancora nessuna traccia, strano perché li ho visti chiaramente che stavano ripartendo, boh!

Soffro ma gli altri stanno peggio di me e sento che ho ancora un pochino di margine e allora mi alzo sui pedali, metto il 19, e attacco.  Facciamo lo slalom tra i concorrenti del percorso corto che stiamo raggiungendo dalla base del Col de Forges, da lì fino all’arrivo il percorso è comune.  Le due moto che ci aprono la strada fanno fatica a farsi rispettare.  Le gambe bruciano ma cerco di mantenere la cadenza ideale per evitare di piantarmi.  Sento di aver qualcuno attaccato alla mia ruota ma non mi giro, aspetto la vetta per capire cosa è successo, sono troppo concentrato a cercare con lo sguardo l’agognato dosso che rappresenta la fine dell’ascesa.  Dopo 3 chilometri arriviamo in vetta, mi giro e vedo che siamo rimasti in sei.  Ottimo!  Le salite più impegnative sono terminate e adesso c’è un lungo tratto di sali e scendi e un paio di salite più corte e pedalabili.  Ma ho cantato vittoria troppo presto e dopo pochi minuti veniamo sorpassati a velocità pazzesca dai professionisti con a ruota quelli che si erano staccati sulla precedente salita.

Ci accodiamo a fatica, vanno in un modo assurdo con rapporti lunghissimi.  La strada è in leggera discesa ma con qualche dente da superare: si scende per 500 metri e poi si sale di 200 m, si scende di 500 metri e si sale di 200 m... così via.  Ogni volta che becchiamo queste rampette sono dolori, è una vera e propria volata.  Raggiungiamo un gruppetto di 3 professioniste donne che hanno fatto il corto, si infilano in mezzo a noi ma al secondo “dente” ci lasciano le penne facendoci dei pericolosi buchi. 

Soffrendo come un cane arriviamo alla penultima salita, mordo il manubrio ma riesco a rimanere attaccato per un pelo.  Altri non sono così fortunati.  Quando arriviamo in cima gentilmente Vierhouten mi chiede come sto e mi rincuora dicendo che ormai ci saranno solo 25 chilometri all’arrivo.  Incredibilmente dopo nemmeno un minuto tutti e tre i prof si defilano per non disturbarci più e ci fanno gli auguri incitandoci.  Non me lo sarei mai immaginato!

Ci guardiamo attorno e scopriamo di essere rimasti in 9.  Parte un tedesco e rimane davanti a noi per almeno 15 chilometri.  Non riusciamo a prenderlo. Siamo pancia a terra ma non c’è verso e solo grazie all’ultima salitina riusciamo ad acchiapparlo.  Complimenti.  Ormai c’è solo pianura fino a Maastricht.  Iniziano gli scatti ma siamo tutti devastati dalla corsa e dall’acqua presa.  A meno 5km parte uno con un buon passo, un ottimo passo anzi.  Dietro proviamo a riprenderlo ma ci sono tantissime curve e stradine ed è difficile organizzarsi.  Siamo solo in tre a tirare, gli altri rimangono passivi.  Più che passivi, un paio si staccano proprio! Ormai pedaliamo spingendo anche con i lobi delle orecchie.  Non c’è niente da fare, entriamo a Maastricht e il fuggitivo avrà una ventina di secondi.  All’ultimo chilometro parte in contropiede uno e aiutato dalla strana conformazione dell’arrivo prende qualche metro di vantaggio che non riesco più a colmare nella volata.  Terzo posto finale e soddisfazione incredibile.  La media parla di poco oltre i 35km/h che visto le strade bagnate l’assenza di un vero “gruppo” è un ottimo risultato per me.

So che non ci saranno premi, i premi erano riservati a chi faceva i migliori tempi durante le scalate della Redoute e del Col de Forges.  La sera guardo le classifiche finali su internet e mi danno vincitore della Steven Rooks Classic in virtù del miglior “tempo reale” (tempo netto da quando tagli la linea di partenza a quella dell’arrivo) e 6° tempo sulla Redoute e 15° sul Col de Forges.  Finalmente un bel risultato.

Qui: http://tinyurl.com/29qul4 ci sono le immagini video dell'arrivo (sembra più desolato di quello che era in realtà perché tutte le strutture erano dietro la telecamera), il passaggio sulla Redoute e il Col de Forges (in mezzo a quelli del corto, come all'arrivo) 

Facendo due calcoli con dei software appropriati ho cercato di capire qualcosa di più sulla mia prestazione sulla Redoute. Con un tempo di 6 minuti netti, il mio peso e tutte le variabili del caso è uscito fuori un buon 394 watt medi.  

 
 
 

Granfondo Shimano Fietschallenge (Olanda) - 6/05/07 

Post n°14 pubblicato il 16 Maggio 2007 da Paracarroemigrato
Foto di Paracarroemigrato

La gara di oggi è una GranFondo, finalmente affronto un po’ di salita.  Tanto per cambiare questa volta inizio dalle considerazioni finali: uno schifo nel modo più assoluto.

A dire il vero non sono nemmeno andato troppo male ma la mia prestazione è stata fortemente influenzata dall’incredibilmente pessima organizzazione della gara. Cosa non è andato? Tutto.  Qui in Belgio, come in Olanda, sono TUTTI furiosi contro chi ha gestito la Granfondo.  La partenza è stata fatta in un piccolo paesino dove si affrontava immediatamente la prima ascesa dalle strade talmente strette da far salire tutti troppo alla spicciolata.  Eravamo in 2000 alla corsa e prima che sono partiti tutti ci sono voluti dieci minuti.  Dopo mille richieste non mi hanno fatto partire davanti e così, pur essendomi iscritto a febbraio e essere arrivato con i primi nell’ultima edizione, ho il numero 562 in 4° griglia.

Al via ci sono tre corridori della Rabobank tra i quali Leon Van Bon (più volte campione olandese e corridore di gran classe pronto per il prossimo Giro d’Italia) e altri tre della “domestica” Skil Shimano con Veneberg che è stato il primo olandese all’ultima Parigi-Roubaix.  Tra gli “amatori” anche Bert Dekker, una bestia capace di arrivare sempre sul podio nelle ultime 6/7 edizioni della leggendaria Marmotte.

Quando danno il via vedo subito i tre della Rabobank scattare prendendo a forte andatura la prima rampa... e io ho il piede a terra. Tutti fermi.  Dopo due interminabili minuti (forse qualche secondo di meno) riesco a transitare sul tappeto elettronico del via.  Salita a tutta zigzagando per evitare i concorrenti più lenti che sono partiti davanti a me.  Ovviamente nessuno a controllato la disposizione delle griglie e raggiungo moltissimi corridori con numeri altissimi che stando al pseudo-regolamento (che non esisteva da nessuna parte) sarebbero dovuti essere ancora alla partenza. Tutto mondo è paese...

Arrivo in cima alla prima ascesa, discesa a tutta ma niente da fare, il primo gruppo non si vede nemmeno all’orizzonte. Corsa finita.  A dire il vero avremmo ancora da fare 140km e 24 salite dei 150 in totale ma ho una gran voglia di girare la bici e ritornare alla macchina.  Non ho idea in quanti siano davanti, ma sicuramente più di trenta o quaranta.

Noi siamo in parecchi, direi un centinaio ma non c’è molto da fare, all’inizio tiro un po’ ma poi capisco che è meglio lasciar perdere.  Dopo 30km troviamo un Rabobank che ha forato e riesce ad aggregarsi a noi subito dopo la riparazione. Tutti a ridere e a prenderlo in giro... brutta mossa perché il tipo l’ha presa male e inizia a menare come un pazzo per una quindicina di chilometri.  Mi piazzo alla sua ruota per cercare di non farlo andare via, ma se continua cosi’ mi ricoverano. 

Non ha continuato così perché dopo 50km di corsa lo vedo mettere il 39 e accostare a bordo strada decidendo di ritirarsi salendo in una macchina amica. Chi ci capisce qualcosa è bravo.

Intanto noto la pericolosità della corsa, non abbiamo nessuna moto che ci apre la strada, non andiamo fortissimo ma nemmeno piano e tutti gli incroci sono aperti. Per trovare, ripeto TROVARE, la strada dobbiamo stare attenti a delle invisibili frecce blu disegnate sull’asfalto.  Un paio di volte i primi del gruppone hanno ceffato la strada.  Mai fatto nulla del genere.

Intorno al 55esimo km decido che almeno mi devo allenare per bene e su una salita me ne vado via.  Metto il “cruise control” su una buona velocità e via, il più regolare possibile.  So che non potrò mai riprendere il gruppo davanti, ma intanto spero di evitarmi la selezione sulle prossime salite.  Sto bene e già che ci sono mi metto alla prova per capire se la prossima GF (il 17 maggio) posso fare bene.  Raggiungo uno in mountain-bike che va a 20km/h in pseudo-pianura con il numero 60 sulla schiena (prima griglia alla partenza), che rabbia!  Faccio due salite e in tutto 20km scarsi quando, ovviamente, arrivo in un mega incrocio senza frecce. Dove vado? Mi fermo, mi guardo intorno, decido di salire. Passa poco e dico “no, no, torna indietro finché sei in tempo”. Detto, fatto e fortuna vuole che rientro sul percorso proprio quando il mio exgruppo sta passando, scegliendo un’altra strada, tra l’altro.

I chilometri passano come le salite, mai troppo impegnative e mai veramente a tutta.  Non si fa selezione, ma sento che piano piano le mie gambe si stanno affaticando.

Quando passiamo i 100km il ritmo cambia decisamente. I tratti pianeggianti li percorriamo in fila indiana e le salite con un passo leggermente superiore.  Mi tengo sempre nelle prime posizioni perché noto che dopo ogni ascesa siamo sempre meno.

Mancano due salite all’arrivo e siamo in Olanda.  Il traffico è insostenibile e i rischi che corriamo sono veramente troppi.  Sono stanco ma è quasi finita.  Il ritmo imposto sull’ultima salita percorsa è stata una mazzata per le mie gambe e per quelle di tutti visto che siamo rimasti una ventina.

Ormai sembra una gara in circuito vista l’andatura.  Ma proprio quando siamo vicini alla penultima salita, durante l’attraversamento di un paese il traffico ci blocca. Un camper procede a velocità ridotta nel nostro senso di marcia e alcuni riescono a sorpassarlo, altri passano sul marciapiede e altri tre, tra cui il sottoscritto rimangono bloccati.  Siamo in discesa e quando riesco a levarmi di torno l’impaccio il gruppetto è scomparso.  Mi lancio a tutta all’inseguimento senza ricevere aiuti.  Arrivato nella pianura spingo con tutto quello che mi è rimasto ma proprio mentre sto per rientrare ecco che inizia la salita. Una dura salita. BUM... ho fatto il botto.  Salgo piano e con le gambe di ghisa.  Purtroppo è anche lunghetta e così perdo troppo.  Davanti si sono ulteriormente selezionati e sono rimasto al palo.  

Ho anche fame, mi sono alimentato bene, ma in questo tipo di gare consumo come una Ferrari.  Però manca veramente poco, con l’arrivo è in cima all’ultima salita e ormai sono arrivato ai suoi piedi.  Salgo tranquillo ma nemmeno troppo.  Un po’ mi sono ripreso, evidentemente è stato un momento storto.  Purtroppo tutto è andato a ramengo e anche le motivazioni non sono granché.  Taglio il traguardo in 4 ore e 21 minuti alla media di quasi 35 km/h.  Il dislivello complessivo era di 2350 metri (dati Polar).  Niente di eccezionale ma nemmeno troppo malvagio considerato che i miei allenamenti si fermano tutti o quasi intorno ai 75/80 km massimo.

Posizione all’arrivo? Non ne ho assolutamente idea.  Il giorno sono disponibili le classifiche e mi danno al 102° posto.  Accidenti, proprio non credevo che davanti ci fossero così tante persone.  Da un giro sui forum olandesi vengo a conoscenza che un nutrito gruppo di 40/50 persone hanno tagliato involontariamente il percorso e sono arrivati con 133km. Questo gruppo è arrivato tra noi e quello dei primi.  Ecco spiegato l’arcano.

Purtroppo è stato un casino tale a livello organizzativo che non ci si è capito nulla.  Il percorso lungo e il corto si sono intrecciati almeno 3 volte e così nella seconda metà c’era sempre gente che raggiungevamo senza capire chi fossero.  Per rendere meglio l’idea dell’assurdità mi hanno raccontato che i primi tre assoluti sono arrivati all’arrivo al contrario, dalla parte sbagliata!  I professionisti hanno preso una bella legnata comunque, Leon Van Bon è stato staccato sull’ultima salita e ha fatto secondo, un altro Rabobank ha chiuso “solo” nei dieci e gli altri Skil Shimano lontani dalle posizioni che contano.

Deluso ma rassegnato, più di così proprio non potevo fare.  

 
 
 

Zeveneken 1/05/07

Post n°13 pubblicato il 03 Maggio 2007 da Paracarroemigrato

Tanto per cambiare un po’ e per “festeggiare” il primo maggio vado a correre con un altra federazione, denominata WAOD.  La gara della federazione per cui corro abitualmente era abbastanza lontana e il circuito non prometteva nulla di buono, così ho optato per la vicina Zeveneken, o come diavolo si chiama.

Il circuito è breve, solo poco più di 3 km, da ripetere 20 volte ed è un quadrato pressoché perfetto. L’asfalto è ottimo e il vento spira con fortissima intensita.  Alla partenza cerco di guardami un po’ intorno per cercare di capire chi potrebbe essere forte o meno.  Vedo la maglia iridata e mi ricordo che chi la indossa è un ottimo corridore.  I campionati mondiali ai quali ho preso parte anch’io l’anno scorso è una corsa difficile e dal livello super alto, come è ovvio attendersi.  Tutte le federazioni fanno “consulta” tranne la VWF, cioè quella per cui ho il tesserino.  Perciò chi vince il “mondiale” della consulta, vince una corsa a federazioni più o meno unificate con alla partenza anche una bella fetta di corridori stranieri (l’anno scorso ricordo una trentina di inglesi, una cinquantina di olandesi e qualche francese).  Io mi ritirai mestamente dopo 60 km e lui vinse dopo 120 km di gara.  Scontrarsi contro di lui è una bella cartina tornasole per capire se quest’anno vado veramente.

Siamo in 79 al via. Siamo divisi in due categorie per motivi di età (A e B) ed io da buon 33enne sono tra i B.  La partenza comunque è unica. Sono un po’ nervoso per la novità ma al tempo stesso sono convinto di poter dire la mia.

Partiamo e rimango un pochino imbottigliato, devo stare attento perchè il percorso è un quadrato e nei tratti di vento laterale stare oltre la quinta o sesta posizione significa fare una bella faticaccia supplementare.  Ma già al primo passaggio mi porto nelle primissime posizioni e lì rimango agevolmente.  Scatto e attacco testa bassa, non mi va di aspettare.  Al tempo stesso tengo d’occhio il campione del mondo, ogni volta che si muove lo seguo come un ombra.  Dopo 4 giri in un modo stranissimo sei corridori si avvantaggiano.  Mi guardo intorno per cercare la maglia iridata ma non lo vedo.  Improvvisamente sbuca da una pista ciclabile laterale e con una curva sul marciapiede, degna del miglior Valentino Rossi, se ne va lasciando me e il gruppo con un palmo di naso.

Lorenzo stai calmo, nel prossimo tratto di vento laterale prova il tutto per tutto.  Detto, anzi pensato e fatto.  Esco a tutta, nessuno mi prende la ruota e mi avvicino al gruppo di testa.  Mi avvicino ma non entro... rimango a 20 metri sbattendo la faccia contro il forte vento.  Davanti girano in doppia fila e non riesco a colmare l’ultimo gap.  Merda!

Attendo un gruppetto che da dietro si è sganciato a sua volta.  Siamo in sette ma non c’è grande collaborazione.  Tranne un paio di elementi mi sembra che il livello non sia così buono da sperare di rientrare.  Passano due giri dove io tiro il 50% del tempo e il rimanente 50% se lo spartiscono gli altri.  Siamo sempre a 20 secondi.

Decido di riprovarci. Senza scattare butto tutti i watt di cui dispongo sui pedali, rimango solo.  Arrivo nuovamente a 20 metri, ma giriamo la curva e BAM... vento in faccia.  Davanti mi vedono e allungano. Ancora fuori. Merda, e due!

Riaspetto gli altri, probabilmente non saranno rimasti contenti, ma chissenefrega, ho tirato come un mulo prima.  Comunque nessuno dice niente.  Mi rimetto a tirare e a spronare gli altri ma mi sembra che non ci sia più nulla da fare.  Secondo me abbiamo ancora perso qualcosa.  Passano i giri e mi sento ancora forte.  A otto giri al termine mi sento pronto per riprovare il tutto per tutto.  Però questa volta non voglio scattare, non ce la farei mai da solo.  Sono convinto che se porto questo gruppetto a 20 metri dai primi poi ci penserà qualcun altro a chiudere definitivamente il buco, o almeno lo spero.

Faccio cenno di mettersi tutti ben a ruota, calo due denti e via.  L’accelerata della disperazione è partita.  Due km a tutta, chiedo un cambio di 50 metri e poi di nuovo un altro km a gas completamente aperto.   Siamo quasi in scia, sono distrutto, e questa volta fortunatamente gli altri riescono a coprire anche gli ultimi metri.

A sette giri dal termine abbiamo 13 corridori in testa alla corsa.  Non ci speravo più.  Ovviamente inizio a essere un po’ provato per gli sforzi ma confido ancora di poter far bene.  A meno 4 giri iniziano gli scatti.  Sto soffrendo e capisco che devo provare ad anticipare se voglio ottenere qualcosa.  Passa un giro e un corridore (di cui non conoscevo la fisionomia, ma che poi dal nome ho scoperto essere un tra i più forti del Belgio) piazza uno scatto che sembra essere partito per una volata.  Tutti rimaniamo immobili e quello in un attimo prende un vantaggio chiaramente irrecuperabile.

Dopo essere passati nuovamente sotto l’arrivo (-2) parto e mi trovo da solo.  Gli altri si guardano e io prendo vantaggio.  Quello in fuga è della A e così posso sperare di vincere almeno la categoria.  Testa bassa e via a tutta, di nuovo.  Non dura molto e quando suona la campana mi raggiunge il campione del mondo insieme ad altri due corridori.  A questo punto sembra decisa una volata tra il nostro gruppetto per il posto d’onore ma gli altri non tirano e così ci fermiamo. All’ultimo chilometro rientrano tutti.

Volata che chiudo al sesto posto, perciò 7° assoluto e 5° di categoria.

Ancora un piazzamento nei primi dieci, ormai ho capito che quello è il mio posto.  Prima o poi arriverà la botta di fortuna?  Chissà... nel frattempo pedalo.

 
 
 

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