Creato da lovechimica il 30/10/2006
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Primo giorno di corsi all'università

Post n°9 pubblicato il 06 Novembre 2006 da lovechimica

Il primo ottobre 2002 ricominciarono i corsi all'università. Quel giorno avrei dovuto seguire otto ore di lezione, suddivise tra mattina e pomeriggio. Arrivai in forte anticipo davanti all’aula, che trovai chiusa, e salutai i miei vecchi compagni. Era bello ritrovarsi tutti lì, dopo un’estate. Mentre aspettavamo che venisse qualcuno ad aprire, ci raccontammo le nostre esperienze e ciò che avevamo fatto in quei mesi. Io aspettavo Matteo, il ragazzo con cui uscivo da un mese, sapendo già che sarebbe arrivato tardi, come sempre. Il numero degli studenti aumentava nel corridoio, finché venne una bidella. Non ci fece entrare subito in aula, in quanto prima doveva lavare il pavimento, ma appena fu asciutto ci precipitammo a prendere i posti. Dato l’alto numero di persone, non potei tenerne uno per Matteo, e così, quando lui arrivò, si sedette in un altro banco. Il professore di macchine era sulla sessantina, e per spiegare proiettava sulla lavagna luminosa le pagine del libro. Le veneziane erano tirate, cosicché la luce era bassa. Io avevo sonno, lo sapevo che non avrei dovuto fare tardi la sera prima con lui. Al termine della lezione ci salutammo e ci mettemmo d’accordo per pranzare insieme due ore più tardi. Poi me ne andai, la lezione delle dieci e mezza era in un altro dipartimento, quello di ingegneria meccanica. Avevo fretta di arrivare in aula, e il motivo è presto spiegato. Il corso era quello di Siderurgia, ed era presente nel piano di studi solo per l’indirizzo Materiali del mio corso di laurea. Dato che ero l’unica di quell’indirizzo, pensavo che non ci sarebbe stato nessun altro a seguire il corso con me. Invece, quando entrai nell’aula M5, vidi che c’era una ventina di ragazzi all’interno. Credendo di aver sbagliato aula, uscii per controllare il numero sulla porta, e con mio immenso stupore mi resi conto che ero nel posto giusto. Ma chi erano gli altri ragazzi?

Trovai un posto libero in prima fila, e mi sedetti lì. Dato che non conoscevo nessuno, cominciai a riguardare gli appunti presi nella lezione precedente. Ad un certo punto sentii una voce alla mia destra: “Scusa, è libero?”. Era un ragazzo. “Si, certo.” E ritornai ai miei fogli. Poi mi girai verso di lui. “Scusa, ma tu che ingegneria fai?” “Meccanica” “Perché pensavo di essere l’unica a seguire questo corso, e invece mi accorgo che ci sono anche altre persone” “Sono ingegneri meccanici e materialisti, per noi è un corso del quinto anno. Tu sei chimica?” “Si”. Per quello mi ero sbagliata! Avevo guardato gli esami del quarto anno, non quelli del quinto. Così, ero la più piccola. “Io sono Jacopo”. Allungò una mano verso la mia, per stringermela. “Micol, piacere”. Poi entrò il professore, un omino piccolo con le orecchie un po’ a sventola, e introdusse il corso.

“Buongiorno a tutti. Non mi presenterò:chi ha seguito in precedenza altri corsi con me mi conosce già,e chi invece mi vede oggi per la prima volta, beh, mi conoscerà”. Io guardavo la sua figura contro la lavagna scura, lavata da poco, poi spostai lo sguardo verso la finestra; da lì si vedevano gli alberi, con le loro foglie tinte di colori autunnali. Era il primo giorno di corso e stavo bene, pensavo. Sentivo la presenza di Jacopo di fianco a me, mentre prendevo appunti, e in poco tempo mi accorsi di essere attratta da lui. Era una strana sensazione, come se lui avesse un qualcosa in più rispetto agli altri, un qualcosa che mi piaceva e che avrei voluto trovare nel ragazzo giusto per me.

Nel frattempo avevo perso l’ultima parola del professore. “Scusa, come ha detto che si chiamano i lingottini di acciaio?” “billette”.

Al termine della lezione, mentre gli altri ragazzi si preparavano ad uscire dall’aula, ci salutammo e cominciai a riporre le penne nell’astuccio, il quaderno in ordine nello zainetto, il tutto con una precisione quasi maniacale. L’ordine è sempre stata una mia prerogativa, fin da quando ero piccola, e tutt’ora sono tra gli ultimi a lasciare l’aula. Quando ebbi  finito, alzai gli occhi e mi accorsi che lui era in piedi vicino alla porta, mi stava aspettando. Il fatto mi sorprese piacevolmente, in quanto, di solito, quando si scambiano due parole con il vicino di posto in aula la cosa finisce lì, nel senso che le volte successive che ci si incontra ci si saluta,magari si approfondisce la conoscenza, ma non subito, il primo giorno. Lui invece mi aveva aspettata, non sapevo se fosse per gentilezza o altro, e mentre scendevamo le scale mi stava vicino e mi parlò del corso che avevamo appena iniziato a seguire. Il programma piaceva ad entrambi, eravamo molto interessati nei materiali in genere, soprattutto nell’acciaio, e la prima lezione ci aveva lasciati soddisfatti. Parlavamo di cricche e di rotture a fatica come se fosse l’argomento più esaltante del mondo, e forse in quel momento per noi, aspiranti ingegneri, lo era. Giunti alle porte del piano terra ci salutammo, e io mi diressi verso la mensa Piovego dove mi aspettava Matteo, o, per meglio dire, dove io lo aspettai un quarto d’ora.

 
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