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INFELICITA' UMANA E DISUMANIZZAZIONE

Post n°181 pubblicato il 11 Giugno 2011 da chiaroscuro60

Di Antonella Randazzo

I recenti sviluppi tecnologici hanno permesso di mettere a punto tecniche che possono ingannare quasi del tutto i sensi dell'uomo, condizionando la mente come mai prima d'ora.
Tutto questo è perfettamente in armonia col sistema attuale, che manipola la personalità umana, rendendola funzionale al sistema stesso. La nuova tecnologia sembra essere stata inventata proprio per creare situazioni e abitudini capaci di rafforzare l'attuale assetto.


La vita reale ci vuole diversi da come siamo. Il successo sembra dipendere sempre più da fattori non dipendenti dalla volontà, come la perfezione estetica o l'appartenenza ad un gruppo privilegiato. Di fatto, la maggior parte delle persone si sente inadeguata e sa di vivere in una realtà piena di ingiustizie e di situazioni che producono stress e infelicità.
L'oppressione del sistema viene celata attraverso metodi mediatici altamente manipolativi, e offendo uno stile di vita improntato al materialismo consumistico e all'egocentrismo. Tuttavia, la natura umana non può mai essere completamente imprigionata attraverso divise, ruoli o in esistenze stereotipate e precostituite. Dunque, specie nelle persone appartenenti alla fascia d'età 18/40 anni, può emergere l'esigenza di un'esistenza diversa, priva di frustrazioni e infelicità. Difficilmente la propria infelicità viene collegata alle cause reali, poiché ciò richiederebbe un alto grado di introspezione e la capacità di vedere la realtà per quella che essa è, anche negli aspetti più paradossali e inaccettabili. Più spesso le persone cercano palliativi per non stare di fronte a spiacevoli verità. In molti casi, i soggetti reagiscono isolandosi o limitando le attività creative e sociali.
La stessa cultura di massa, che oggi esalta la tecnologia, offre diversi palliativi per tentare di sfuggire alla propria infelicità. Sono stati creati "giochi" per creare un'altra esistenza, oppure esistono chat in cui sempre più persone trascorrono tutto il tempo libero.
Nella società più tecnologizzata del mondo (insieme a quella statunitense), quella giapponese, i giovani si sentono fortemente inadeguati, e ben il 30% degli adolescenti soffre di una sindrome detta "hikikomori" (coloro che si ritirano). Questa sindrome spinge i soggetti a rinunciare alla vita sociale e ad optare per i rapporti virtuali. Questi ragazzi, cresciuti utilizzando ampiamente la tecnologia (videogiochi, Internet, telefonini, ecc.), sono sopraffatti dalla paura della vita, della società e del ruolo che essi dovrebbero assumere. Per questo si chiudono completamente in se stessi e cercano di fuggire dalla realtà rimanendo inerti, come fossero piante. Alcuni di essi stanno a letto tutto il giorno, altri stanno immobili ad osservare il soffitto per ore. Un hikikomori vive chiuso in una stanza, ma con oggetti tecnologici più avanzati, gli unici gesti che concepisce sono quelli che riguardano l'uso di oggetti tecnologici. Alcuni hikikomori, dopo qualche anno di malattia (che può durare anche dieci anni), si suicidano.
In Giappone i mass media esaltano la tecnologia oltre ogni immaginazione, facendola apparire come una sorta di realtà divina, fonte di potere. Questo spiega perché un hikikomori, chiuso nella solitudine, non rinuncia agli oggetti tecnologici.


In tutto il mondo ricco, si esalta la tecnologia come fosse una fonte di progresso per l'uomo. In realtà essa rappresenta una sorta di "effetti speciali", per nascondere la condizione alienante e inquietante in cui l'uomo contemporaneo è costretto a vivere; una condizione caratterizzata dalla sindrome del controllo stile "grande fratello", e da innumerevoli inganni e truffe che tentano, sempre più inutilmente, di nascondere un sistema criminale e distruttivo, in cui un ristretto gruppo di persone impone un modello economico-finanziario gravemente iniquo, che produce tragiche conseguenze per tutti i popoli.

http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/01/infelicit-umana-e-disumanizzazione.html
 
 
 
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Paolo Barnard, giornalista free-lance e saggista, unisce una meticolosissima ricerca di fonti certe ad una assoluta libertà di espressione, che non a caso gli è costata una plateale emarginazione dai mass media istituzionali. Laureato in psicologia, ha collaborato con le principali testate nazionali, come La Stampa, Il Manifesto, Il Corriere della Sera, Il Mattino, Il Secolo XIX, La Repubblica, La Voce, Il Sabato, Chorus, Oggi, Avvenimenti. Reporter RAI con Samarcanda durante la Guerra del Golfo (1991), è stato co-fondatore ed ha collaborato per oltre dieci anni con il programma Report su Rai3. Attualmente scrive per Micromega, Golem de Il Sole 24 Ore, agenzie di stampa e testate on line.

 

 

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