Creato da davidlawrence il 20/11/2010

Attenzione

mia bella sconosciuta

 

 

L'incontro al porto

Post n°10 pubblicato il 31 Gennaio 2011 da davidlawrence

Fu in quella stradetta giù al porticciolo. Erano all'incirca le sei e mezzo. Il sole aveva perduto il suo calore e appena un ricordo ne era conservato in quel mite splendore che si stendeva su tutto il paesaggio. La natura respirava più libera. Il mare era calmo e nitido, un piccolo gozzo si cullava malinconico sulle onde. I graziosi edifici sui moli si rispecchiavano nelle acque, che per un lungo tratto erano cupe come metallo. Le stradette e gli edifici sull'altra riva erano rischiarati da deboli raggi di sole. Il cielo era limpido e puro, una sola nube leggera di tanto in tanto vi scivolava sopra furtiva, dolce a vedere quando l'occhio si volgeva al mare, sulla cui limpida superficie quella spariva. Non una foglia si agitava. Era lei. L'occhio non mi ha ingannato, non più di quel trench nero. Sebbene io fossi già preparato da lungo tempo a questo incontro, pure mi fu impossibile dominare una certa agitazione, un palpito di gioia e di tristezza, come quello che vibrava nel canto dell'allodola che, gioioso e triste, risuonava nel giardino vicino. Era sola; ho di nuovo dimenticato come fosse vestita, sebbene abbia ancora qui dinanzi agli occhi l'immagine di lei. Era sola, tutta assorta in apparenza con se stessa e con i suoi pensieri. Il segreto lavorio dei pensieri aveva tessuto un'immagine di desiderio dinanzi alla sua anima, che il presentimento possedeva come indecifrabili sospiri. Era assorta con se stessa, e questo rapimento era una pace infinita e una quiete in se stessa. Era leggera, tanto lo sguardo poteva sollevarla. Leggera come psiche che veniva portata dai geni, o ancora più leggera, giacché ella portava se stessa. Incomprensibile sfidava ogni legge di gravitazione...Nulla osservava e si credeva pertanto inosservata. Io mi tenevo a discreta distanza e contemplavo avidamente la sua figura. Avanzava lentamente, nessuna fretta turbava la sua pace né la quiete del paesaggio. Presso la sponda del porto stava seduto un ragazzo che pescava, lei si fermò ad ammirare lo specchio dell'acqua e il labile riflusso. Finora non aveva camminato in fretta, eppure adesso cercò un po' di di refrigerio: si tolse una piccola sciarpa che teneva avvolta intorno al collo sotto al trench e una lieve brezza dal mare scoperse impercettibilmente un seno bianco come neve e pur caldo e pieno. Il ragazzo non sembrò gradire la presenza di uno spettatore, si voltò indietro e si mise a scrutarla con sguardo abbastanza flemmatico. Ma lo fece così goffamente che io non so biasimarla del suo ridere di lui. Com'era argentina la sua risata! I suoi occhi erano grandi e raggianti, a osservarli avevano un cupo bagliore che lasciava presentire la loro profondità infinita, senza che pertanto fosse possibile penetrarla. Erano puri e innocenti, dolci e tranquilli, pieni d'intelligenza quando sorrideva. Il naso era dolcemente curvo, osservandolo di profilo si ritraeva a linea con la fronte, divenendo in tal modo un po' più corto e più ardito. Andò oltre e io la seguii. Fortunatamente c'era molta gente che passeggiava per la stradetta, così, mentre io scambiavo qualche parola di tanto in tanto con qualcuno, le lasciavo guadagnare un poco di vantaggio per poi raggiungerla subito dopo, evitandomi così la necessità di dover procedere alla stessa distanza da lei, che andava a passo lento. Lei si avviò verso la fine del molo. Cercavo di vederla da vicino senza essere veduto. C'era una casa, sull'angolo, da dove ciò mi sarebbe dovuto riuscire possibile. Vi conoscevo una famiglia e, dunque, bastava che mi recassi da loro in visita. Le passai accanto con passo affrettato, come se neppure lontanamente badassi a lei. Ebbi così un buon tratto di vantaggio. Salutai tutti della famiglia e mi avvicinai presso la finestra che dava sulla stradetta. Finalmente giunse. La mirai e rimirai, intanto che continuavo a conversare con i conoscenti che stavano prendendo il caffè nel soggiorno. Il suo modo di camminare subito mi convinse che lei non aveva frequentata alcuna scuola di danze alla moda, e tuttavia c'era una certa fierezza nel suo passo, una naturale nobiltà. Potei rimirarla una volta più di quanto effettivamente avessi sperato. Dalla finestra potevo vedere soltanto un tratto della strada, oltre il quale il mio sguardo si spingeva a un ponticello che affiancava il mare: con mia grande meraviglia la scorgo di nuovo laggiù. Mi venne fatto di pensare: forse lei abita in campagna, forse la sua famiglia sta lì in villeggiatura. Ero già sul punto di pentirmi della mia visita, preso dal timore che lei non dovesse tornare sui suoi passi e io perderla di vista - si, il fatto che lei rimanesse visibile fino all'estremità del ponte era un segno che per me lei dovesse tornare a sparire - quando riapparve vicinissima. Era passata davanti la casa. D'un balzo mi girai e pensai di  correrle dietro fino a scoprire la sua abitazione, allorché nella fretta urto il braccio di una signora che proprio in quel momento era sul punto di porgermi il caffè. S'ode un grido spaventevole. Mi fermo; preoccupato solo di fuggir via e, se possibile, profittare dell'incidente per giustificare la mia ritirata, prorompo in tono patetico: << Come Caino, voglio fuggir via dal luogo dove questo caffè fu sparso!>>. Ma, quasi che ogni cosa avesse congiurato contro di me, ecco che il padrone di casa ha la disperata idea di affermare in tutta solennità, che non mi avrebbe concesso il permesso di congedarmi fino a quando non avessi sorbito una tazza di caffè e non ne avessi offerto alle signore, riparando in tal modo al mio fallo. Dovetti così convincermi  delle ragioni del  mio ospite, per cui non c'era altra scelta che rimanere. Lei era sparita.

 
 
 

Desiderio

Post n°9 pubblicato il 25 Gennaio 2011 da davidlawrence

Grazie, buon caso, a te i miei ringraziamenti! lei era slanciata e superba, misteriosa e grave come un abete, un virgulto, un pensiero, che dal grembo della terra germogli verso il cielo, incomprensibile, incomprensibile perfino a se stesso, un tutto che non ha parti. Il faggio dispone a corona le sue foglie e queste raccontano ciò che è avvenuto sotto di esse; l'abete non ha corona, non ha racconti, è a se stesso enigmatico: così era lei. Nascosta in se stessa; una riposante fierezza era in lei, come il volto ardito dell'abete, che pure rimane inchiodato alla terra. Una tristezza era soffusa in lei come il gemito di un gabbiano, una profonda nostalgia che nulla appagava. Ella era un enigma che enigmaticamente possedeva la propria soluzione; un segreto: e che cosa mai al mondo è tanto bello quanto la parola che lo scioglie? In che cosa dunque la lingua è tanto significativa e tanto ricca? sciogliere: quale senso ambiguo non v'è contenuto, con quanta bellezza e quanta forza non supera tutte le combinazioni da cui quella parola proviene! Se il regno dello spirito è un enigma, finché il legame della lingua non sarà disciolto, e quindi l'enigma stesso, anche una quarantenne sarà un enigma... ... ... Grazie buon caso, a te i miei ringraziamenti! Se mi venisse concesso di vederla durante l' inverno, ella sarebbe avvolta in quel trench nero, forse offesa dal freddo, la crudezza della natura avvilirebbe la sua bellezza. Sono stato fortunato a vederla la prima volta nella stagione più bella dell'anno, in primavera, al tramonto del sole, in riva al mare. Anche l'inverno ha i suoi vantaggi. Un palco soffusamente illuminato al teatro San Carlo di Napoli può essere la cornice appropriata, per arrivare al suo sguardo, ai suoi sentimenti, sfiorarle la mano e amare la bellezza del suo corpo, il ritmo dei suoi movimenti, lo splendore dei suoi occhi, i suoi abbracci, i suoi profumi, i toni colorati del suo viso.

 
 
 

Pomeriggio di pioggia

Post n°8 pubblicato il 12 Dicembre 2010 da davidlawrence

Si, luce dei miei occhi: perché non ti fermi in tutta tranquillità sotto il portone? Non c'è proprio nulla da ridire se una donna si ripara in un portone quando il tempo è piovoso. Anch'io lo faccio quando non ho l'ombrello e, talvolta, come ora ad esempio, anche quando l'ho. Potrei, inoltre, citare diverse signore stimatissime che non hanno esitato a farlo. Si rimane là tranquilli con le spalle voltate alla strada, in modo che i passanti neppure sappiano se si sta là fermi o si è in procinto di salire a casa. Al contrario, è molto imprudente nascondersi dietro il portone quando questo è aperto per metà, imprudente per ciò che ne consegue, poi che più si sta nascosti e più sarà spiacevole essere scoperti. Ma una volta nascosti, dunque, si rimanga fermi e tranquilli, raccomandandosi al buon genio protettore e a tutti gli angeli custodi. In particolar modo ci si astenga dal guardare fuori per vedere..se la pioggia è cessata. Volendo accertarsene, si faccia un deciso passo in avanti e si scruti seriamente il cielo. Se invece, con fare un po' curioso, imbarazzato e ansioso e insicuro, si sporge il capo fuori per ritirarlo poi in tutta fretta...questo lo si chiama far capolino, e perfino un bambino lo capirebbe. E io, che ci sto sempre, al gioco, mi ritrarrei senza dar risposta se mi si domandasse... Non credere che io nutra qualche pensiero irriguardoso sul tuo conto, certo sporgendo il capo in fuori non avresti nessunissimo scopo, fu l'atto più innocente del mondo. In cambio, non devi pensar male di me. Il mio buon nome e la mia reputazione non lo sopporterebbe. Del resto, fosti tu a incominciare. Ma ti consiglierei di non parlare mai a nessuno di questa avventura, il torto è dalla parte tua. Che cosa ho inteso fare se non ciò che un qualsiasi gentiluomo avrebbe fatto: offrirti cioè il mio ombrello? è una delle donne più vispe che io abbia mai incontrato da tempo, il suo sguardo è così infantile eppure così ardito, il suo contegno così piacevole, così riguardoso, eppure è tanto avida di sapere. Va' pure in pace, gioia mia. Ed ora avvolta nel tuo trench nero vedendoti camminare per il viale alberato penso che avrei dovuto fare con te una più intima conoscenza. Oh! com'è innocente e fiduciosa, senza traccia alcuna di eccitazione. Con quel passo leggero avanza, con quel ritmo dondola la chioma di capelli- ahimè! quel trench nero esige abnegazione. 

 
 
 

Attesa

Post n°7 pubblicato il 09 Dicembre 2010 da davidlawrence

Natale è alle porte; Napoli è di nuovo colma di rifiuti e molti soffrono per l'ingiustizia e la povertà. Altrove il vento sospinge per i boschi i candidi fiocchi di neve, il pettirosso va a beccare le briciole di pane sul davanzale della finestra, il cane dorme sospirando accanto alla stufa. Qui da me tutto è umido e silenzioso, le donne in istrada indossano il trench per la pioggia e, probabilmente anche lei stamane indossa quel tale trench nero. Ecco la conseguenza a conoscere una donna per la strada, in internet o alla radio e non in società, dove subito si è informati di come ella si chiami, a quale famiglia appartenga, dove abiti e se sia già fidanzata. Ancora non mi sono procurato una sola notizia, sebbene diligentemente nulla abbia lasciato di intentato. Forse ella non è affatto di questa città, forse viene da Roma o Torino: forse, forse, finirò con l'impazzire con tutti questi forse; e più impazzisco, più i forse aumentano. La cerco invano al teatro, ai concerti, al pub, alle passeggiate in riva al mare. Soffro di una terribile nostalgia.

 
 
 

la pioggia sottile bagna le arance rosse

Post n°6 pubblicato il 01 Dicembre 2010 da davidlawrence

Caso maledetto! Mai ti ho maledetto quando ti sei mostrato, e ora ecco: ti maledico perché non ti mostri! O è forse una tua nuova invenzione, essere incomprensibile, origine sterile d'ogni cosa, unico superstite rimasto di quel tempo in cui la necessità partorì la libertà e la libertà fu tanto folle da ritornare alla matrice? Caso maledetto! Tu unico mio complice, unico essere che io sempre stimai degno della mia alleanza e della mia ostilità, sempre a te stesso simile nella dissomiglianza, incomprensibile sempre, perennemente enigmatico! Tu, che io amo con tutta la passione dell'anima mia e secondo la cui immagine modello me stesso: perché non ti mostri? O l'inquietudine in tutto l'universo è andata calmandosi e il tuo enigma fu sciolto, così che anche tu sei precipitato nel mare dell'eternità? Spaventevole pensiero! allora il mondo verrebbe fermato dalla noia! T'attendo, caso maledetto! Non voglio vincerti con principi, né con ciò che la gente stolta chiamerebbe carattere, no, io voglio innalzarti a poesia! Non voglio essere poeta per altri. Mostrati, e io ti poetizzo. Mi nutro della mia stessa poesia e questo è il mio solo cibo. O forse non mi ritieni degno? Come una baiadera che danza in onore del dio, così io mi son consacrato al tuo servizio; leggero, con poca veste, agile, disarmato, io rinuncio a tutto. Nulla posseggo e nulla desidero possedere. Nulla amo e nulla ho da perdere, ma non per questo son divenuto più degno di te, di te che da gran tempo ormai sei stanco di strappare agli uomini ciò che essi amano, stanco dei loro vili sospiri e delle loro vili suppliche. Sorprendimi, io sono pronto. Nessuna posta, battiamoci sull'onore. Mostrami lei, mostrami una possibilità che abbia tutta l'apparenza d'una possibilità, mostramela anche tra le ombre dell'inferno e io andrò a prenderla. Lascia che ella mi odii, mi disprezzi, mi mostri indifferenza, ami un altro: io non ho paura; ma smuovi le acque, rompi la calma. Lasciarmi in tal modo morire d'inedia è cosa miserabile, non degna di te, che certo immagini d'essere più forte di me.

 
 
 
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