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Prefetti Banchieri

Post n°61 pubblicato il 19 Maggio 2009 da italiarepubblicana

Postiamo volentieri un articolo dell'amico Prof. Gilberto Muraro, Presidente onorario AMI Padova. Articolo già pubblicato su Il Piccolo (TS), dom. 15.03.09 e  Il Mattino di Padova, mart. 17.03.09

 

Singolare  destino quello del Prefetto nell’Italia repubblicana  e autonomista. Tanto la Prefettura è stata combattuta nelle analisi politiche, a cominciare dal radicale attacco di Luigi Einaudi  che nel 1944, affascinato dalle autonomie locali della Svizzera, ne predicava l’abolizione; e altrettanto il Prefetto è stato circondato da rispetto nella vita reale. La spiegazione sta soprattutto nei  comportamenti, che danno sostanza alle regole e determinano i sentimenti dei cittadini. Perché i Prefetti si sono sempre dimostrati all’altezza dei poteri e doveri  loro attribuiti: rigore nella gestione dell’apparato, misura nell’uso della forza, equilibrio nella soluzione dei conflitti, disponibilità all’ascolto, resistenza fisica e psicologica  che li  rende capaci di essere onnipresenti nei riti della  comunità cittadina e provinciale. Un’esemplare pagella, insomma, in cui si annulla   il peccato veniale  dell’uso dell’Eccellenza, che molti Prefetti tollerano e che stona un po’ con lo spirito della Repubblica.

Con le riforme Bassanini di fine anni ’90, all’insegna del  decentramento e della semplificazione burocratica, anche le Prefetture dovevano cambiare: il Prefetto doveva diventare il capo di un Ufficio territoriale integrato in cui  riunire, con risparmio di costi e aumento di efficienza,  tutti gli uffici periferici dello Stato. Mai fatto, ovviamente. Perché è difficile modificare il rapporto tra centro e periferia, come si sa proprio dall’esperienza di quelle riforme, cui si è accompagnato un aumento anziché un calo  dell’impiego statale; ma pare addirittura impossibile modificare i rapporti di forza tra le grandi amministrazioni centrali : Interno, Finanze, Tesoro, Lavori Pubblici e Trasporti. 

Nella breve meteora del secondo Governo Prodi, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, mentre torna a guardare con favore alla proposta di Bassanini, raccomanda  che “comunque” si proceda a un drastico accorpamento tra le Prefetture. Le sue analisi dimostrano  che  le economie di scala, legate alla prevalenza dei costi fissi, sono  impressionanti e suggeriscono  di  eliminare, con poche fondate eccezioni, tutte le Prefetture operanti in province con meno di 500.000 abitanti. Protesta dei Prefetti e poi, dopo la caduta del Governo Prodi e lo scioglimento della Commissione, velo di silenzio.

Adesso il pendolo della storia pone  il Prefetto in una posizione di potere quale mai nessuno aveva concepito: controllore delle banche per verificare che sia erogato  adeguato credito alle piccole e medie imprese. E la responsabilità e libertà di ogni banca di dire sì o no al richiedente in base al suo autonomo giudizio? Come nell’apologo della colazione di Adamo Smith che sta alla base del sistema capitalistico, le banche non fanno prestiti per benevolenza ma per guadagno e non li negano per dispetto ma per fondato timore di insolvenza; e chi, e con quale responsabilità verso gli azionisti, può ragionevolmente imporre un giudizio diverso? E la Banca d’Italia, che dal 1936 garantisce un controllo penetrante sulle banche, all’insegna della competenza e dell’assoluta riservatezza? E il segreto bancario a garanzia dei debitori, violabile solo nella sfera giudiziaria e tributaria? E i tempi e i costi di un apparato nuovo di controllo che voglia avere un minimo di credibilità tecnica? Davvero la realtà supera a volte la fantasia. C’è da temere che abbiano ragione coloro che, non trovando alcun motivo plausibile nell’economia e nel diritto, cercano la spiegazione nella sfera della psicologia, in quel senso di onnipotenza  che pervade  il Governo Berlusconi e in particolare Tremonti che di suo ci aggiunge l’istinto alla guerra totale all’avversario: ieri Visco, oggi il Governatore Draghi. E allora non resta che sperare nei Prefetti e nel loro senso del servizio allo Stato, che li indurrà ad operare recando il minor danno possibile: magari, esercitando violenza su se stessi a fin di bene, fingendo  di fare molto senza nulla fare.

MURARO Gilberto

 
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