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cultura e politica repubblicana nella sinistra italiana

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Una brutta campagna elettorale. Di chi la colpa?

Post n°64 pubblicato il 07 Giugno 2009 da italiarepubblicana

Credo un po' tutti siano convinti che quella condotta dall'opposizione non sia stata la migliore delle campagne elettorali possibili; ma credo anche sia giusto chiedersi se era poi così facile condurne una diversa e magari anche quanto le forze, ed i giornali e le televisioni, di maggioranza non abbiano contribuito a dare agli elettori questa impressione. Ma in politica giova poco lamentarsi perchè l'avversario usa tutti i mezzi a sua disposizione per travisare il nostro operato, e del resto ben si sapeva di quale capacità di controllo mediatico fosse posto a disposizione delle forze di maggioranza.

Del resto era possibile per una forza di opposizione restare completamente indifferente rispett a ciò che continuava ad apparire sulle prime pagine di tutti i quotidiani italiani?  Forse l'errore, se errore vi stato, è consistito semmai nel non insistere ancor più , non sulle vere o presunte incoerenze del capo di governo rispetto al suo proporsi come difensore dei valori tradizionali in generale e familiari in modo particolare, ma sui meccanismi politici che avevano portato ad una situazione per tutti imbarazzante e rispetto ai quali Berlusconi e le forze politiche da lui rappresentate non erano certo ignari spettatori.

Ed ecco allora l'esigenza di ricordare  come, pur con non poche responsabilità a sinistra, fu soprattutto la classe politica e l'elettorato di destra a dar corda al primo referendum Segni, il cui risultato favorevole inevitabilmente  comportò una americanizzazione ( più nel male che nel bene) della vita politica italiana. Si disse che più che le ideologie contavano le persone e questo non potè che comportare una più attenta indagine sulla vita dei candidati e degli eletti.

Berlusconi, in un suo famoso depliant  distribuito a milioni di italiani, fece in grande, data la sua capacità di mezzi, ciò che un po' tutti i politici stavano cominciando a fare: coinvolgere i suoi familiari e la sua vita privata nell'immagine che voleva dare di se stesso.  Inevitabile che operazioni di questo tipo, che i politici della tanto vituperata prima repubblica non si sarebbero mai sognati di compiere, prestino il fianc a ritorni negativi di immagine come alla fine è avvenuto.

Berlusconi ha voluto candidarsi alle europee ( unico capo di governo in Europa) pur sapendo che non avrebbe mai potuto fare il parlamentare europeo convinto, a ragione od a torto ma probabilmente a ragione , che la sua candidatura avrebbe portato un di più di voto alle liste del PDL. Egli inoltre ha voluto mettere il suo nome assieme al simbolo contribuendo ancor più a personalizzare la campagna elettorale.

Dopo tutto questo, indignarsi per quanto sta accadendo e limitarsi ad accusare i propri oppositori senza , almeno all'apparenza, interrogarsi sui meccanismi sottostanti all'interesse che si è accumulato sulla sua persona  è puro esercizio di retorica,  se non di ipocrisia.

Forse in Italia si è ancora in tempo a tornare indietro rispetto a quanto di negativo si è costruito negli ultimi anni; l'astensione al prossimo referendum sarà un primo timido passo in questa direzione.                                      Edera Rossa

 
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Un voto in prestito

Post n°63 pubblicato il 30 Maggio 2009 da italiarepubblicana

comunque sia , il nostro non potrà essere che un voto dato in prestito.
Dei democratici non mi piace il modo col quale hanno trattato repubblicani e socialisti, non mi piace il loro silenzio complice sul 4% alle europee, non mi piace come molti di essi vedano la politica secondo vecchi schemi di potere ( lo stesso Franceschini quando fa pesanti pressioni per la preferenza a Cofferati), non mi piace la componente catto-moderata.
Nei radicali non mi piace il canibalismo verso i loro possibili alleati, la visione totalizzante della politica e la loro idea di militanza, il liberismo anche massimalista di gran parte di loro, non mi pice il comportamento da Arcangelo Gabriele ( per usare una espressione che fu di Franco Roccella) di Marco Pannella, non mi piace il loro uninominalismo.
Ed, in entrambi, vi è parecchio altro ancora che non mi piace. Poi potrei fare un elenco di meriti , specie per i radicali, e di possibilità , specie per i democratici.
Ed allora , se è un voto dato in prestito, chi me lo restituirà con gli interessi od almeno senza averlo limato troppo per portarvi via quel po' di polvere d'oro che riusciranno a prendere?
Ecco io temo che i radicali possano usare il mio voto non per una presenza al parlamento europeo ( sembra non raggiungeranno proprio il 4%) , ma per rafforzarsi rispetto agli altri laici , non per , come a volte continuo a sperare, per creare una alleanza laica dei democratici , ma per continuare nel gioco del piccolo cannibale. Ed il modo di comportarsi di Pannella ( ho trovato offensiva quella stella gialla in televisione e trovo poco laico l'eterno rito degli scioperi contro il proprio corpo) mi ha rafforzato in questa mia preoccupazione.
Per i democratici, temo che il votarli per dare un voto utile serva loro per continuare a non considerare la cultura laica, repubblicana e socialista; ma spero anche che si rendano conto che i guai che hanno combinato non possano essere giustificati da un po' di voti dati in prestito per disperazione e spero che si dia vita all'internazionale democratico-socialista aperta alla sinistra liberale ed ai cristiani rispettosi dell'autonomia statuale.
Quindi guarderò anche a chi saranno i possibili eletti nel mio colleggio; Lucrezio aveva indicato il nome, che non ricordo, di un repubblicano che voterei nel caso votassi PD e guarderò a chi saranno gli altri nomi.. Per i radicali non so se vi sarà la Bonino o Pannella ( devo solo controllare) nel nordest.
Devo ancora decidere a chi prestare il mio voto.

 
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Dialogo tra Laici e Cattolici

Post n°62 pubblicato il 25 Maggio 2009 da italiarepubblicana

Dopo la pubblicazione del Post n°59 di Edera Rossa pubblicato il 10 Maggio 2009 (che ripropongo), l'amico Lucrezio ha risposto proponendo di sentire le opinioni di altri amici sul medesimo tema. La riproposizione dei due interventi è un tentativo per attivare alcune riflessioni sull'argomento.

laici e cattolici di fronte al rischio di nuovi referendum clericali.
Negli anni settanta i laici vinsero delle battaglie in parlamento sostanzialmente senza l'apporto di cattolici politicamente significativi inquanto tali; poi le difesero a livello referendario con l'apporto anche di alcune organizzazioni cattoliche che riuscirono a far da apripista all'interno del loro mondo e che permisero ai partiti che si contrapponevano ai referendum clericali, specie ai comunisti, di additarli come esempio a quei cattolici che alle elezioni politiche avevano votato per i partiti che in parlamento furono favorevoli alle leggi sul divorzio prima e sull'aborto poi. Il PCI dovette fare al suo interno corsi accellerati di diritti civili e fu certo utile che vi fossero cattolici, come il prof.Cordero od alcuni sacerdoti, in cui gli elettori ed i militanti cattolici del PCI potessero rispecchiarsi.

Oggi il mondo cattolico sembra avere carenza di gruppi che esprimano posizioni di dissenso organizzato rispetto alle gerarchie ecclesiastiche. Per contro vi è un dissenso sottotraccia all'interno dello stesso mondo ecclesiastico.
Nel frattempo nella società italiana il processo di secolarizzazione è continuato, ma questo fatto non sembra accompagnarsi ad una sufficente capacità di trarre conseguenze politiche da esperienze anche personali. I laici pagano, forse più di altri, per il calo di cultura politica negli strati più popolari dellla società italiana. Mentre non credo che i laici siano in grado di vincere referendum che partano da loro iniziative, penso che se sfidati da qualche referendum cattolico essi riusciranno probabilmente a bloccare tali iniziative. Ma l'attuale situazione dell'informazione televisiva( unita al fatto che certi problemi, proprio grazie alla precedenti battaglie laiche, sono oggi meno sentiti) potrebbe portare nel giro di qualche anno il mondo clericale a sfidare con buona probabilità di riuscita le forze laiche sparse ed indebolite anche dall'attuale sistema elettorale. Ai clericali di sempre non mancheranno gli aiuti , in tal caso,  dei clericali di complemento che amano farsi chiamare atei devoti. 

Come uscire da una situazione che sembra marciare verso soluzioni del tipo sopra indicato è estremamente difficile; ed allora il rischio di alleanze laiche eterogenee ed inconcludenti è sempre più in agguato. Rispetto a queste, credo siano preferibili percorsi di dialogo con quei cattolici degasperiani, come Prodi e Bindi, che sono andati, con i rischi politici che si è visto non essere solo ipotetici, a votare al referendum sulla procreazione assistita. Meglio loro di quei laici pronti a passare da qualsivoglia alleanza laica a governi come quello attuale, o magari che dell'attuale maggioranza di governo sono sostenitori.


Lucrezio il 17/05/09 via WEB
Con Edera abbiamo discusso su questo anche su http://forum.politicainrete.net/, trovandoci sostanzialmente d' accordo. Mi sentirei di aggiungere che sarebbe necessario trovare come negli anni '70 luoghi di dialogo fra laici e cattolici, proprio per favorire la "resistenza" di quegli ambienti ( come chi è intorno alla Bindi o a Scalfaro) che siano di argine alla marea clericale. Ma per far questo senza cedere terreno, noi laici, ( ed è questo un rischio del partito democratico a cui pure aderisco) dobbiamo riprendere sopratutto la capacità propositiva della scuole di pensiero secolarizzate e della nostra in particolare. Potrei continuare , ma mi piacerebbe sentire il commento di qualche altro amico oltre me ed edera rossa.

 
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Prefetti Banchieri

Post n°61 pubblicato il 19 Maggio 2009 da italiarepubblicana

Postiamo volentieri un articolo dell'amico Prof. Gilberto Muraro, Presidente onorario AMI Padova. Articolo già pubblicato su Il Piccolo (TS), dom. 15.03.09 e  Il Mattino di Padova, mart. 17.03.09

 

Singolare  destino quello del Prefetto nell’Italia repubblicana  e autonomista. Tanto la Prefettura è stata combattuta nelle analisi politiche, a cominciare dal radicale attacco di Luigi Einaudi  che nel 1944, affascinato dalle autonomie locali della Svizzera, ne predicava l’abolizione; e altrettanto il Prefetto è stato circondato da rispetto nella vita reale. La spiegazione sta soprattutto nei  comportamenti, che danno sostanza alle regole e determinano i sentimenti dei cittadini. Perché i Prefetti si sono sempre dimostrati all’altezza dei poteri e doveri  loro attribuiti: rigore nella gestione dell’apparato, misura nell’uso della forza, equilibrio nella soluzione dei conflitti, disponibilità all’ascolto, resistenza fisica e psicologica  che li  rende capaci di essere onnipresenti nei riti della  comunità cittadina e provinciale. Un’esemplare pagella, insomma, in cui si annulla   il peccato veniale  dell’uso dell’Eccellenza, che molti Prefetti tollerano e che stona un po’ con lo spirito della Repubblica.

Con le riforme Bassanini di fine anni ’90, all’insegna del  decentramento e della semplificazione burocratica, anche le Prefetture dovevano cambiare: il Prefetto doveva diventare il capo di un Ufficio territoriale integrato in cui  riunire, con risparmio di costi e aumento di efficienza,  tutti gli uffici periferici dello Stato. Mai fatto, ovviamente. Perché è difficile modificare il rapporto tra centro e periferia, come si sa proprio dall’esperienza di quelle riforme, cui si è accompagnato un aumento anziché un calo  dell’impiego statale; ma pare addirittura impossibile modificare i rapporti di forza tra le grandi amministrazioni centrali : Interno, Finanze, Tesoro, Lavori Pubblici e Trasporti. 

Nella breve meteora del secondo Governo Prodi, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, mentre torna a guardare con favore alla proposta di Bassanini, raccomanda  che “comunque” si proceda a un drastico accorpamento tra le Prefetture. Le sue analisi dimostrano  che  le economie di scala, legate alla prevalenza dei costi fissi, sono  impressionanti e suggeriscono  di  eliminare, con poche fondate eccezioni, tutte le Prefetture operanti in province con meno di 500.000 abitanti. Protesta dei Prefetti e poi, dopo la caduta del Governo Prodi e lo scioglimento della Commissione, velo di silenzio.

Adesso il pendolo della storia pone  il Prefetto in una posizione di potere quale mai nessuno aveva concepito: controllore delle banche per verificare che sia erogato  adeguato credito alle piccole e medie imprese. E la responsabilità e libertà di ogni banca di dire sì o no al richiedente in base al suo autonomo giudizio? Come nell’apologo della colazione di Adamo Smith che sta alla base del sistema capitalistico, le banche non fanno prestiti per benevolenza ma per guadagno e non li negano per dispetto ma per fondato timore di insolvenza; e chi, e con quale responsabilità verso gli azionisti, può ragionevolmente imporre un giudizio diverso? E la Banca d’Italia, che dal 1936 garantisce un controllo penetrante sulle banche, all’insegna della competenza e dell’assoluta riservatezza? E il segreto bancario a garanzia dei debitori, violabile solo nella sfera giudiziaria e tributaria? E i tempi e i costi di un apparato nuovo di controllo che voglia avere un minimo di credibilità tecnica? Davvero la realtà supera a volte la fantasia. C’è da temere che abbiano ragione coloro che, non trovando alcun motivo plausibile nell’economia e nel diritto, cercano la spiegazione nella sfera della psicologia, in quel senso di onnipotenza  che pervade  il Governo Berlusconi e in particolare Tremonti che di suo ci aggiunge l’istinto alla guerra totale all’avversario: ieri Visco, oggi il Governatore Draghi. E allora non resta che sperare nei Prefetti e nel loro senso del servizio allo Stato, che li indurrà ad operare recando il minor danno possibile: magari, esercitando violenza su se stessi a fin di bene, fingendo  di fare molto senza nulla fare.

MURARO Gilberto

 
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gossip

Post n°60 pubblicato il 15 Maggio 2009 da italiarepubblicana

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Dopo aver per anni voluto una politica all’americana , quando essa arriva, nel miglior stile bipolare possibile; ecco che chi  è stato eletto in base a questa, e che ha nel cassetto gran parte dei media gossippari., protesta contro questi modi indegni di far politica.

…. vuoi mettere i bei tempi quando si parlava delle scarpe di D'Alema e dei golfini di Bertinotti? Il problema non è se Berlusconi divorzia o non divorzia, ma le sue esternazioni che ci rendono ridicoli in mezzo mondo, i suoi modi di parlare delle donne che offendono l'altro mezzo. Sta sempre più emergendo un'idea della politica come estrinsecazione di potere personale che giunge a decidere quel che vuole all'interno del più grande raggruppamento politico italiano; il che è un problema politico di primissimo piano. Sta sempre più emergendo come il controllo dei media permetta di far si che i fatti abbiano natura politica o siano squisitamente personali seconda di chi riguardano. Parliamo dunque dei problemi più afferenti le elezioni europee; ma fintanto che questi nodi non saranno risolti l'Italia finirà inevitabilmente per diventare un paese di serie B. ( B come Berlusconi , naturalmente).

 

     Edera Rossa

 

 

 
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