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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi del 23/02/2017

 

Lo "stadio" della Roma, la graticola dei palazzinari

Post n°1524 pubblicato il 23 Febbraio 2017 da r.capodimonte2009
 

Il ballo di San Vito dei media di regime continua imperterrito, a maggior ragione dopo l’ “implosione” del PD. Adesso la Raggi si è trovata, dalla mattina alla sera coinvolta nella guerra sempiterna della Sovrintendenza romana contro i palazzinari, che praticamente dura da quanto questo ente benemerito, fondato, ovviamente, dal fascismo, per salvaguardare l’immenso patrimonio artistico, architettonico e archeologico nazionale, è stato infilato, per esigenze di bottega, in un ministero apposito, che è l’ultima ruota del carro di tutti gli altri.

E sì, perché il “famoso” stadio della Roma, è stato promosso a valore nazionale “imprescindibile” dalle lobby calcistiche, di cui la squadra romana è un esempio tangibile (proprio perché è in mano ad una “satrapia” americana, giunta in Italia, d’accordo con le famiglie palazzinare, tra cui ricordiamo i Caltagirone, i Marchini, i Parnasi, gli Scarpellini, ecc.), per fagocitare aree e appezzamenti dove poter speculare, grazie a sindaci compiacenti e a vari riciclaggi di denaro, e arricchirsi ai danni della città più bella ma più corrotta d’Italia.

Ma andiamo per ordine: il M5S riceve in “dote” un abnorme progetto di costruzione immobiliare che cova sotto le ceneri da almeno una quindicina d’anni, fin dai tempi di Veltroni e Alemanno, e poi Marino, e che, nelle buone intenzioni degli urbanisti (sic!) dovrebbe spostare il flusso dei tifosi romani dal centro della capitale alle periferie: come se la zona di Tor di Valle, tra qualche semestre non diventasse parte integrante dell’Urbe (grazie agli stessi palazzinari). Da notare, inoltre, che lo stadio alla fine sarebbe di proprietà della Roma, e non della Lazio, la parente povera della prima, squadra che sarebbe in diritto di chiedere, a quel punto, una sua struttura nuova, alternativa all’Olimpico.

Il progetto, guarda caso, concepisce metrature da incubo: solo il 14% relative agli impianti sportivi, l’altro 86% relegato alla pura speculazione! Un mostro, appunto, lasciato crescere indisturbato prima dalla “Soprindentenza Ministeriale” (Mibac), poi da quella “capitolina” (Comune di Roma), quest’ultima solo dal 18 gennaio u.s. adeguatasi (con la sindacatura Marino non aveva eccepito ostacoli né vincoli al progetto) alle “riserve” della prima, relative alla "valorizzazione, anche parzialmente e mediante riproposizione in luogo adiacente, delle tribune dell'Ippodromo di Tor di Valle, costruito nel 1959 su progetto dell'architetto Julio Lafuente in maniera da rendere funzionali ad attività (di carattere sportivo, ricreativo, culturale) collaterali al nuovo complesso". 

Già in questa fase si può facilmente notare che il M5S non ha voce in capitolo in questa vicenda. Anzi è benemerita la sua adesione alle dichiarazioni del sovrintendente capitolino, dott. Parisi Presicce, che, da parte sua conferma: “Questa Sovrintendenza capitolina, nel far presente di essere stata convocata solamente nella fase finale della valutazione tecnica e preso atto della deliberazione di pubblica utilità del progetto in questione, esprime per quanto di competenza parere favorevole al progetto definitivo".

Allora, cosa è accaduto? E’ vero che dietro la polemica, che è montata subito dopo, a causa di un vincolo, quello delle tribune “artistiche” di Tor di Valle, la cui trasformazione viene a costare milioni, si inserisce l’opposizione di principio della fascia radicale del movimento romano, quella capeggiata dalla solita Roberta Lombardi, che pare, addirittura voler sfidare lo stesso Beppe Grillo, nella contrarietà assoluta e totale al progetto?

Tutto sta nella clausola (molto stiracchiata, in verità!) che si richiama alla “deliberazione di pubblica utilità del progetto”, che entrambe le sovrintendenze hanno concesso, secondo noi, con estrema leggerezza, su spinta delle lobby, ma in guerra tra loro, e che adesso sta provocando il caos!

A ben vedere il progetto, comunque lo si guardi, è di fatto “un cementificio a gogò” che gli americani e i loro soci italiani del mattone hanno concepito, e a cui oggi urlano di non poter rinunciare, neppure se l’operazione dovesse essere trasferita (come suggerisce lo stesso Grillo) in altre zone, e sono decisi a chiedere milioni di danni al Comune. La cosa ricorda molto da vicino la vicenda “olimpica” nella quale, i gestori affaristici sostennero di danni inestimabili per la mancata approvazione: in poche parole avevano “anticipato” giri di soldi, ancora prima di conoscere le intenzioni della nuova giunta (dopo, però, che le precedenti giunte avevano già concordato il via libera!). Da notare, ma lo diciamo solo per chi ha ancora gli occhi per vedere, non le bocche per mentire, che proprio ieri l’Ungheria, che è al decimo posto tra i Pil europei, l’Italia è al 29° ed ultimo, ha declinato la sua offerta di ospitare i giochi del 2024!

Secondo prassi, e secondo i principi del movimento, il progetto, così com’è, è insostenibile, lo sapevano tutti, perché era un altro dei cavalli di battaglia della campagna elettorale: lo stadio della Roma, ammesso e non concesso che sia di “pubblica utilità”, va dimagrito almeno della metà delle cubature speculative, se lo si vuole mantenere a Tor di Valle: ma il fatto che i costruttori se ne dovranno far parte attiva nell’inserire le vecchie tribune dell’ippodromo tra i lavori indispensabili (e approvati dalle due sovrintendenze) non ha niente a che vedere con Virginia Raggi. E’ una “patata bollente” che si devono rigirare tra le mani i palazzinari: per i tifosi, continuare per un paio d’anni a frequentare l’Olimpico (che, per intenderci, vede diminuire a vista d’occhio la presenza di spettatori, schifati dal calcio italiano in genere!), non sarà la fine del mondo!

Ecco perché, ha forse ragione Grillo: scegliere un’altra zona, e il Comune capitolino è a disposizione per individuarla, ricavarci sopra, di comune accordo, un nuovo progetto credibile, questa volta, e procedere, lasciando che i grillini radicali cuociano nel loro brodo. La politica è una cosa, il giacobinismo “tout court”, un’altra!

Questo è quanto: il resto è solo liquame giornalistico! (ITALIADOC)

 

 

 

 
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