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Creato da: r.capodimonte2009 il 13/10/2009
attualità, politica, cultura

Messaggi del 14/04/2017

 

Alcuni aspetti rilevanti del programma di Governo del M5S

Post n°1557 pubblicato il 14 Aprile 2017 da r.capodimonte2009
 

SECONDA PUNTATA

Che negli ultimi cinquant’anni il mondo del lavoro sia stato ostaggio di una serie di accordi nefasti tra lo Stato, il sindacato e l’impresa, per aumentare i rispettivi poteri decisionali, per accumulare risorse strappandole ai cittadini, e per ridurre la democrazia all’interno delle fabbriche ad un “tre sette col morto”, CGIL, CISL, e UIL, il morto essendo l’operaio, ce ne stiamo accorgendo ora, che tutte quelle risorse sono finite negli stomaci capienti dei contractors, e che al lavoratore, ridotto o alla disoccupazione cronica o, peggio, al caporalato dello Jobs Act, non restano che futili promesse. Intanto i sindacalisti si sono tutti arricchiti, i ministri del lavoro e del Welfare ridotti a yesmen, la grande impresa è riuscita nella sua manipolazione di trasformate gli investimenti nel lavoro e nella tecnologia, che sarebbero dovuti derivare dai profitti, in evasione fiscale o speculazioni finanziarie. Lo Stato, nel frattempo, occupato dai partiti della corruzione, faceva da “mediatore”, fornendo alla grande industria miliardi di cassa integrazione, al sindacato i meriti di averla concessa e di aver salvato i posti di lavoro (un “grande misfatto”, che aumentava il debito pubblico, e rimandava il default delle aziende di qualche anno!), in cambio del potere assoluto di gestire le volontà operaie in senso “filo-governativo” in base a quella che fu definita, “concertazione”.

Rileggendo attentamente l’articolo di Giorgio Cremaschi, uno dei rari dirigenti sindacali “pentiti”, ex-segretario confederale della FIOM, apparso sul Blog di Grillo, alla vigilia della votazione on-line che il M5S effettuerà per far passare la “riforma del lavoro”, si capisce tutto quanto detto, e il perché ci si è arrivati, con il beneplacito di coloro che, al contrario, avrebbero dovuto difendere il lavoro, non distruggerlo.

In nome della rappresentanza sindacale univoca formata dalla solita “trimurti” catto-social-liberista, con la codina destrorsa della UGL, (accolta nella cesta dopo che per anni, come CISNAL, ne era stata esclusa), e con un trucco scandaloso, che orientò la base operaia nel referendum-burla del 1995, cambiando maldestramente l’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori (*), i sindacati riconosciuti dallo Stato e dalle controparti padronali sono solo quelli che hanno firmato già accordi e contratti, gli altri sono fuori dai giochi. Non solo, scandalizzata da questo abuso, la stessa Consulta, nel 2013 impugnò il risultato referendario, e stabilì il ritorno alla libertà di altri sindacati di agire e rappresentare (il caso della FIOM esclusa dalla Fiat per non aver firmato il contratto fu palese!). Ma sia i Governi (cui faceva comodo detenere un sindacato ammaestrato ai suoi voleri), che la Confindustria e gli altri sindacali padronali (che continuavano ad arricchirsi con gli ammortizzatori sociali al posto degli stipendi, e, con il Jobs Act, da loro dettato, poter dimezzare anche i contributi!), nulla fecero per dare un volto democratico e salutare alla rappresentanza dei lavoratori.

Da allora, ma sono trascorsi appena cinque-sei anni, la triplice ha perduto migliaia di iscritti, la sua “democraticità” è diventata sberleffo, addirittura, con un Maurizio Landini spedito nei talk-show a parlare di “rinnovamento”, lui che è uno degli artefici della disintegrazione del maggiore comparto industriale italiano, quello dei metalmeccanici! Intanto centinaia di vertenze dal valore di oltre 60 miliardi giacciono sui tavoli dei ministri compiacenti, e decine di miliardi di ore-cig hanno corroso il nostro PIL, rendendolo il più basso di tutta Europa. Vertenze gigantesche, pilotate da personaggi squallidi a caccia di consenso, come Matteo Renzi, Alitalia, Telecom, Almaviva, Elettrolux, Fiat, ecc. hanno vomitato migliaia di disoccupati, ma alla fine sono diventate o preda di “hedge fund” esteri, che ne succhiano le ultime risorse come parassiti, comprese quelle che l’Italia regala a babbo morto via CDP, o falliscono definitivamente.

Eppure la soluzione c’è, e sta scritta proprio sulla Costituzione: ma guardate se mai sia accaduto che la Corte Costituzionale abbia emesso una “raccomandazione” perché essa sia attuata: cosa c’è da aspettarsi da 15 individui che sono la crema della peggiore politica del Paese, perché eletti, per la maggior parte dai partiti o da chi ne è l’espressione più deleteria, cioè il Capo dello Stato? Si tratta dell’art. 39, che stabilisce che il sindacato “deve essere rappresentato in proporzione ai propri  iscritti, e detiene personalità giuridica”: perciò “l’organizzazione sindacale è libera”, e non si tratta di una associazione privata senza alcuna responsabilità amministrativa, civile o penale, ma deve sottostare alla sua fattispecie giuridica. Parole di fuoco, che finora, a settant’anni di distanza, nessuno, se non il M5S, sta resuscitando, per ristabilire un’equa democrazia aziendale.

Ma non è finita: la “democrazia sindacale” non basta perchè i lavoratori siano tutelati dalle rovine che abbiamo citato sopra: esiste anche un rapporto deleterio con una classe padronale divenuta “irriconoscibile” da quando ha cooptato l’area dell’impegno aziendale, con l’area dell’impegno finanziario, buttando a mare secoli di spirito imprenditoriale, lo stesso che, dai tempi moderni in poi, ha mutato il mondo verso il progresso e la civiltà dei popoli. Ebbene costoro oggi si sono venduti, anima e corpo, al guadagno sempre maggiore, alla legge del più ricco, del più notabile, del più “riconoscibile” nel mondo dello show-businness: gli Agnelli, i De Benedetti, i Del Vecchio, i Barilla, i Ferrero, i Berlusconi sono piccole entità di fronte ai Trump, ai Buffet, ai Soros, ai Murdoch. Se ci portiamo poi al mondo bancario, dove si sono compiute le maggiori criminalità dell’ultima guerra, costate al mondo esattamente come una IIIa Guerra Mondiale, ci accorgiamo della maligna corresponsabilità denaro-impresa, specie quando il denaro non è di proprietà del popolo, ma viene stampato solo ed esclusivamente per poi derubarlo, e addebitarglielo!

Oggi le maestranze debbono avere necessariamente il diritto-dovere di “controllare” l’impresa dall’interno, sedendo nei consigli di amministrazione e decidere, assieme all’imprenditore, i vari passi: tra cui l’utilizzo delle risorse, lo stesso profitto, di cui una parte teorica, ma preziosa, è di pertinenza di chi lo crea, cioè il lavoratore, il quale, poi, alla fine, spesso, si deve accontentare di un salario minimo, perché quel profitto viene egoisticamente sprecato malamente nei giochi finanziari e non negli investimenti.

Oggi le maestranze, di fronte a stalli aziendali, dovuti a colpe più o meno scoperte degli imprenditori, hanno il diritto-dovere di prenderne il posto, costituirsi in “comitati autogestiti” e riprendere il lavoro, buttando a mare il tentativo di corruzione che sindacato, Governo ed impresa comminano con gli ammortizzatori sociali; i quali, per lo più sono il contentino alla futura disoccupazione! Sfidiamo chiunque ad accertarsi quante aziende siano risalite dopo aver consumato cig per più di due anni, e sono la maggior parte: si contano sulle punta delle dita di una mano. Le altre, ancora sane, ma gestite nel modo peggiore, da imprenditori “criminali” sono fallite. Perché allora non cederle ai lavoratori, come la nostra costituzione ha previsto agli art. 42-43-46?

Insomma è arrivato il momento che i lavoratori facciano una scelta, e si liberino la mente, una volta per tutte, dal plagio della “concertazione” e reagiscano: pretendendo che il nuovo Governo che nascerà dalle prossime elezioni, vada nella loro direzione, salvaguardandoli, mettendo, una volta per tutte le briglie all’impresa indegna e profittatrice. E purghino la loro fiducia nel sindacato tradizionale, che ha paura che in azienda se ne formino altri, che abbiano veramente  a cuore il loro destino. (R.S.)

(*) I referendum prevedevano: il primo per la democrazia sindacale, il secondo la legava alla firma dei contratti. Passò solo il secondo, grazie alla mobilitazione dei sindacati della triplice e padronali

 
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