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Intervista a Francesco Sabatini, presidente dell’Accademia della Crusca

Post n°6 pubblicato il 19 Dicembre 2007 da italianoperfetto
 
Foto di italianoperfetto

La lingua italiana memoria di popoli e persone

Intervistare il presidente dell’Accademia della Crusca, massima autorità linguistica italiana, mette in soggezione. Ed ovviamente si preparano le domande con una certa cura facendo attenzione a ben utilizzare il congiuntivo e magari inserendo dotte citazioni per dare una bella « allure » alle domande… e invece ci si trova davanti a un professore che scrive volentieri degli SMS usando la lingua « smontata » dei giovani e che afferma che il congiuntivo nel periodo ipotetico non è poi così obbligatorio.

Docente di Storia della lingua italiana all’Università di Roma, il professor Francesco Sabatini, l’aria distinta, 76 anni, vitale e simpatico, è il primo presidente dell’Accademia della Crusca non fiorentino (è originario dell’Abruzzo). Si è confidato a RADICI all’occasione dei festeggiamenti della Settimana della lingua italiana nel mondo.

Nella seconda metà del Cinquecento, in un’Italia priva di unità politica, fu l’Accademia della Crusca a promuovere l’unità linguistica e culturale italiana. Oggi circa il 2% della popolazione europea parla l’italiano come lingua straniera e l’italiano è al quinto posto tra le lingue più studiate nel mondo. Come vive questa realtà?
L’Accademia non è una fonte diretta di apprendimento della lingua italiana. Non svolge più questa funzione normativa. È un’istituzione scientifica che promuove lo studio, l’attenzione e la cura dell’italiano in molti altri modi. La Crusca si rivolge prevalentemente alle istituzioni, ai politici, ai giornalisti, agli insegnanti e ai funzionari: a coloro che operano con la lingua. Chi impara l’italiano non attinge direttamente dalla Crusca, ma dai corsi di lingua. Il singolo cittadino, tuttavia, può rivolgersi a noi scrivendo alla nostra rivista La Crusca per voi oppure collegandosi al nostro sito:
www.accademiadellacrusca.it.

Da secoli i cruscanti, i « guardiani della lingua », separano la buona lingua (la farina) dalle impurità (la crusca). Secondo Lei parole come ministra, sindaca, architetta, ingegnera sono farina o crusca?
Stanno diventando farina. Si tratta di fenomeni sociali prima che linguistici. E la lingua interpreta e guida anche i fenomeni sociali. Ci sono altre lingue meno attente agli aspetti formali che hanno immediatamente formato i femminili di questi sostantivi. In Italia si trovano delle resistenze, ma data l’entità della partecipazione femminile a tutte le cariche e le professioni e data la possibilità della nostra lingua di flettere questi nomi, è opportuno l’uso femminile, anche per evitare gli equivoci. Esistono già le coppie di termini cassiere/cassiera, infermiere/infermiera, cameriere/cameriera, ragioniere/ragioniera: perché non dovrebbe esistere anche ingegnere/ingegnera? Insomma: la lingua non ha nulla da obiettare, è soltanto l’abitudine.

Nel 2005, quando l’italiano è stato escluso dal gruppo delle lingue ammesse nelle conferenze stampa dei commissari dell’Unione Europea, Lei, deluso e arrabbiato, ha affermato: « In Europa non ci vogliono bene ». È cambiato qualcosa nel frattempo? La pensa sempre così?
Non so se questa affermazione dura è uscita dalla mia bocca o dalla penna di un giornalista. Io non credo affatto che in Europa non ci vogliano più bene, anzi. L’italiano, come persona e come lingua, riscuote simpatia spontanea, per l’armonia, per la non eccessiva pignoleria, per il dolce vivere all’italiana. Pensiamo ai tanti giovani che sono i veicoli più positivi della lingua italiana e dell’amore verso l’Italia. Ciao è diventata la parola italiana più diffusa al mondo: i giovani stranieri l’hanno portata con sé dopo le vacanze e gli amori sulle nostre spiagge.

da: www.radici-press.net

 
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