Signora mia

Delle cose turche -I-


Ieri, facendo ricerche iconografiche per il solito progetto con scadenza 30/7/2007, mi sono imbattuta in questo quadro di Jean August Ingres, intitolato Le bain turc (1852-59): 
 La scena raffigurata è quella di un bagno turco o hammam. Tralascio ogni tipo di considerazione tecnica sulla tela in sé, sull’autore, sull’esotismo e l’orientalismo, rilanciando questi argomenti a persone più ferrate di me, come la mia blogamichettaOdioviacolvento.Mi limito a considerare che è chiaro, lampante, direi cristallino, che Ingres non è mai stato in un hammam.Capisco che l’idea di un luogo pieno di donne nude faccia un certo effetto sul pubblico maschile. Ma se il nostro pittore, invece di trascorrere lunghe notti solitarie immaginando donne discinte in languide pose, erotici giochi d’acqua e insinuanti abbracci, avesse sbirciato da una finestrella di un vero hammam, di quelli nel cuore delle città  arabe, avrebbe cambiato immediatamente soggetto per i suoi raffinati quadri. Già, perchè l’hammam è il posto meno erotico sulla faccia della terra.La ragione è presto detta: perchè è un posto dove le donne vanno per lavarsi e spettegolare. Che le femmine frequentatrici di hammam siano nude è un mero dato tecnico che nulla aggiunge all’eroticità della situazione. Anzi. La prima volta che sono andata in un hammam  ero a Damasco, un paio di anni fa. Per chi passa qualche tempo in un Paese arabo, il bagno turco è una tappa inevitabile. E chi, come me, ha l’istinto della piccola esploratrice, si convince che bisogna evitare come la peste i luoghi frequentati da turisti per immergersi-nell’-atmosfera-della-vita-quotidiana-damascena.Insieme a Eleonora, un’amica trentina che condivide il mio istinto, selezioniamo un hammam fuori dai circuiti turistici della città, consigliato da alcune amiche damascene. Si uniscono a noi una ragazza svizzera e una tedesca.All’ingresso ci danno una scodella di plastica per versarci l’acqua addosso - nelle sale di solito non c’ è acqua corrente -, una spugna ruvida e un asciugamano. Ci avvisano che non ci sarà, come di consueto, un’inserviente che aiuti a sfregarsi il corpo e a risciaquarsi, perchè è il mese di Ramadan, sacro per i musulmani, in cui si lavora di meno e i negozi chiudono prima, per permettere ai credenti di interrompere il digiuno giornaliero, con un pasto al tramonto. Ci spogliamo in una grande sala piena di tappeti. Io e la mia amica Eleonora, in un impeto di pudore, decidiamo di tenere  gli slip. Nella prima sala il vapore è denso, l’aria calda e pesante. Mentre sto meditando di andarmene, vengo avvisata che quella è solo l’entrata: la vera stanza del vapore è un’altra. Non ho subito il coraggio di entrarci e, insieme alle altre ragazze, vado nella grande sala centrale, piena di donne, ragazze e bambine che si lavano e strofinano dopo il passaggio nella stanza del vapore.Ricordate il quadro di sopra? Dimenticatelo. La stanza centrale di un hammam, più che a un paradiso per soli uomini, somiglia ad un allegro girone dell’inferno. In mezzo alla consueta nube di vapore si stagliano sagome femminili completamente nude. Poichè è un bagno pubblico e non il concorso Miss Maglietta Bagnata, entrano femmine di tutte le età e conformazioni fisiche.E poichè il cervello umano memorizza cò che lo colpisce, io di quel bagno non ricordo le mie coetanee o donne normali, ma donnoni di un quintale e mezzo sedute per terra (completamente nude...) che si sciacquano l’hennè dai capelli versandosi ciotole d’acqua in testa, circondate da rivoli colorati provenienti dalle teste delle vicine. Questo avrebbe dovuto dipingere Ingres. Altro che odalische. - Continua-