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Post n°40 pubblicato il 18 Giugno 2009 da adediantonioshanti
'Vorrei fare il bene che voglio e invece mi ritrovo a fare il male che non voglio'. Queste parole dell'apostolo Paolo, mettono in evidenza la grande contraddizione che è in noi, in altri termini il peccato originale, nel buddhismo ciò che viene definito ignoranza (avijja). Se da un lato siamo pronti a dare, dall'altro spesso scopriamo che siamo anche pronti a trattenere. Un conflitto tra gli opposti, e se abbiamo un senso ideale di noi stessi, votati al bene e alla solidarietà, scoprire queste dimensioni dentro di noi scatena sensi di colpa, di inadeguatezza e di imperfezione. Macerarsi in questi stati d'animo non fa che aggravare il problema. Come affaermava un monaco buddhista in un suo scritto:' Ebbene lo so io sono un invidioso, sì, invidio chi ha la veste più bella della mia o sa parlare meglio di me!' e concludeva il discorso con una risata. In realtà riconoscere queste contraddizioni, mettendo da parte le idealizzazioni su noi stessi, ci aiuta pian piano a superarle ( laddove vorremmo estirparle una volta per tutte!), ciò che ci aiuta veramente è prenderci meno sul serio su come vorremmo che fossimo, soltanto così, con una dose di giusto umorismo, e non di tragedia senza fine, possiamo vedere che i nodi si sciolgono. Ma occorre avere pazienza, così come un malanno ha bisogno di tempo per andar via, a maggior ragione i nodi del nostro animo hanno bisogno di tempo. Una volta un laico chiese ad un monaco zen: 'Ma voi cosa fate tutto il giorno nel monastero?' e il monaco rispose:' Cadiamo e ci risolleviamo, cadiamo e ci risolleviamo.' |
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