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Post n°50 pubblicato il 09 Luglio 2009 da adediantonioshanti
Un detto zen dice che nella nostra vita ci sono ottantatre problemi e poi c'è l'ottantaquattresimo, ossia il problema che non vorremmo avere problemi. Pensiamo che vi siano cose in noi che non vanno e di cui vorremmo sbarazzarci in quanto sono cose che ci fanno soffrire. In realtà non vi è nulla di sbagliato in noi, siamo ciò che siamo e solo guardando con apertura e accoglienza quelle parti che non vorremmo, che pian piano esse avranno meno presa su di noi, l'idea e i tentativi di sbarazzarcene aggiungono altra sofferenza, è l'immagine idealizzata di ciò che vorremmo essere a farci scivolare verso l'autogiudizio e la non accettazione di ciò che siamo in realtà. Ma se non riusciamo a fare questo lavoro di sollecita accoglienza con noi stessi come pretendere di poterlo fare con le persone che ci sono più vicine e con le quali abbiamo relazioni affettive? Le maggiori frustrazioni che insorgono nei rapporti di lavoro o affetivi sono dovuti in gran parte alla dose quotidiana di frustrazione che ognuno riversa nelle relazioni, è come se ogni giorno si riversassse un tir d'immondizia nei nostri spazi vitali. Riuscire a conciliarsi con tutti i nostri lati reconditi ci dà leggerezza. |
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