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Post n°1058 pubblicato il 11 Luglio 2007 da Quentin_Tarantino0
DAL ROMANZO AL FILM, C’è n’è ancora molto di materiale su cui lavorare in Romanzo criminale, racconto epico e corale nato dalla penna di Giancarlo De Cataldo e diventato film per la regia di Michele Placido che oggi si riversa nella formula seriale che per natura porge il fianco a storie, destini, trame storiche che erano andati sacrificati nel riadattamento cinematografico. Si recupera il climax degli anni Settanta approfondendone lo spirito e l’incidenza sulla formazione dei personaggi e si dilatano i tempi compressi dal montaggio filmico per questa fiction in dodici episodi di 50 minuti prodotta da Cattleya e Sky Cinema. “Quando sono troppi galli a cantare non fa mai giorno” questo è ciò che pensa il Libano, piccolo malavitoso della Roma degli anni Settanta. Il ragazzo è ambizioso e non ha poi molto da perdere, si guarda intorno e vede una città che aspetta solo che qualcuno mostri il fegato di dominarla. Se comandano tutti è come se non comandasse nessuno e attraverso questa crepa del sistema criminale lui vuole farsi largo. Il Dandi, Bufalo e Scrocchiazzeppi sono i suoi fidati scudieri ma è giunta l’ora di reclutare nuovi effettivi. Atto primo. L’incontro con il Freddo è la molla che fa scattare un meccanismo irreversibile che porterà due gruppetti scalcinati a formare la Banda della Magliana. A sigillare questo patto fra i due piccoli leader di borgata sono i soldi del riscatto per il sequestro del barone Rossellini. Sul tavolo ci sono due miliardi di lire e il Freddo e il Libano dopo aver fatto un bel respiro propongono alla truppa di non sprecare il denaro in sesso droga e rock and roll, ma piuttosto reinvestirlo nel traffico di stupefacenti per prenderne il controllo. Il consenso è unanime. Atto secondo. Accordi e alleanze rappresentano un’urgenza e il Libanese si muove per circuire il Sardo, uno dei boss più influenti della piramide locale. Quest’ultimo accetta la proposta di un sodalizio e porta in dote contatti e uomini. Gli affari cominciano a fruttare. L’ebbrezza sanguinaria di potere colloca in tempi brevi questa banda ai vertici della scena criminale urbana. Solo il Terribile, altro boss di media statura prova ad opporsi a questa ascesa e paga il balordo errore di valutazione con la vita. E’ fatta! I nuovi re hanno un impero da amministrare e tutta Roma si mette in fila per omaggiare, mendicare e fare affari con loro. L’eco delle gesta si diffonde tra la criminalità organizzata del sud Italia, capimafia si presentano al cospetto dei nuovi signori capitolini per allargare la rete delle associazioni a delinquere. Perfino lo Stato, nella figura occulta e manipolatrice del Vecchio, si rivolge al Libanese. Atto terzo. La spirale crescente di violenza e di autorità ripiega però sotto l’edonismo della banda che deflagra in conflitti intestini e autodistruttivi. Il Freddo matura il desiderio di lasciarsi tutto alle spalle, il Dandi cede alle lusinghe delle amicizie altolocate, il Libanese muore ammazzato da una banda rivale. Atto quarto. La sete di vendetta prevale sulle dispute interne e la banda, sotto la guida del Freddo si ricompone, con l’intenzione di riprendere il controllo nelle strade.
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