Creato da Massimiliano_Kosovo il 20/10/2005
Racconto del mio anno di servizio civile in Kosovo

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Il mio destino (da me scelto):tornare,partire,ritornare,ripartire

Post n°45 pubblicato il 16 Gennaio 2006 da Massimiliano_Kosovo

8 gennaio

Trascorro gli ultimi giorni delle mie vacanze di Natale a casa, con i miei genitori, parenti e amici. Cerco di immergermi nuovamente nella vita di Gavi, ma il tempo è veramente è troppo poco e il pensiero è già rivolto nuovamente alla partenza per Roma, dove svolgerò tre giorni di formazione e avrò l’occasione di rivedere gli altri volontari sparsi per il mondo.

“Perché riparti?”, questa è la domanda che molte persone mi pongono e alla quale ho cercato di dare una risposta nel seguente articolo, pubblicato sul “Nostro Giornale”:

Ritorno, ripartenza e un sogno per il 2006: la pace, quella vera, in Kosovo.

 A differenza delle altre volte, oggi sto scrivendo il mio articolo non dal Kosovo, ma da Gavi. Infatti, dopo due mesi e mezzo trascorsi all’estero, il 23 dicembre sono tornato a casa. Se all’inizio della mia avventura nell’Ex-Yugoslavia avevo cercato di esprimere la tristezza mista ad eccitazione della partenza, adesso vorrei descrivere le sensazioni del ritorno a casa, per poi spiegare le ragioni, non sempre facili da comprendere, che portano ad una nuova ripartenza.

Gli ultimi giorni in Kosovo sono trascorsi molto velocemente: ho fatto le ultime lezioni e traduzioni, ho aiutato a preparare le feste di Natale per i bambini dell’oratorio e per gli studenti, ho comprato i regali per la mia famiglia. Pur avendo molto da fare, il mio pensiero era già orientato al mio ritorno a casa. Non è la prima volta che resto per un lungo periodo via da Gavi (ho già vissuto complessivamente un anno e mezzo in Germania), ma ogni volta riscopro l’incredibile emozione del ritorno: un sentimento di gioia da una parte e di paura dall’altra. Gioia perché posso finalmente riabbracciare i miei genitori, i miei parenti, i miei amici. Paura perché so che la mia esperienza all’estero mi ha cambiato, mi ha reso diverso e mi ha tenuto distante dai piccoli o grandi cambiamenti avvenuti a Gavi negli ultimi mesi. Per questo motivo riconosco sempre di più l’importanza del ritorno a casa come riconsolidamento dei rapporti con le persone che mi sono care. Trascorrere un po’ di tempo insieme è un modo per esprimere il mio affetto e per fare capire che non posso immaginare la mia vita senza di loro. “E allora perché vuoi ripartire?”, questa è la domanda che spesso mi viene posta. La mia risposta può sembrare banale, ma, al contrario, rifletto sempre a lungo sulle mie parole prima di pronunciarle: “Perché io lo voglio”. Io voglio ripartire per tornare in Kosovo e continuare il mio lavoro. Io voglio ripartire perché so che ci sono delle persone che a Pristina mi stanno aspettando. Io voglio ripartire perché credo in quello che sto facendo: io, da solo, non cambierò mai la situazione del Kosovo, naturalmente. Ma tanti piccoli passi fatti insieme agli altri e per gli altri possono tracciare un cammino di speranza e di fiducia  per gli abitanti del Kosovo, Albanesi o Serbi o Rom, un futuro migliore in cui i vari gruppi possano dimenticare il loro odio e ricominciare da capo in pace. Questa può sembrare una distante utopia, ma, in fondo, l’anno è appena iniziato e quindi è bello sognare un Kosovo pacificato e aperto all’Europa. Per realizzare questo sogno, però, serve del tempo. Per trasformare l’odio della guerra in amore o quantomeno in  rispetto e in tolleranza non servono le armi, serve il dialogo. L’intervento armato in Kosovo è finito, adesso bisogna ricostruire, non solo le case, ma anche le menti delle persone. Il dialogo aperto, l’educazione scolastica, lo scambio culturale sono le armi da usare adesso. Questo processo è e sarà molto lungo, ma bisogna cominciare adesso per raccogliere i frutti in futuro.

Il 2006 sarà un anno cruciale per il Kosovo: quasi sicuramente si arriverà alla definizione del nuovo status delle regione. Gli Albanesi, la grande maggioranza dei Kosovari, vogliono l’indipendenza senza se e senza ma; i Serbi e il governo di Belgrado vogliono concedere al massimo l’autonomia, ma non accettano l’idea di uno stato indipendente chiamato Kosovo Sono due posizioni apparentemente inconciliabili e i negoziati saranno estremamente difficili. Molti osservatori temono che azioni violente saranno intraprese dagli estremisti per influenzare l’esito e per creare un clima di paura. Quasi tutti ritengono che una soluzione possa e debba essere trovata, facendo un sacrificio da entrambi le parti. Io sarò testimone vicino di questi fatti: vedrò le strade bloccate per far passare gli ospiti politici importanti, discuterò con la gente delle ultime novità e vedrò la gioia o la delusione dei diversi schieramenti. L’unica cosa che spero di non dover vedere è lo scoppio di una nuova ondata di violenza che cancellerebbe gli sforzi fatti da molte persone negli ultimi anni…

Mentre i “Grandi” decideranno in lussuose stanze, io continuerò a lavorare al Centro Don Bosco, dando il mio piccolo contributo. Ma se ognuno fa la sua parte anche in questa fase della storia del Kosovo, allora si può davvero sperare di raggiungere quell’utopia distante, tra qualche anno o decennio.

Per questo motivo io rispondo ancora: “Io voglio ripartire”. I miei genitori, la mia famiglia, i miei amici e Gavi mi mancheranno. Salutarsi nuovamente per rivedersi solo tra tre mesi sarà triste. Ma io lo voglio: il Kosovo, quello speriamo presto veramente in pace, mi sta aspettando, e io sto volando verso la mia meta.

 
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