Creato da Massimiliano_Kosovo il 20/10/2005
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« Il Funerale del Presiden...Gli ultimi degli ultimi:... »

Il Kosovo senza Rugova

Post n°50 pubblicato il 04 Febbraio 2006 da Massimiliano_Kosovo

4 febbario

La morte del Presidente Rugova: il Kosovo si sente solo.

21 gennaio 2006, ore 12 circa. Le radio e le televisioni danno l’annuncio che Ibrahim Rugova, il Presidente del Kosovo, è morto. La notizia scuote il paese, sconvolge le persone, sembra far fermare il tempo. Rugova era malato di cancro, certo, e tutti lo sapevano, ma nessuno si aspettava che lui morisse proprio in questo momento, ad una settimana dall’inizio dei negoziati per lo status finale del Kosovo.

Apprendo la notizia da un sms inviatomi da mia mamma, mentre sono a casa tranquillo e sto leggendo. Resto incredulo per qualche secondo (“Che strano”- mi dico- “essere in Kosovo di persona, ma ricevere le notizie importanti da casa”), poi accendo la televisione e mi rendo conto che è proprio vero: su tutte e tre i canali kosovari si vede solo una persona, solo un volto: Rugova. Il Presidente, amatissimo in patria e rispettato in campo internazionale, è morto. Per il Kosovo non ci poteva essere un peggior modo di cominciare l’anno. Tutti lo sanno, lo capiscono immediatamente. L’uomo che combatteva da decenni con le armi della non-violenza per ottenere l’indipendenza del suo paese, è morto proprio nei giorni in cui stavano per cominciare le trattative finali sullo status.

In questo articolo non intendo lodare Rugova e presentarlo come l’uomo senza macchia, come “il Ghandi dei Balcani”, appellativo riferitogli da molte persone alle quali piacciono i titoli altisonanti. Più semplicemente e umilmente cercherò di darne un’immagine il quanto più possibile oggettiva, considerando i dati raccolti su di lui, alla quale si sommeranno le mie personali e soggettive impressioni.

Rugova nasce nel 1944 in territorio kosovaro. La prima parte della sua vita ha poco o niente a che fare con la politica: studia Lingua e Letteratura Albanese all’università di Pristina, termina un dottorato alla Sorbonne di Parigi e poi torna in patria lavorando come insegnante universitario e scrivendo libri. E’ un intellettuale, insomma. Ma nel 1989 la situazione per il Kosovo precipita: Slobodan Milosevic, presidente della Serbia, decide di togliere al Kosovo lo status di regione autonoma avuto negli ultimi anni. Rugova, membro della Società dei Letterati del Kosovo, firma un appello, insieme ad altri 215 intellettuali albanesi, per il ripristino dell’autonomia e, nello stesso, 1989, fonda la Lega Democratica del Kosovo (LDK), il partito più importante in Kosovo ancora nel 2006. Nel 1990 i deputati albanesi dichiarano la Repubblica del Kosovo e vengono estromessi dal Parlamento. A partire da questa data Rugova si fa promotore della risposta non-violenta alle provocazioni sempre maggiori dei Serbi e comincia a creare una struttura statale e amministrativa parallela. Nel 1992 Rugova viene eletto Presidente del Kosovo durante delle elezioni clandestine, che non vengono riconosciute dalla comunità internazionale. Fino al 1996 la sua strategia sembra funzionare: è stato creato un sistema parallelo a quello serbo nei settori politico, amministrativo, educativo. Tramite il mezzo della non-violenza, si vuole raggiungere l’indipendenza del Kosovo. Nel 1996 Rugova firma un accordo con Milosevic per una normalizzazione delle condizione del Kosovo. Ma la Serbia, invece di mantenere l’accordo, aumenta le sue violenze e le sue discriminazioni. Questo porta all’emergere della lotta armata dell’UCK, che Rugova a lungo non vuole riconoscere e che non può accettare. Negli anni prima della guerra Rugova perde peso politico, perché la violenza l’UCK conquista la scena.

Allo scoppio della guerra nel 1999, Rugova resta a Pristina e viene arrestato dalla polizia di Milosevic, che però lo lascia partire per l’esilio a maggio, trasportato da un aereo italiano a Roma. Dopo la guerra Rugova torna in Kosovo e, seppure la sua credibilità sia in parte andata persa, viene di nuovo acclamato presidente dal suo popolo, questa volta in modo regolare. Nei lunghi anni di amministrazione ONU, Rugova viene criticato di eccessivo attendismo e prudenza, ma non smette mai di chiedere l’indipendenza del Kosovo come unica soluzione possibile. A settembre 2005 annuncia la sua malattia e la popolazione trema, pur sperando che possa continuare a svolgere il suo ruolo politico. Fino agli ultimi giorni lavora per preparare il team dei negoziatori, ma, sul più bello muore.

Leggendo la sua vita e vedendo come essa è terminata nel momento più inopportuno mi viene da pensare alla casualità, al destino cieco, alla sfortuna. La stessa cosa devono pensare i Kosovari, che si vedono privati del loro leader storico. La reazione della gente è incredibilmente unanime: al momento della morte del capo, tutti abbandonano le loro differenze e si ritrovano uniti nella loro identità albanese. Vengono proclamati 15 giorni di lutto nazionale, per 3 giorni migliaia di persone sfilano davanti alla bara di Rugova, aspettando in coda fino a 5 ore ad una temperatura di -12 C. Il giorni dei funerali, il 26 gennaio, affluiscono a Pristina decine di migliaia di persone e delegazioni politiche da tutto il mondo. Tante volte ho avuto l’impressione che alla morte di un personaggio importante tutti tendano a farne un santo, esprimendo spesso un falso cordoglio. Ma in questa occasione ho visto il dolore della gente comune, del popolo, e sono sicuro che fosse sincero.

In tutti i casi, la vita deve andare avanti in Kosovo, e velocemente. Deve essere eletto un nuovo presidente, devono riprendere i negoziati. Il vuoto è enorme e la classe politica kosovare sembra essere impreparata senza la sua guida. Tuttavia, il processo deve andare avanti e, forse, tra qualche mese, il sogno di indipendenza kosovaro si  realizzerà. A quel punto Rugova, dovunque egli sia, sarà contento.

 
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