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UNA CRISI COMPLESSA: IL DECADENTISMO

Post n°26 pubblicato il 11 Marzo 2013 da angelproff
 

L'urlo

Edvard Munch, L'urlo, 1885

Dal punto di vista culturale, l'età che va dall'inizio del secolo alla fine della Seconda guerra mondiale, è caratterizzata da correnti di pensiero e di tendenze speculative che sembrano riflettere le tensioni che agitano il panorama politico e sociale. In linea con i contrasti e le tensioni che contraddistinguono la situazione politica e sociale, la letteratura del primo novecento è animata da un profondo senso di insoddisfazione e di ribellione nei confronti del vecchio mondo; ribellione che si esprime in una volontà di protesta più o meno rumorosa o, al contrario, al ripiegamento degli artisti su se stessi e a una vera e propria fuga nel privato.

 Il Decadentismo in Italia
Il Decadentismo si diffuse in Italia con un certo ritardo rispetto al resto d’Europa. Esso si espresse in particolare nell’opera di Giovanni Pascoli (la poetica del “fanciullino”) e in quella di Gabriele D’Annunzio (che probabilmente rappresenta il maggior esponente della cultura decadente italiana, se non altro per il suo voler far coincidere arte e vita e per la sua completa adesione ai motivi dell’estetismo e de superomismo).
Il Decadentismo italiano presenterà spesso fenomeni di decisa reazione e di rifiuto dei modelli europei. Tuttavia gli ambienti in cui tale rifiuto nasce hanno in comune con il Decadentismo la cornice generale, vale a dire la sfiducia in qualunque certezza, l’individualismo, l’isolamento dell’artista rispetto alla società. Per questo motivo, le correnti e gli scrittori che si pongono in antitesi alla cultura decadente finiscono, paradossalmente, per assorbire da essa alcune ipotesi culturali e numerose soluzioni espressive. Significativi esempi di ciò sono il Crepuscolarismo, il Futurismo, l’Ermetismo.
Non vanno quindi dimenticate neppure le opere di autori, che non riusciamo a classificare in particolari movimenti artistici, queste, sebbene organizzate secondo principi e meccanismi eterogenei, hanno in comune la stessa dimensione di incertezza e difficoltà nel vivere. Nelle opere di questi scrittori appaiono alcuni elementi che sono caratteristici del pensiero decadente:

  • consapevolezza di quanto sia fragile la condizione umana;
  • il senso di solitudine e di alienazione che opprimono l’uomo moderno;
  • l’impossibilità di entrare in reale contatto con gli altri;
  • denuncia della disperazione, dell’inettitudine e dell’impotenza dell’individuo di fronte alle scelte imposte dalla realtà.

L’incertezza e la precarietà vengono allora riconosciute come base della vita, e la “malattia” è accettata come condizione normale, alla quale è possibile contrapporre solo una lucida, virile rassegnazione ad un destino di sconfitta.
Questa “coscienza della crisi”, che rifiuta ogni facile rifugio nei miti velleitari e consolatori del superomismo, ha in Italia i suoi massimi esponenti in Italo Svevo e in Luigi Pirandello, due scrittori la cui penetrante sensibilità umana e culturale precorreva i tempi, e la cui grandezza, non a caso, ebbe proprio per questo un tardivo riconoscimento.

La frantumazione dell’io è strettamente legata al relativismo e consiste proprio nel fatto che l’uomo non ha una sola identità, bensì infinite, a seconda della situazione in cui si trova; la maschera rappresentata da Pirandello è quella del Super io che si trova tra il conscio e l’inconscio.

ATTIVITA'

La concezione dell’essenza dell’uomo che presenta Pirandello non è così lontana da Freud. La maschera, così come la “maschera che ricopre l’inconscio”, non può essere tolta dall’uomo, e l’uomo non potrà allora conoscere la vera e propria essenza, la propria personalità.

Spiega, facendo qualche esempio dalle opere studiate, in che modo i personaggi pirandelliani  sono costretti a vivere.

 
 
 
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