LA FORMICA ROSSA

Artù: quando la scheggia impazzisce


Dall’assurdo, al surreale all’onirico. La prima puntata di Artù è  stata soprattutto questo. Un programma geniale che poteva sembrare messo lì per caso. Una scheggia impazzita. Insomma, fai un po’ di zapping e trovi il nulla. Poi continui a girare e ti ritrovi davanti questa cosa buffa che non sapresti come definire. Una stanza da Tribuna politica che sembra odorare di nuovo, un conduttore d’eccellenza, invitati illustri messi in imbarazzo da domande apparentemente fuori dal mondo e una frase a troneggiare su tutto, affilata come la spada di Damocle: Ma una bella dittatura no? Poi guardi i candidati al ruolo di uomo forte, leggi i loro nomi – da Celentano a Maria de Filippi passando per Lotito, Cesare Ragazzi e Materazzi – e capisci che quella è satira intelligente e anche un po’ folle.Proprio come una degli inviati, la versione brutta della Brambilla, che ipotizza anche le primarie per il nome del programma; due le opzioni possibili: Artù e Artú. E allora capisci che questo è un programma anche un po’ coraggioso e metti una dietro l’altra delle riflessioni che lo fanno sembrare un po’ meno onirico. Perché da qualche parte là fuori c’è davvero chi sta pensando a delle primarie.Ma una bella dittatura no? Una domanda provocatoria a un Paese che nelle ultime due settimane sembra aver smarrito la bussola, finito com’è in quel tritacarne che lo potrebbe far precipitare verso un futuro migliore. J.V.