lakonikos

ANCORA SUI MURI


Il bel post di Fajr mi ha fatto tornare in mente un periodo della mia vita.Succede quasi sempre così, con me: leggo un post che vuol farmi riflettere e discutere ed invece mi si apre il cassetto dei ricordi.Di quando ho vissuto a Gorizia, da pendolare.Vent'anni fa.Il primo impatto con quella città è stata la stazione: sono arrivato in una piazza, se ricordo bene, ed ho visto una stazione. La scritta sul muro dell'edificio era inequivocabile: Stazione di Gorizia. Però, osservando bene, tra me e quella stazione c'era una rete metallica, il confine. La stazione si trovava in Jugoslavia.Col tempo ho avuto modo di familiarizzare col "muro". Un mio collaboratore abitava in un edificio che aveva la facciata posteriore in Jugoslavia. Non poteva aprire le finestre di quelle stanze. Intorno, i fori dei proiettili, che, a suo dire, talvolta ancora venivano sparati per impedire il passaggio di qualcuno, o, così, per intimidazione.E quando andavo in collina, inevitabilmente, trovavo sempre chi, mostrandomi il paesaggio, mi diceva: quello è il mio paese, adesso è Jugoslavia.Per non parlare della Casa Rossa, il confine : talvolta lo si attraversava, ma sempre con una certa apprensione aggravata dall'arroganza dei doganieri. Un paio di volte è capitato anche a me di essere coinvolto nei loro "giochetti": farti passare e, dopo dieci metri, fermarti soffiando in un fischietto dal suono raggelante, aggredirti verbalmente, sostenendo che nessuno di loro ti aveva dato il consenso. E tenendoti in uno stato di soggezione per ore.Ogni volta che passo una frontiera, fosse anche quella della Svizzera per comprare i dadi e il cioccolato, il mio corpo mi manda dei segnali negativi. Le frontiere, tutte le frontiere, sono qualcosa di violento e innaturale: i nostri corpi, ancenstralmente, lo registrano. Fateci caso.I confini che percepiamo come tali, sono quelli naturali: un fiume, una catena montuosa, il mare, l'oceano. Ma quelli, l'uomo, è sempre riuscito a superarli. Che qualcuno si rassegni.