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Post N° 328

Post n°328 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da quotidiana_mente
 
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Appena entrai nella libreria, le luci si fulminarono e i commessi provvedettero ad accendere delle candele. Mentalmente ringraziai San Gennaro per il miracolo appena compiuto sotto i miei occhi. Nemmeno nei miei desideri più reconditi avevo sperato tanto.

Lui per nulla intimorito iniziò a parlare al pubblico, ma guardandomi sempre dritto negli occhi, tornai a ringraziare tutti i santi in calendario ed il dubbio che fosse veramente astigmatico non mi affiorò.
Pendevo dalla sue labbra, avrebbe potuto leggere l’elenco telefonico che sarebbe stato lo stesso. Ero in adorazione. Lui si avvicinò e disse che mai aveva visto un maglione più bello del mio. Il dubbio che soffrisse di congiuntivite non si affacciò nella mia mente.
Parlava, ascoltavo. Ascoltavo, parlava.
Iniziò a sudare dall’ascella destra, sono certa che fosse proprio quella destra, pensai che non era per niente originale. Offesa, la mia ascella, segnalò al cervello che era proprio ora di andare via.
Scappai. Nella fuga ho perso uno stivale, quello sinistro.
Ieri mattina, qualcuno ha bussato alla mia porta, era Lui che cercava il piede giusto. Era, ovviamente, il mio. Ma, ormai, l’idillio era rotto. Non volevo più sapere nulla di un’ascella maleodorante e sdegnata ho chiuso la porta di casa, lasciandolo senza pietà dormire fino a questa mattina sullo zerbino. Le vicine ancora mi ringraziano.
Scansandolo con il mio piede sinistro, sono andata oltre, oltre lui.
Ecco mi sarebbe piaciuto tutto questo. Mi sarebbe piaciuto anche qualcosa di diverso da questo. Destino ingrato, mondo infame: ho lavorato fino alle diciotto e trenta, senza speranze di raggiungere in tempo per ascoltare le briciole di un qualsiasi discorso, fosse esso anche le declinazioni della lettera zeta.
Niente.
Nulla.
Ma è bello così. Lui mi dovrà ancora aspettare. Dovrà vivere della mia assenza.
Lui? Già.
Avrei tempo fino al diciotto febbraio per vederlo al Teatro Argentina, ma in mezzo ad una moltitudine non mi voglio perdere. La verità è che i posti sono quasi esauriti e quelli rimasti non permettono una buona osservazione.
E’ bello così. Vivere nella sua assenza.
Ovviamente, il calzino non era bucato.


 
 
 
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