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Quotidianamente...

Vita di ufficio... ma quella è un'altra storia...

 

 

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Post n°485 pubblicato il 03 Febbraio 2009 da quotidiana_mente
 



Un rumore come un lamento; un rumore sconosciuto.
Ho subito pensato a qualche guasto. Immaginavo l’autobus fermo in quel viale desolato come spesso capita all’ora di pranzo di una domenica. Le porte centrali si stavano aprendo ma nessuno si muoveva. Nemmeno l’autobus era affollato. Ho iniziato ad allungare il collo verso le porte centrali, immobile anch’io. Una pedana usciva da sotto le porte centrali. Era davvero uno spettacolo insolito, almeno per me. Poco dopo, una carrozzina è salita sulla pedana ed è entrata nell’autobus. Era un ragazzo piuttosto giovane. Ha chiesto un fazzoletto e ha iniziato a parlare.
E’ il quarto autobus che aspetto, gli altri non erano attrezzati. Non è possibile!
Ho annuito. Aveva ragione, non è possibile.
E tutto questo perché non vogliono che usciamo, preferiscono che stiamo al chiuso nelle nostre case.
Ho annuito di nuovo, non sapendo cosa rispondere.
Prima mi muovevo. Andavo in giro in moto, in motorino, viaggiavo, ora niente, non posso uscire, perché ogni volta devo aspettare chissà quanti autobus con l’attrezzatura adeguata per le carrozzine, e spesso gli autisti non sanno come funziona. Pare possibile?
No, in effetti, non dovrebbe essere possibile. Tutti dovrebbero potersi muovere liberamente anche se in carrozzina, o meglio proprio perché in carrozzina.
Questo stradone dopo le sedici diventa un deserto, non passa più anima viva. Sembra che ci sia il coprifuoco di domenica.
Mi sembrava già deserta quella strada e non erano le sedici.
Ero in motorino, sono caduto e ho aspettato ore prima che qualcuno mi venisse a soccorrere, non per cattiveria è che non c’era proprio nessuno.
Così ho capito che era stato un incidente stradale.
Ha continuato a parlare, chiedendo ogni tanto di essere aiutato: un piede si spostava e lui non riusciva a riportarlo alla posizione originale. Ha iniziato a spiegare che la pedana della carrozzina era rotta ma che lui non poteva farci niente, il costo del pezzo di ricambio era troppo elevato e che comunque prima di due anni, l’azienda sanitaria non l’avrebbe sostituita. Le batterie, quelle sì, ogni tot tempo, sono cambiate a spese del servizio sanitario. Per fortuna, precisava, perché costano un sacco di soldi.
Alla prossima scendo. Ha detto a voce alta.
Un altro rumore come un lamento. Si sono aperte le porte centrali. Ha salutato molto cortesemente ed è sceso. Per un po’, dall’autobus, l’ho guardato allontanarsi.
Ho ripensato al soggiorno a Vienna e al mio stupore quando ho visto carrozzine che salivano sulla metro o sul tram senza nessuna difficoltà.
Il primo pensiero è stato: “ma quanti disabili ci sono?”, e subito dopo, ho corretto il pensiero. Era semplicemente dovuto al fatto che i disabili in carrozzina, a Vienna, si potevano muovere liberamente sotto lo sguardo di tutti e in mezzo a tutti. Un bel segno di civiltà.
A Roma, non vedo disabili in giro per la città. Almeno io non li vedo. Forse si spostano in auto e non con i mezzi pubblici. Non saprei. Da domenica, però, ci penso un po’ di più.





 
 
 
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