La recita di Bolzano

Cattivi pensieri


 Lucio Prandelli trascinava i suoi sessantacinque anni verso lo studio del suo medico curante, una donna veramente bizzarra e forse per questo motivo gli piaceva, che somigliava vagamente all'Anita Ekberg di oggi, quella con il carico di anni non portati bene, una considerazione che aveva fatto dopo averla intravista tempo prima alla tv ed era rimasto folgorato dal suo radicale cambiamento: si era chiesto cosa ne era stato l'attrice della 'Dolce vita', della sua strepitosa bellezza, di quella meraviglia che si faceva il bagno dentro la Fontana di Trevi, il seno prorompente messo in evidenza da quel magnifico decolletè nero, davanti a un incantato Marcello Mastroianni. Ogni uomo, ragazzo, adolescente di allora, avevano fattodi lei l'icona della femminilità e forse quella scena faceva sicuramente sognare e scatenare l'immaginario maschile che vedeva ancora in lei, nei pochi minuti di pellicola da cui era nato il mito rimanendovi incastonato come un prezioso gioiello, l'incarnazione stessa della seduzione. Laura, questo il nome del medico, lo accoglieva sempre con l'espressione che emanava letizia, si conoscevano da anni, eppure non erano mai entrati in confidenza, forse perchè Lucio non le aveva mai offerto l'occasione di trovare un appiglio per permetterle di entrare nel suo mondo. Ormai amava definirsi un vecchio misantropo, gli piaceva godersi l'idea che presto sarebbe andato in pensione, dopo aver vissuto la sua vita all'insegna del lavoro che lo aveva impegnato e lo impegnava ancora molto, dei viaggi in giro per il mondo, delle varie storie o relazioni e delle avventure alle quali mai si era sottratto. Aveva cercato, però, di non trasformarle in vere battaglie, provando a comportarsi molto correttamente, senza imbrogliare, restando magari in buoni rapporti. Non gli piacevano gli strascichi dolorosi, quindi aveva prestato molta attenzione a non scatenare le passioni, per poter continuare a vivere la vita che più gli aggradava. Non si era appositamente sposato per poter mantenere la propria libertà, pensando di non essere tagliato per il matrimonio e la fedeltà. Come mestiere faceva l'avvocato divorzista e, nel corso degli anni, aveva visto molte coppie annegare nei fallimenti, sbranarsi davanti ai figli, che li guardavano come degli ebeti ormai distrutti dal loro egoismo, tanto da non riporre nessuna fiducia all'eventualitàdi una convivenza, dovuta appunto a un contratto stipulato, sapeva di dovere e non piacere. Lucio aborriva tutto ciò che da piacere si trasformava in dovere, ragion per cui aveva preso la decisione di non cadere in nessuna trappola matrimoniale. E non era affatto pentito. Aveva vissuto intensamente e ora amava il silenzio, la pace, la tranquillità, specialmente quella che aleggiava nella sua casa di campagna, dove spesso si rifugiava, dedicandosi al giardinaggio, ai suoi fiori, che curava personalmente. In certi momenti si sentiva come Nero Wolfe, il personaggio nato dalla fantasia dello scrittore Rex Stout, un uomo che coltivava orchidee e che risolveva casi di omicidio senza muoversi di casa. Quando era ragazzo aveva letto ogni pubblicazione che aveva reperito su questo strano tipo, si era anche appassionato alla riduzione televisiva che la Rai aveva prodotto, una serie riuscitissima, con attori del calibro di Tino Buazzelli e il giovane di belle speranze Paolo Ferrari. Ricordava perfettamente il suo disappunto nell'immaginare quell'uomo alle prese con le sue orchidee, senza la minima curiosità di vedere il mondo con i propri occhi. Ma oggi aveva capito che non era per forza necessario vedere con i propri occhi, che bastava conoscere l'umanità per poter dedurre, aveva capito anche il perchè di quel suo volontario isolamento, la prospettiva dell'età, da giovani, è inimmaginabile, l'età che cambia modi di vedere, di essere, che acuisce alcuni aspetti e toglie importanza ad altri.A volte stava giorni interi senza uscire di casa; Angela, la donna che veniva a fare le pulizie, era talmente efficiente da sollevarlo dalle molte incombenze quali la spesa, il pagamento di bollette, la ricerca di idraulici, qualora servissero, di imbianchini o di operai che potessero risolvere i piccoli problemi domestici. Molti di costoro erano anzi suoi parenti o conoscenti, in certi momenti lo aveva sfiorato il pensiero che si facesse pagare una percentuale fissa per aver procurato loro quei lavoretti e, sapendo quanto lo avrebbe indispettito scoprire che Angela faceva la cresta, aveva deciso di non indagare a fondo o la stessa avrebbe rischiato il licenziamento in tronco. Quindi aveva saggiamente preferito far finta di niente e  affidarsi alle sue mani, la conosceva da troppi anni, era meglio di una moglie, perchè non lo scocciava e a un certo orario lasciava la sua casa. Si strinse dentro il suo vecchio loden verde, un brivido di freddo lo aveva scosso. Si sentiva ancora febbricitante e la tosse lo tormentava, sopratutto la notte,impedendogli di dormire. Era datato, come cappotto, ma ci era talmente affezionato che ancora lo portava a dispetto del fatto che ormai fosse fuori moda. Anche questa, pensava, è una mania dei vecchi, quella di non buttare via mai niente, neanche i capi ormai fuori moda o quegli oggetti che ancora funzionavano perfettamente che la gente si ostinava a sostituire in nome della modernità, di uno svecchiamento che, era convinto, portasse ad allontanare l'incubo di una vecchiaia ormai alle porte, preludio di una fine che non avrebbe risparmiato nessuno. Esisteva una democrazia, dopotutto, si diceva, almeno in questo. Un pensiero non del tutto consolatorio ma si accontentava. La sala d'attesa era quasi deserta in quel pomeriggio di gennaio, accanto a lui soltanto un'altra paziente e, nell'androne antecedente alla saletta, stava lasegretariacentralinistatuttofare che ogni studio medico che si rispetti assume cercandole con il lumicino, si, poichè erano una più strana dell'altra. Nel silenzio che regnava, non si poteva fare a meno di ascoltare le telefonate che riceveva e si meravigliava dell'esistenza dei molti argomenti futili dei quali parlare, o meglio, spettegolare. Uno dei motivi per cui odiava recarsi in studio. Avrebbe preferito le visite a domicilio, ma oggi nessun medico si sposta più, a meno che tu non stia quasi per'morire'. E forse neanche allora, perchè in quel caso sarebbe arrivata la guardia medica. Nel trascorrere dei minuti, però, qualcuno cominciava a farsi vedere. La cosa si faceva interessante, avrebbe potuto cosi ammazzare il tempo cercando di studiare i vari elementi che si sarebbero presentati, avrebbe svolto quell'indagine con vera crudeltà, divertendosi, scatenando l'immaginazione, dipingendo i ritratti di ognuno con la maestria di chi scrive opere satiriche, mettendo sul palcoscenico dei veri e propri 'mostri'. Era il suo passatempo preferito, cui dava vita soltanto nella sua testa,senza per altro condividere con nessuno il piacere che gli procurava questo sport. Era certo di non essere il solo a praticarlo e molti scrittori avevano sicuramente costruito la personalità dei loro protagonisti osservando la gente comune, la gente reale, prendendo spunto, di volta in volta, da coloro che avevano attirato la loro attenzione per un qualsiasi motivo. Era altresì certo che a volte si sentiva la necessità di essere 'cattivi', per protesta, per rabbia, per frustrazione, per sfogo. E la signora appena entrata, di spunti per i suoi 'pensieri cattivi', gliene aveva offerti parecchi. Aveva scelto Laura come medico curante perchè il giorno che si era presentato all'ASL aveva notato l'indirizzo, conosceva molto bene il palazzo in cui lei aveva aperto il suo studioperchè anni prima vi si era incontrato con un cliente che ci abitava, il signor Beconi, al primo piano. Gli piaceva, quel vecchio palazzo, ormai più che secolare, sito presso una via che collegava piazza Santa Maria Novella a piazza del Duomo, gli piacevano quelle pareti che sapevano di antico, l'androne di ingresso, con le sue piante e quel divano che ricordava i salotti del secolo precedente. Negli edifici di costruzione moderna non vigeva quell'atmosfera accogliente, gli androni erano piuttosto asettici, anzi, a volte lo metteva a disagio entrarvi all'interno, lo avvolgeva sempre un senso di smarrimento. Amava i palazzi di quel tipo proprio perchè la struttura non era stata toccata, davano una rinfrescatina ogni tanto, ma nulla, niente della struttura originale era stato cambiato. Soltanto dall'ascensore si evinceva che la modernità era arrivata. Il pavimento dello studio, nel camminarvi sopra, vibrava ogni volta chela segretariacentralinistatuttofare si muoveva velocemente, sembrava stesse per sopraggiungere il terremoto. Si accedeva allo studio di Laura attraverso una porticina la cui maniglia, una maniglia piccola in ottone ormai ossidato, mai lucidato abbastanza da tornare al suo stato originale e che sembrava inafferrabile, lo metteva sempre indifficoltà al momento di chiuderla dietro di sè: infatti ci riusciva al terzo o quarto tentativo. Si chiedeva come mai non l'avessero mai cambiata o magari fatta aggiustare. Si rischiava di farsi male e le prime volte era successo. Aveva però scoperto il trucco e ora era lui a fregare la maniglia. Un ghigno intanto era comparso sul suo viso, beffardamente, rivolto a tutti quegli iniqui pensieri che gli affollavano la mente, aveva temuto che qualcuno se ne accorgesse, cosi aveva cercato di non darlo a vedere. Avrebbe rivolto la propria attenzione altrove e infatti, mentre se ne stava seduto ad aspettare il suo turno, osservava l'altra porticina, quella della toilette, se non fosse stato per la serratura, non si sarebbe neanche notata. A volte, per non annoiarsi, immaginava che dalla porticina si accedesse a un passaggio segreto che magari nel medioevo era servito ai fiorentini di una delle fazioni in cui si divideva la popolazione, guelfi e ghibellini. Ed è vicino a quella porticina che la donna appena entrata si era seduta, proprio di fronte a lui. Il suo sguardo cadeva continuamente sul suo viso, cercava di distrarsi, di far cambiare la direzione di quello sguardo indagatore da sempre, ma non ci riusciva, puntualmente era lì, puntato sfacciatamente verso di lei. E come si poteva fare a meno di guardarla? Sembrava un vero e proprio fenomeno da baraccone, una di quelle donne opulente che attiravano spettatori per la mostruosità del loro aspetto e non perchè avessero qualche deformità o cicatrici, no, soltanto perchè mettevano in ridicolo, pesantemente, i loro difetti. Ecco che la crudeltà stava per scatenarsi, stava per pregustarsi il suo divertimento preferito, generare cattivi pensieri. La signora in questione era, innanzitutto, notevolmente in sovrappeso, il suo girovita, nel guardarla di fronte, superava la larghezza delle spalle, le braccia, a causa della sua pingue corporatura, non riuscivano a posarsi lungo i fianchi, rimanendo come sospesi in aria. Il cappotto che aveva addosso non le si chiudeva neanche. Non riusciva a definire la sua età, tra i 50/55, ma avrebbe potuto benissimo essere più giovane, non se ne sarebbe stupito. Ovviamente la cosa più straordinaria del suo aspetto era il viso: intanto le sue labbra sembravano due canotti gonfiati che avrebbero potuto scoppiare da un momento all'altro, se punti da uno spillo ad esempio, caricati da uno spesso strato di rossetto rosa che le metteva ancora più in evidenza, gli zigomi e le guance erano anch'essi gonfi, la pelle non liscia, come se in gioventù l'acne le avesse lasciato i segni, Lucio pensava fosse stata picchiata o avesse fatto una di quelle orribili operazioni per aumentare il volume delle gote che, con il passare degli anni, si affloscia. I capelli erano lunghi e tinti di biondo platinato, dalla radice fino a metà lunghezza erano unti di grasso e si attaccavano al cuoio capelluto, cambiando persino colore. Lucio venne percorso da un brivido all'idea di toccare quei capelli, che uomo sfortunato, chiunque esso sia, pensò, sempre che avesse un marito o fidanzato, cosa di cui dubitava, a meno che qualcuno appartenente al suo stesso genere non fosse impazzito o possedesse il gusto dell'orrido. Certo ci voleva uno stomaco forte ad averla continuamente davanti o a svegliarsi con lei accanto, non era difficile immaginare quale sarebbe stato il suo aspetto al suonare della sveglia. Ma la cosa che più lo sconvolgeva non era la sua 'mostruosità', no, erano quei suoi occhi, assenti, occhi che fissavano un punto e sembravano non muoversi neanche per chiuderele palpebre. In definitiva gli ricordava quel personaggio di un cartone animato della Disney, Ursula, la megera - polipo che voleva rubare la voce alla Sirenetta. Nei venti minuti in cui era rimasto seduto davanti a lei, la signora non aveva girato lo sguardo, non si era mossa, non aveva scambiato una parola con gli altri che, nel frattempo, erano arrivati. Sguardo assente e assenza di pensieri? Lucio pensava a come la gente non solo non faceva niente per curare la propria salute, il proprio aspetto, ma addirittura ne peggiorava le condizioni mettendosi cosi in ridicolo. Bastava farsi un giro in città per constatare il degrado avvenuto nel corso degli anni. Non era certo un fanatico della bellezza, non si sentiva un esteta ma, diosanto, la trasandatezza, la trascuratezza erano segno di abbandono, di quel lasciarsi andare mentalmente di cui il corpo pagava poi le conseguenze. Non per niente gli antichi romani dicevano 'mens sana in corpore sano', quando un corpo è malato è segno che anche la mente lo è. Finalmente Laura si era liberata e anche lui, per fortuna, di quella vista, abbandonando cosi quei lugubri e cattivi pensieri. Era cosciente che, pensando in modo cattivo, alla fine, il divertimento gli avrebbe nuociuto. Laura, adesso, avrebbe accolto un Lucio molto più disponibile, poichè, nel raffrontarla alla donna dalle labbra a canotto, il suo medico le sarebbe sembrata quasi bella. - Carissimo Lucio, che piacere rivederla....quanto tempo...                   Al suono della sua melliflua voce, la sua fantasia si scatenò immediatamente e immaginò di essere un serial killer che mette a tacere la scocciatrice solo per il piacere di chiuderle la bocca recidendole di netto la giugulare. Ma chiudendo la porta non potè fare altro che rispondere altrettanto mellifluamente: - Cara dottoressa....                                                                                                                 - Ancora con questi formalismi! - lo interruppe alzandosi e girando intorno alla scrivania per salutarlo come si deve - mi chiami Laura, non è così difficile...glielo chiedo da tanto tempo...                                                                 Quello che doveva essere un sorriso si era trasformato in un ghigno mostruoso mentre la vedeva avvicinarsi e gli sembrò di avere davanti il polipo - megera. Mio dio! pensò tra sè, spero di non avere un incubo stanotte. Si lasciò abbracciare senza ricambiare l'abbraccio. Le sue enormi tette premevano contro il suo petto sentendosi mancar il respiro. La respirazione riprese  il suo ritmo regolare appena sciolto da quella morsa quasi mortale, si lasciò cadere sulla sedia, ormai prigioniero dei suoi tentacoli.