Creato da TriestinCoccolo il 22/09/2006
zibaldone, brevi racconti di vita vissuta o fantasticata

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SPADONE...

Post n°19 pubblicato il 23 Settembre 2007 da TriestinCoccolo
 
Foto di TriestinCoccolo



Tutto ha avuto inizio con un nome, ed una pizzeria.

Quella fu la prima sera che decisi di uscire. Era il primo incontro della

chat di Libero “35 anni e dintorni”. La chatleader, Panarea, aveva organizzato

tutto: tavolata riservata alla Pizzeria Destino, magliette col logo “Libero Comunity”

per tutti, ognuno col suo nickname.

Dimenticavo di presentarmi: mi chiamo Luigi, 38 anni, lavori in banca all'Ufficio

Contabilità, vivo con mamma, i miei hobbies chattare e raccogliere francobolli.

Mamma mi aveva detto che per una sera in pizzeria oggi si spende troppo,

chissà chi avrei incontrato e poi avrei preso freddo. .

Per una volta, quella sera, vinse la curiosità; volevo vedere le persone con le quali

avevo condiviso tante sere, scoprire se erano veramente come sembravano, o

come le immaginavo io.

Ero l'unico in giacca, cravatta, mi ero anche messo un profumo che avevo trovato in bagno, di gran marca, ancora di papà. Eppure nessuno mi notò. Tutti a scambiarsi esperienze, informazioni, ammiccamenti, risate. Sembrava nessuno mi

vedesse ed io avevo perso il coraggio che trovavo le sere, schiacciando la mia paura di comunicare con qualcuno sui bottoncini della tastiera.

A fine serata, come gesto di fratellanza, Panarea propose che ognuno regalasse la sua maglietta all'amico di fronte, cosi' , dovendola restituire, faceva già una promessa di venire alla prossima cena. Tutti aderirono entusiasti.

Di fronte a me c'era “Spadone”. Lui è da sempre il centro della chat, ed in pizzeria fu il centro della serata. Alto, palestrato, abbronzato, viso da gran furbo. Si vanta di essere campione in tutti gli sport, avrebbe alle spalle una vita piena di viaggi, business, avventure... Favoleggia sulla sua villa, racconta i suoi problemi contingenti di trading, ma il vanto che lo ha portato alla fama sta, dicono, gran parte nel nick., che io non ho mai capito. Quella sera, nelle amiche “di stanza”, non c'erano più parole da scrivere, sembrava parlassero tra di loro tutte con gli occhi : diverse tra loro lasciavano intendere, con sguardi e sorrisi, di essere state con Spad, e cercavano l'invidia nello sguardo della vicina.

Scambiare o no la maglietta con lui? A me non sembrava simpatico, faceva quasi paura, e poi mamma dice che uno che lavora all'ufficio contabilità di una banca deve sempre avere addosso una camicia.

Mi venne in mente, sconsolato, che in quello scambio avrei avuto la prima prova quella sera della mia esistenza, cosi' accettai.

La mia vita solitamente è ordinata. Ore 6.45 mamma mi sveglia e mi prepara la colazione. Alle 7.30 prendo l'autobus che mi porta al lavoro, dove inizio alle 8.15.

Alle 13.30 interrompo le spunte per mangiare quello che mamma mi ha preparato e messo nel borsellino. Alle 17.45 faccio due passi in centro città e arrivo a casa prima di cena.

Non mi capita quasi mai di parlare con qualcuno, così quando mamma va a dormire vado in chat. Lei è contraria, mi lascia stare solo mezz'ora, dopo aver

messo sul computer tutti i filtri che esistono nella rete, affinchè, dice, non veda

robe sporche.

I gjorni seguenti alla cena ero ancora emozionato, felice: non avevo mai visto tante ragazze in una sera! Mi sentivo turbato, avrei voluto ripetere subito quell' esperienza che pure per tanti versi mi aveva agitato prima e sconsolato poi.

Quasi per riviverla, decisi di fare il mio giretto in città con la maglietta della chat addosso.

Già lunedì accadde la prima, inaspettata, sorpresa. Alla fermata dell'autobus una donna mora, alta, formosa, vestita elegante mi fissava insistentemente, guardando la maglietta e cercando il mio guardo.

Certo, non era certo una tshirt elegante ma non capivo tanta meraviglia...

La donna insisteva a fissarmi ed io che buttavo gli occhi dappertutto. Ad un certo punto sorrise e si avvicinò :

  • Non avrei mai pensato ! Cosi' sei tu Spadone. Tu! Io sono DamaNera,

    è stata Cucciolona a parlarmi di te.. e nei minimi dettagli, sai? “ -

aggiunse accentuando il sorriso. “ Quella troia!.. scusami se mi permetto, ma...

sai... “ Il sorriso le diventò ancora più grande, l'apertura della pelliccia anche.

  • Ma perchè non andiamo a prendere un caffè? “

Quella fu la prima sera che tornai a casa tardi, senza avvisare mamma.

Avrei voluto farlo ma accadde tutto in fretta, mi sentivo dentro un turbine,

tremavo, sentivo un gran calore, non riuscivo a dire niente.

Presi una gran sgridata a casa, ma non ero nemmeno capace di sentire,di concentrami. Mi sentivo camminare sospeso per aria, volevo solo entrare in cameretta e sdraiarmi sul letto, per sentirmi avanti come disteso su di una nuvola.

Il giorno dopo, finito il lavoro, mi rimisi la maglietta, che a casa continuavo

a nascondere.

Stavo passeggiando per il Viale, quando mi avvicino un tale.

Sai chi sono io, stronzo? Eh ? Lo sai chi sono io ? “

Aveva due occhi pieni di odio, un viso stravolto, vene che sembravano dovessero uscire da quel collo taurino.

Urlava tenendomi per il collo, io mi guardavo attorno ma non trovano nessuno che

trovasse il coraggio di salvarmi.

Riuscii a balbettare qualcosa. “Signore... lei sta sbagliando persona... io non conosco nessuno.. “.

  • Neanche io ti conosco e non voglio conoscerti! Sono il ragazzo di Viki, merdone, hai capito ? Le sue amiche mi hanno raccontato tutto... della chat, dei pvt... della sera in macchina al parcheggio a Miramare. Bastardo, tu te la devi dimenticare, hai capito? ..”

Non riuscii a dire niente perchè inizio subito una serie di calci e pugni che mi lasciarono a terra, senza fiato. Quando quell'orso si fu allontanato

qualcuno accorse per aiutarmi ad alzarmi, si offerse di accompagnarmi al pronto soccorso, cosa che rifiutai. Una donna mi consegnò i miei occhiali, ritrovati qualche metro più in là.

Un uomo il telefonino. Ma mamma non mi ha mai lasciato avere un cellulare:nella collutazione doveva esser caduto dalla tasca dell'orso.

Altro ritorno a casa quindi con urla e pianti di mamma. Raccontai che ero scivolato dai gradini del centro commerciale, ma non la convinsi molto.

Ero veramente malconcio, ed avevo anche qualcosa in mano che mi avrebbe consentito di risalire, in una denuncia, a quel pazzo.

Mi sembrava però, in certi momenti, di non sentire nemmeno i dolori: il cuore pulsava, sentivo che da tre giorni avevo qualcosa da raccontarmi,

accadeva sempre qualcosa che mi faceva sentire vivo.

Giovedì sera (incredibile, non era mai successo in 38 anni, pensavo fosse il profumo di papà) mi fermò , allegra ed entusiasta un'altra ragazza. Questa volta molto più giovane della mora impellicciata, e senza la vera sul dito.

Sabato decisi di fare la passeggiata verso Città Vecchia.

Da non crederci, un altro pazzo che , senza averlo mai visto, ce l'aveva proprio

con me.

Senti un po', testina, sabato in una stanza privata avevi promesso a Maurodgl, il mio miglior amico, la roba della miglior qualità. Avevamo già trovato due tipe per una serata speciale e ti abbiamo aspettato come due, anzi come quattro stronzi, all'appuntamento, facendo una figura di merda incredibile. Sai quanto ci hanno deriso e maledetto quelle due? La devi pagare , bastardo! “

Mi spinse violentemente contro il muro. Io non ho mai picchiato nessuno.

Dall'asilo a scuola, se qualcuno mi faceva qualcosa correvo da mamma.

Non ho fatto il militare perchè ero già senza papà, sennò non avrei retto agli scherzi. Anche quelli delle classi inferiori riuscivano a farmi paura.

Sarà stata la rabbia, il colpo della mia schiena e soprattutto della mia testa contro il muro. Sarà che ero già da giorni che mi sentivo un fuoco dentro.

Corsi velocemente verso il tipo, chiusi gli occhi e con tutta la forza possibile

diedi il primo pugno della mia vita. Riaprii gli occhi e lo vidi a terra, col naso sanguinate. Si stava per rialzare ma continuai a dargli calci e pugni finchè non venne un suo amico a portarlo via.

Lascia... via! Questo è mica uno che scherza “.

Pensavo sì a mamma, al fatto che per la prima volta avevo fatto del male a qualcuno, ma sentivo anche dentro delle scosse bellissime che mi attraversavano il corpo, adrenalina, calore, il petto che si gonfiava.


Sono passate settimane da quelle prime giornate, e tutte intense.

Il computer non lo accendo quasi piu'. L'unica “finestra” che si apre, questa sera, è

quella di questa stanza ad ore, in un hotel del centro. Ci sono seduto vicino, fumo e mi bevo il mio Jack.

Il mio “profilo” preferito è diventato quello di Viki, che sto osservando incantato.

E' nuda sul letto, girata verso la porta. Non so se dorme o sta pensando a come tutto sia successo in maniera così travolgente, dal giorno che l'ho chiamata al cellulare.

Sono felice così, la vecchia stasera non mi va di avvertirla.

Quella luce forte del video che mi intontiva, quel rumore di tasti che cancellava

un silenzio assordante non mi servono più. Panarea continua a chiedermi conferma per la seconda cena

ma io questa maglietta, oramai, me la sento cucita addosso.




 
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