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SONO ORE DURE PER IL SIGNORE E NOI , VISTO CHE ITEMPI IN LUI NON CONTANO, STIAMOGLI VICINO
Post n°902 pubblicato il 28 Marzo 2015 da sebregon
V SETTIMANA DI QUARESIMA - SABATO
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. Gv 11, 45-56
Per chi è abituato a guardare a Gesù come si fa con santino o a liquidarlo col dire che per credergli ci vuole la fede sarà colpito nel leggere questo brano che invece lo inserisce in un contesto storico ben preciso ed all’interno di dinamiche dal profilo altamente politico. Certo non si arriva a Gesù tirando le fila logiche di un discorso, non perché il mondo della logica non contenga delle verità, ma semplicemente perché Gesù è una persona concreta e dunque come per ogni avvicinamento tra persone occorre che si aprano delle porte che solo la reciproca accoglienza può spalancare. .
. Gesù, essendo uomo come noi non voleva morire, e dunque si ritira nel deserto. Nel passato, a cominciare dalla sua nascita, le forze avverse hanno sempre cercato di ucciderlo. Non c’era pace per lui, costretto alcune volte a mettere in opera i suoi poteri, pur di non cadere in mano dei nemici. E questo è comprensibile perché il Signore Gesù doveva portare avanti la sua missione e far conoscere al mondo il motivo della sua venuta ed i doni che si portava in serbo (guarigioni, liberazione dalla schiavitù del peccato, l’essere dono di Dio in questo mondo e non erba del campo che oggi cresce e domani non c’è più, l’essere figli di un Padre buono ecc.). .
. Gesù aveva dunque bisogno del suo tempo e quei tre anni della sua vita pubblica sono stati sufficienti. Gesù ha solamente spostato nel tempo il suo confronto decisivo con le forze avverse ma alla fine, siccome per questo era venuto nel mondo, e cioè per completare la sua opera, ecco che nel suo ritiro dobbiamo scorgere il momento in cui si raccoglie per affrontare la sua andata a Gerusalemme ed il suo confronto con chi non aspettava altro che farlo fuori.
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. Gesù sa che lo uccideranno ma non fugge, come del resto non sono fuggiti Falcone e Borsellino, né quanti, pur sapendo d’essere nel mirino della mafia o di qualsiasi potere diabolico, rimangono al loro posto per coerenza verso i loro valori. Per noi è difficile calarci nel mondo ebraico di quei tempi ma il riferimento a Caifa ed al fatto che ha profetizzato in quanto sommo sacerdote di quell’anno ci colpisce perchè la profezia è stata pronunciata da chi era la persona istituzionalmente più importante in relazione alla figura storico- divina di Gesù. Le parole della profezia hanno di fatto nel piano divino una estensione infinitamente superiore a quelle date dal Sommo sacerdote. Gesù infatti affronta la sua sorte per uno scenario che non è solo quello del popolo ebraico, ma quello dell’uomo di tutti i tempi: Egli affronta la morte per sconfiggerla.
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. Gesù che risorge e che si fa vedere in giro da migliaia di persone per quaranta giorni vuole dire all’uomo che la morte fisica non cancella la vita dell’uomo perché ve n’è un’altra a cui si può partecipare solo che su questa terra si amino i fratelli sul suo esempio e Colui da cui arriva ogni dono.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo illumina la mente degli uomini perché essi vedano la grande luce portata da Gesù su questa terra, ne ammirino la coerenza e soprattutto l’ardore con cui ha voluto amarci di un amore senza ritorno e cioè proprio come vorremmo essere amati noi.
Michele Sebregondio
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