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TESTIMONIARE STANDO UN PASSO INDIETRO MA CON IL PETTO AVANTI PER DARE SPAZIO AL MAESTRO DELLE NOSTRE VITE
Post n°344 pubblicato il 10 Novembre 2010 da sebregon
10 NOVEMBRE
Tt 3, 1-7
Questa bella testimonianza di Paolo va a toccare un nervo scoperto del nostro essere cristiani. Oggi si rifugge per falsa umiltà e per incomprensione della propria vocazione dal fare dichiarazioni simili a quelle di Paolo. Ci si immerge troppo nella propria soggettività limitata oscurando le opere che Dio compie in noi. E le compie ogni momento. Il gioco al ribasso che viviamo nella nostra esperienza cristiana nasce dal gettarci addosso una negatività che è invece propria del mondo che non conosce la vita in Cristo. La bella verità della posizione di Paolo scaturisce netta dall’attribuire alla misericordia di Dio la salvezza e non alle proprie opere. Salvezza da non ridurre alla sola salvezza personale ma come ad un entrare in una vita nuova e cioè nel regno di Dio dove il prossimo è fratello e non si vive più in quel clima malefico descritto da Paolo:: “Anche noi un tempo eravamo insensati, disobbedienti, corrotti, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell’invidia, odiosi e odiandoci a vicenda.”. Perché non riusciamo a dare la stessa testimonianza di Paolo? E’ l’Apostolo stesso che può aiutarci. Egli scrive a Tito perché ricordi alla sua comunità cristiana che cosa significhi essere cristiani ed è davanti a loro che egli si prende la responsabilità di parlare e di testimoniare. Ecco per uscire fuori dalla falsa umiltà per cui si ha paura che gli altri pensino che noi ci si presenti come modelli, e quindi per essa si tace, occorre non essere fini maestri del dire ma testimoni che mettono in campo la propria autobiografia. Il proprio essere stati lontani da Dio e dai fratelli e cioè l’aver vissuto anche noi avvolti nelle pieghe del male. Quando poi si è tra cristiani anche qui, come del resto fa Paolo scrivendo a dei cristiani, occorre sapersi giocare la via della testimonianza. Per questo è fondamentale per la comunità saper percepire lo spazio cristico. Sembra un concetto astruso ma è di una concretezza formidabile e cioè quando i cristiani stanno assieme lo fanno nel nome di Cristo e quindi è giusto che la sua presenza, anche se fisicamente assente, sia quella che permetta loro di stare assieme in modo diverso da come si sta assieme nel mondo. E se si sta assieme nella presenza di Cristo è bene trovare, quando l’occasione lo richieda, il modo di esortare al bene partendo da quei momenti in ci siamo stati lontani dall’amare Dio ed il prossimo ma per portare alla fine una testimonianza diversa. Oggi abbiamo bisogno di uscire dai cunicoli dell’inesistenza cristiana per fa apparire la grandezza del nostro Maestro che è grande non alla maniera umana ma perché ha dato delle risposte efficaci e complete alla nostra esistenza qui sulla terra. E non si turbi il cuore di chi legge queste righe pensando che qui si vogliano escludere altre fedi. Ognuno sia benedetto nella sua e se la tenga se non ne trova una migliore. L’importante per tutti è partecipare alla crescita di mondo nuovo dove l’odio ed il sangue recedano definitivamente.
La nostra vita e la Parola
Spirito del Signore, liberaci dalla paura di testimoniare il bene ma aiutaci sempre a farlo senza vanagloria.
Gabriele Patmos
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