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Post n°900 pubblicato il 26 Marzo 2015 da sebregon
V SETTIMANA DI QUARESIMA – MARTEDI’
Gv 8,21-30
Il vangelo di Giovanni, sempre più ‘intellettuale’ degli altri, pone in primo piano la domanda su “Chi è Gesù?”. E in questo brano la risposta è chiara nella sua enigmaticità.“Io sono” richiama la dichiarazione “io sono colui che sono” fatta da Jahvè a Mosè ((Esodo 3.14), quindi Gesù afferma di essere Dio. E chi non gli crede morirà nel peccato. Affermare di essere Dio (o di essere l’Essere) suona blasfemo, o quanto meno incomprensibile, ai giudei. Che non capiscono nemmeno i riferimenti al Padre fatti da Gesù, che ribadisce di essere stato mandato da Dio per annunciare la verità. Verità che, aggiunge, “renderà liberi”. Un brano difficile, duro, in cui Gesù ribatte alle accuse dei farisei che lo incalzano, prendendo alla lettera le sue parole che parlano invece su un piano diverso. Non è infatti in gioco una mera logica temporale: “Tu non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?” chiedono alla fine del brano, ingenuamente, i giudei. E Gesù ribatte: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse nato, io sono”. Su quell’ “Io sono” si gioca tutto. Credere o non credere, senza pretese di comprensione logica.
Alessandra Callegari ---------------------------------------------------
Gesù confessa che fa sempre le cose che sono gradite al Padre e questa sua dichiarazione ci colpisce in profondità perché noi non facciamo quasi mai le cose che sono gradite a Dio. Il nostro punto di riferimento, ed è doloroso constatarlo, è il bozzolo che ci siamo costruiti lungo la vita da cui siamo condotti e stampigliati. E quanto sia grande questa forza che ci plasma e ci orienta lo vediamo dalla diversità dei mondi interiori delle persone. Ognuno di noi è così diverso da un altro che davvero dobbiamo prendere atto che nell’essere diversi tantissima parte lo dobbiamo a noi stessi. E qui non mi riferisco alla bontà che abita pure il mondo della diversità, ma la abita più nel farci sentire più simili che dissimili, parlo invece di quell’essere diversi che è frutto proprio del volerci creare da noi e non in ascolto del Signore Dio per farlo contento. Ecco questo nostro essere da noi è proprio quello che ci fa differenti da Gesù che in nulla s’era fatto da solo ma in tutto dipendeva dal Padre suo. Imparare da Lui l’umiltà per conformarci ai sui desideri ecco cosa ci può convenire veramente. Ed è stupendo sentire dalla sua bocca questa meravigliosa confessione che ci allarga il cuore perché lo riempie di luce magari abbattendo quelle nostre costruzioni a cui tanto teniamo. La nostra vita e la Parola Spirito Santo, abbiamo sempre bisogno del tuo aiuto per allargare le fessure del nostro essere in modo che s’aprano spaziose finestre da cui può entrare la tua luce. Michele Sebregondio
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