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Messaggi di Ottobre 2013

 

SIAMO ATTESI ED IL SIGNORE GESU' SI PRESTA AD ATTENDERCI.NESSUNA CONDANNA MA INFINITO AMORE DI CHI VUOLE SOLO IL NOSTRO CUORE

Post n°717 pubblicato il 31 Ottobre 2013 da sebregon

XXX SETTIMANA – GIOVEDÌ

 

 

 

 

 

 

Lc 13, 31-35

 
In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere». Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”». 



In queste parole del Signore c’è tutto il sapore della verità riguardo alle cose che è venuto a fare in questo mondo (scacciare i demoni e guarire), tutto il dolore per ciò che gli accadrà assieme ad una divina suprema distanza ma anche il dolore per chi pur conoscendolo non l’ha accolto.

 

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L’opera di Gesù è stata tanto tenera quanto è tenera per noi contemplare la chioccia che raduna sotto le sue ali i pulcini. E alla fine di queste sue parole nessuna condanna ma la pura attesa di chi ama veramente e cioè il ritorno dell’amato.

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Il Signore attende perché sa che vi sarà un ritorno e che se inizialmente vi è stato un rifiuto  questo sarà logorato dai secoli fino a quando l’opposizione che si è condensata,  tanto da poter durare a lungo, si scioglierà e non rimarrà altro che riconoscere l’inconsistenza del rifiuto.

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Allora a Gesù verrà riconosciuto come benedetto  e cioè come colui che non ha portato avanti se stesso ma il suo Signore. Fino a quel momento la casa sarà priva della sua presenza e lasciata alla sola responsabilità di chi non l’ha riconosciuto. 

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Sul piano personale, e cioè della vita di ognuno di noi, succede la stessa cosa quando non vogliamo far entrare il Signore nella nostra vita ma fare tutto da soli. Ed il Signore ci lascia fare ma aspetta, aspetta la nostra benedizione, che un giorno o l'altro lo riconosciamo come il vero e grande amore della nostra vita.

 

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Fino a quando cioè non facciamo nostre le parole di Paolo. “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?”. Allora sull’esempio di Paolo dobbiamo crescere sempre in questo amore ed egli di sicuro ci aiuterà  perché sa che siamo piccoli e senza forze:basta chiederglielo!

La nostra vita e la parola

Spirito Santo che conosci la passione di Gesù per noi perché sei il suo Spirito aiutaci ad amarlo con tutta la forza del nostro cuore e della nostra intelligenza ma di più  con  una scintilla di quel Suo infuocato amore.

Gabriele Patmos

 
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PIU' PROFONDO DI OGNI NOSTRO AGIRE C'E' QUELLO OFFERTO E DIMORANTE IN DIO

Post n°716 pubblicato il 28 Ottobre 2013 da sebregon

28 OTTOBRE
SANTI SIMONE E GIUDA, APOSTOLI

 

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 Lc 6,12-16


 
In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti. 

 

Il primo spiazzamento di fronte a questa Parola ci sorprende proprio all’inizio quando apprendiamo che Gesù prima di scegliere i suoi apostoli prega tutta la notte. La nostra meraviglia consiste nel fatto che molte volte immaginiamo  Gesù così consistente in se stesso da poter prendere qualunque decisione senza bisogno di starsene a pregare Dio.

 

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In che cosa consiste allora la preghiera di Gesù visto che Lui ed il Padre sono una cosa sola? Queste domande ci aiutano a ricevere le prime risposte sulla comunicazione intratrinitaria. Se infatti il nostro Dio fosse solo uno Gesù sarebbe solo un grande e santo uomo che si rivolge al suo Dio e ciò rientrerebbe nel comune sguardo su Dio e l’uomo che un qualsiasi uomo può gettare su Dio.

 

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Sappiamo però che per noi credenti Gesù non è soltanto uomo ma vero Dio e dunque la sua preghiera ci introduce in quel rapporto tra Padre e Figlio che è lo Spirito Santo. Allora quando Gesù prega dobbiamo credere che egli doni al Padre la sua vita e tutto ciò con cui viene in contatto e nello stesso tempo presenti, in questo caso i futuri apostoli, sempre al Padre perché se ne prenda cura e li aiuti a compiere la missione che sarà loro affidata. 

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Il movimento d’amore del Figlio verso il Padre e la risposta del Padre verso il Figlio è lo Spirito Santo che, anche se in modo ancora non palese, sarà dato al momento dell’elezione dei futuri apostoli. Troviamo dunque nella preghiera di Gesà l’offerta, l’accoglienza del sì del Padre e il dono dello Spirito santo.

 

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Se invece ci fossimo trovati di fronte a un Dio non Trino ed Uno ma solo Uno la preghiera del più santo tra gli uomini non avrebbe avuto quella pienezza e forza di esaudimento che invece ha in Gesù.

 

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La sua preghiera inoltre getta una luce sul nostro fare in cui quasi per la totalità dei casi, se non sempre, agiamo senza metterci prima di fronte a Dio per consegnargli ogni nostro pensiero e nostro futuro agire.  Il fatto  è che ci percepiamo come unica sorgente delle nostre azioni senza  essere in quella profondità divina in cui Dio ci vuole e da cui deve prendere movimento ogni nostra azione.  Se riuscissimo allora a pregare prima di agire le nostre scelte ed azioni  inizierebbero sempre in Dio, dimorerebbero in Dio ed in Lui finirebbero.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo che sei incrocio d’amore tra Padre e  Figlio fa che anche noi impariamo a non pensarci come agenti solitari ma, sul vostro esempio, sponda di un infinito amore.

 

Gabriele Patmos

 
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SERVIRE UN'IDEA O UNA PERSONA SIGNIFICA DARE BUONI FRUTTI

Post n°715 pubblicato il 26 Ottobre 2013 da sebregon

 XXIX SETTIMANA - SABATO


 

 

 

 

 


 

 

Lc 13, 1-9


 
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».  

 

La bontà misericordiosa di Dio rimane tale ma non può esimersi dall’esercitare la giustizia. La sua misericordia è in quel mettersi davanti a chi frutto proprio non ne vuol dare e dargli ancora delle possibilità.

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La giustizia consiste nel considerare che la vigna occupa uno spazio e questo spazio, che poi è la terra, non puo’ rimanere infruttifero per lungo tempo. La terra, e quel suo spazio che lo delimita, non può e non deve essere sottratto a quel flusso di vita che è proprio di tutto l’universo.

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Anche a noi stringe il cuore quando ci troviamo di fronte ad una terra infruttifera  perché sentiamo che la sua vera destinazione è quella d’essere coltivata a meno che su di essa non si sono fatti altri piani,ad es., l’essere destinata ad un parco. Tuttavia anche in quest’ultimo caso rimarremmo all’interno del concetto di frutto in quanto non di frutto materiale si tratterebbe ma di un frutto immateriale legato al godimento  del verde, dei fiori e delle presenze animali che l’attraversano.

 

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Ora uscendo fuori dalla metafora possiamo dire che il Signore ci ha dato la vita perché noi la coltiviamo, la curiamo e la facciamo crescere ma se nulla di tutto questo  accade allora quella vita che ancora, per misericordia, teniamo in mano si rinsecchisce ed è esposta alla morte.  Nella parabola troviamo che è il vignaiolo a provare compassione per la vigna su cui ha tanto sudato e per noi questo vignaiolo è proprio Gesù che chiede al Padre di pazientare nell’esercitare il suo giusto diritto di togliere dai viventi chi occupa uno spazio vitale diventato un buco nero denso di energie distruttive.

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Gesù ci cura inviandoci  tramite il suo Santo Spirito le giuste intuizioni e la forza per far sbocciare la nostra vita perché renda per noi e per gli altri tanti buoni frutti.

 

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La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo. che ci proteggi e  soccorri nelle necessità. adoperati, anche con maniere forti, nel caso ci trovassimo nella triste situazione della vigna: abbiamo sempre bisogno di concime e del tuo zapparci attorno per rimanere sensibili ed accoglienti verso ogni dono che ci fai.

 

Gabriele Patmos

 
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UNA SOLA SCINTILLA DEL SUO FUOCO D'AMORE BASTEREBBE A SANARE TUTTA L'UMANITA': ma questa se ne accorge?

Post n°714 pubblicato il 24 Ottobre 2013 da sebregon


XXIX SETTIMANA - GIOVEDÌ


 


 

 

 

 

Lc 12, 49-53
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».


Un brano intenso, pieno di emozione e di passione. Mi piace questo Gesù che dice “sono angosciato”. Sento la sua umanità, la sua intensità, la sua fragilità e la sua forza insieme. Un Gesù venuto a gettare fuoco, e che fuoco!

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Si è acceso e si è sparso su tutta la terra, portando in effetti anche divisione. Una divisione, direi, in parte molto diversa da quella preannunciata. Gesù intendeva che la forza delle sue idee avrebbe creato scompiglio, mettendo a nudo contraddizioni e ipocrisie. E lo ha fatto.

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Purtroppo il suo messaggio, travisato e manipolato da alcuni, ha portato anche divisioni che, credo, non avrebbe voluto. E che non hanno reso giustizia al suo messaggio. L’effetto dirompente di un messaggio come il suo, del resto, crea divisioni ancora oggi, lungi dal portare pace. Perché l’amore da lui annunciato è un amore di verità, che molti esseri umani ancora non sanno vedere, lungi dal saperlo sostenere e testimoniare.

 

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L’angoscia di Gesù, quindi, non è finita. A noi, a ognuno di noi, il compito di stare con questa angoscia, di non voltarci dall’altra parte. Ognuno per quanto è in grado di fare.

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Alessandra Callegari

 

 
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PER NON VIVERE UNA VITA DISATTENTA ALLA PRESENZA DEL SIGNORE OCCORRE SCENDERE PIU' IN PROFONDITA' CHE LA NORMALE VITA QUOTIDIANA

Post n°713 pubblicato il 23 Ottobre 2013 da sebregon

 22 OTTOBRE
XXIX SETTIMANA - MARTEDÌ
BEATO GIOVANNI PAOLO II, PAPA (m)

 


 


 

 

 

 

 

 

Lc 12, 35-38

 
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!». 

 

Queste parole di Gesù sono un richiamo forte alla vigilanza del cuore perché non si attardi in cose di poco conto perdendo di vista l’essenziale. Ora se la nostra disposizione d’animo è impegnata a contemplare  solo lo spettacolo di questo mondo come potremo accorgerci dell’arrivo del Signore?

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Quando arriverà e  ci troverà distratti da altro ci lascerà alle nostre incombenze, ma il suo non è un atto di vendetta o cattiveria ma soltanto che egli non può e non vuole imporsi. La relazione con Lui o è reciproca o non può esistere. Come il Signore è venuto di persona a cercarci in questo mondo così vuole che Lo si cerchi. 

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Accendere la lampada significa fare tutto ciò che è umanamente in nostro potere per dirgli che lo amiamo, che lo vogliamo, che lo attendiamo. E’ pur vero che le distrazioni non mancano e possiamo passare intere ore o giorni dimenticandoci di Lui ma al Signore questo non importa se si tratta dell’essere presi da qualcosa che ci svia momentaneamente.

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L’importante è che l’anima, abituata a stare alla sua presenza,  dopo un po’ vi ritorni magari chiedendo scusa e perdono per essersi fatta fagocitare da altre cose. Noi possiamo essere esposti a due calamite e se abbiamo scelto quella del Signore allora anche se per un po’ distratti torneremo con gioia sicuramente a Lui.

 

 

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Se invece capita che pur riconoscendo che Lui è il nostro Signore ce ne scordiamo veramente ecco che il rapporto si incrina veramente.

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E’ da notare che Gesù qui svolge il suo discorso in positivo e cioè lodando la bellezza di trovare pronto ed amante chi va a visitare. In un’altra occasione, quella delle vergini stolte, invece mette davanti ai suoi interlocutori la gravità del fatto di non trovarle pronte e con la lampada accesa al suo passaggio. Qui ognuno di noi deve mettersi la mano sulla coscienza e verificare se la propria lampada è accesa ed ha olio a sufficienza.

 

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Il modo per avere la lampada sempre accesa è a portata di mano di tutti: basta chiedere alla Spirito Santo l’olio e la nostra lampada sarà sempre accesa.

 

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La nostra vita e la Parola

 

Spirito  Santo soccorri la nostra pochezza e le poche forze che abbiamo nel voler mantenere accesa la nostra lampada,

 

Gabriele Patmos

 
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UCCIDERE IERI COME OGGI SEMBRA LA SOLUZIONE PIU' FACILE PER RISOLVERE I PROBLEMI DELL'UMANITA' : CHE DISASTRO!

Post n°712 pubblicato il 17 Ottobre 2013 da sebregon

XXVIII SETTIMANA DEL T.O.  - GIOVEDÌ
SANT'IGNAZIO DI ANTIOCHIA
Vescovo e Martire

 

 


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Lc 11, 47-54

 
In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite. Per questo la sapienza di Dio ha detto: “Manderò loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno”, perché a questa generazione sia chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall’inizio del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l’altare e il santuario. Sì, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. Guai a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza; voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito».Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo in modo ostile e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca. 

 

Una delle tante pagine in cui viene messa in evidenza la differenza fra il messaggio di Gesù e quello dei “dottori della Legge”, che si fonda sull’ipocrisia e su una interpretazione delle Scritture mirata più a detenere e a mantenere il potere che alla trasmissione della Parola e alla diffusione della Verità.

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In nome della verità molti profeti sono stati uccisi, e molti lo saranno, dice Gesù, e denuncia il fatto che il messaggio di Dio sia stato trasmesso da scribi e farisei in modo rigido, formale e privo di amore. Proprio in nome di questo amore egli invita i propri discepoli ad andare nel mondo e a rischiare la vita, se necessario, pur di non tradire il messaggio.

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Mi sembra – in altre parole – un invito ad aderire alla Verità, anche laddove l’autorità non la rappresenti più. E per me, che ho seri problemi a riconoscere un’autorità se non la sento vera, questo invito risuona molto forte…

 

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Alessandra Callegari

 
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VIVERE CON LA TENSIONE D'ESSERE PARI A QUALCOSA CI DISARTICOLA DAL MONDO DEL DONO ED IMPOVERISCE LA NOSTRA VITA

Post n°711 pubblicato il 14 Ottobre 2013 da sebregon

15 OTTOBRE
XXVIII SETTIMANA DEL T.O. ANNO DISPARI - MARTEDÌ

SANTA TERSA D'AVILA (m)
Vergine e Dottore della Chiesa

 

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 Lc 11, 37-41 


 
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».

 

Ad una prima lettura si è portati a credere che le leggi di purità riguardano solo il popolo ebraico o quelle culture in cui la stretta osservanza dei rituali è creduta essere la giusta risposta a quello scombinìo del mondo esterno a cui invece proprio con l’osservanza rigorosa si vuole rimediare.

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Fare le cose secondo un certo ordine per questo tipo di cultura significa anche mettersi a posto con la propria coscienza. Ora però dobbiamo chiederci se anche oggi abbiamo qualcosa di simile o semplicemente ci troviamo di fronte a qualcosa che è ormai stato spazzato via dal nostro modo di vivere contemporaneo.

 

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Ed allora chiediamoci se c’è qualcosa che possa richiamare una osservanza esterna che procuri nel sentire comune una pacificazione della coscienza. Forse vi sono tutta una serie di adempimenti che possono procurare una certa patina di perbenismo, ad es., la capacità di stare in società avendo pagato tutte le bollette o quella di essere perfettamente aggiornati su  che cosa ti fa sentire vivo nel giro della società della modernità da facebook a twitter o ad altri ritrovati tecnologici dell’ultimo grido.

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Possiamo esercitarci a cercare dentro di noi ciò che ci fa sentire ok  e non solo in relazione a cose esterne ma anche che riguardano la nostra intelligenza come la cultura, gli hobby e così via. Ed allora cosa c’è oggi di  comune con quelle antiche culture che mettevano al centro l’osservanza di alcuni rituali? Molto perché sia nell’uno che nell’altro caso ciò che manca è la dimensione del dono.

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Non vi possono essere infatti  regioni del nostro essere che vanno per conto loro, e cioè che servano solo  se stesse, ma tutte devono in qualche modo essere inscritte in un’accoglienza che si fa dono. Solo così si rimane giustificati e cioè puri.

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Essere a posto con la giustizia imposta esternamente dalla società non è qualcosa di negativo, anzi, di meritorio ma questo merito non può essere fatto valere di fronte a nessun tribunale dell’essere che invece gradisce essere visitato da coloro che gli portano doni. Gesù ci fa capire che perseguire solo una purità esteriore ci consegna all’avidità e alla cattiveria.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, ardente amore del Padre e del Figlio brucia le nostre piccolezze e quel perbenismo che ci rinchiude in noi stessi senza farci prendere il largo nell’oceano del dono.

 

Gabriele Patmos

 
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IL SIGNORE GESU' CI INDICA LA STRADA SULLA VIA DA SEGUIRE NELLE NOSTRE RICHIESTE PER NON RIMANERCI MALE

Post n°710 pubblicato il 10 Ottobre 2013 da sebregon

 

XXVII SETTIMANA - GIOVEDÌ






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 Lc 11, 5-13


 
In quel tempo, Gesù disse ai discepoli:
 «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!». 

 

In che atteggiamento ci poniamo  di fronte a Dio quando vogliamo collegare il nostro stato bisognoso con la sua potenza? Spesso è come sapere di trovarsi davanti ad un uomo ricchissimo e cercare in tutti i modi di spillargli qualche soldo o anche al contrario avere l’atteggiamento di chi ritiene che il ricco ha altro a cui pensare ed è irraggiungibile.


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.Riportato tutto ciò a Dio è come immaginarlo  potente e cercare con le nostre strategie umane di ottenere qualcosa o lontanissimo e del tutto indifferente alla nostra sorte. Alla fine è come farsi tracciare da una  differenza: ci percepiamo differenti da Lui e ciò più che essere una sana constatazione di realtà diventa il principio di un sentirsi differente in modo malato.  Ciò ci pesa così tanto da tarpare le ali di un chiedere filiale. Tuttavia nonostante tutto non possiamo fare a meno di chiedere ma spesso, a rafforzare le nostre soggiacenti conclusioni negative, arriviamo presto alla conclusione che Dio non ascolta e che è inutile continuare a chiedere. Ora ascoltiamo cosa viene a dirci Gesù a correzione delle nostre modalità di richiesta. Ci presenta il caso più difficile di presentazione di una richiesta e cioè quella in cui nel chiedere si va ad importunare una persona in un momento sbagliato. La prima conclusione è che quando ci si rivolge a Dio non vi sono mai momenti inopportuni: le porte sono sempre aperte.


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.E’ dunque sbagliato immaginarsi un Dio lontano ed indifferente perché Gesù ce lo presenta come un Padre attentissimo. Poi ci consiglia la perseveranza nel chiedere e di sicuro questa perseveranza non serve  a Dio ma a noi stessi perché si persevera se si vuole veramente ciò che si sta chiedendo. La richiesta non deve dunque essere collegata ad un solo momento temporale che magari è frutto di una fantasia del nostro spirito, ma di questo deve essere la sua espressione più responsabile e matura. Se dunque ripetiamo nel tempo la nostra richiesta ciò vuol dire che essa è espressione vera del nostro essere.


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Ora cercando di entrare sempre più a fondo nelle parole di Gesù scopriamo che egli non ci dice che avremo esaudito il nostro desiderio come ci parrebbe in un primo momento dallo stesso racconto dell’uomo che alla fine riceve l’oggetto del suo chiedere e cioè i pani. Gesù invece ci dice che “il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».


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Dunque il dono del Signore è lo Spirito santo che può o no essere collegato con l’esaudimento immediato dell’oggetto della nostra richiesta. Sarà lo Spirito Santo che ci aiuterà a capire se l’esaudimento della richiesta avverrà secondo la forma con cui l’abbiamo immaginata. In questo modo ci viene fatto capire che la cosa più importante è che tutto avvenga in una relazione con lo Spirito Santo e che la richiesta non si esaurisca solamente nel ricevere il dono da parte di Dio. Il Signore Dio allora vuole che attraverso il nostro bisogno noi formuliamo una richiesta che diventa così il mezzo per rinsaldare il nostro legame con la santa Trinità.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, tu che sei stato  presentato da Gesù come nostro interlocutore e  datore di doni, sii il nostro suggeritore e la nostra guida su questa terra piena di difficoltà. Fa che sempre fiduciosi possiamo appoggiare le nostre richieste al Padre per ottenere da Lui il dono della tua Persona.

 

Gabriele Patmos

 

 
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DOBBIAMO ABITUARCI ALLA DUALITA': VIVERE IN DUE, GESU' ED IO E LA VITA CAMBIERA'.

Post n°709 pubblicato il 07 Ottobre 2013 da sebregon


XXVII SETTIMANA DEL T.O.  - MARTEDÌ

 

 

 

Lc 10, 38-42

  
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». 

 

Maria e il suo amore silenzioso ai piedi di Gesù oggi sconvolge un po'. Il suo stare così con Gesù, ci mostra un abbandono pacificante, una quiete interiore raggiunta e stabile. La mente di Maria non si disperde, non saltella ma si concentra nella presenza di Colui che è per lei, la sua pienezza interiore. Questa attenzione-concentrazione è la torre interiore  per capire e orientare la sua vita. Imitare Maria, amare il suo non agire, una strada a cui non rinunciare assolutamente.

 

 

 

Vanruis Groendal

 

 
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AVERE GESU' COME MAESTRO VA AL DI LA' DI OGNI ESPERIENZA VALUTABILE SUL PIANO EMOZIONALE. PROVARE PER NON LASCIARLO PIU'

Post n°708 pubblicato il 05 Ottobre 2013 da sebregon

XXVI SETTIMANA DEL T.O. ANNO DISPARI - SABATO
 






Lc 10, 17-24


 
In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono». 

 

Il Maestro Gesù riesce sempre a toccare le nostre malecorde e ad indicarci la via luminosa che ci conduce al Padre: la sua. I discepoli sono tutti contenti di sperimentare che hanno potere sui demoni. Sono presi in modo infantile da questo loro protagonismo. E’ bello infatti sentirsi capaci di dominare ciò che sfugge ad ogni potere perché è la sua stessa sovversione.


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Sono così presi da questa loro riuscita e dell’essersi impossessati della parola magica, e cioè del nome di Gesù, che in questa loro infantile modalità non ringraziano il Signore e non si accorgono che attraverso questa loro azione non solo hanno cacciato i demoni da persone concrete ma hanno contribuito sul piano cosmico alla disfatta di un potere opprimente volto a danneggiare l’umanità.


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E in effetti come potevano sapere che Gesù è  Figlio di Dio a cui tutto è stato dato e dunque anche il potere sui demoni? Gesù però attraverso questa esperienza li aiuta a capire che c’è un legame tra la sua persona ed il Padre e che la relazione con lui non può fermarsi  alla sua persona ed ancora che tutto ciò che gira attorno a lui sa di dono. Dono del Padre a Gesù suo Figlio, dono di Gesù ai suoi discepoli.


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Insomma il Maestro vuole aprirli ad una relazione più vasta, a saper respirare in grande. Entrare nel circuito di Gesù significa entrare in un modo d’essere diverso dal pretendere o dal semplice conoscere che spesso volge in accumulo di potere, significa mettersi in relazione con chi vivendo d’amore non può che obbedire alle leggi dell’amore. Non per niente i privilegiati non sono i dotti o i sapienti, ma i piccoli perché essi, vogliosi di vivere, vita accettano la vita da tutti coloro che sono disposti a dargliela.


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Ora la perla preziosa di questo brano è l’avere i discepoli a portata di mano la persona di Gesù e per noi, anche se in modo diverso, poter vivere la sua Persona attraverso i sacramenti e la conoscenza della sua Parola.

 

La nostra vita e la Parola


Spirito Santo che ci hai fatto conoscere l’amore incondizionato e divino del nostro Gesù fa che non pensiamo né agiamo se non in una relazione sincera e profonda con il nostro Maestro.

 

Gabriele Patmos

 
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AMORE COME CONDIVIDERE E TRASMETTERE

Post n°707 pubblicato il 03 Ottobre 2013 da sebregon

 

XXVI SETTIMANA DEL T.O.  - GIOVEDÌ

 

 

 

 

 Lc 10, 1-12

 
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».


L’invito che ci viene rivolto è quello di andare nel mondo e portare un messaggio. Ma quale messaggio? Che “il regno di Dio è vicino”.E che cosa significa per me oggi – donna di 59 anni, single, senza figli, che fa la formatrice e la counselor, ovvero offre una relazione di aiuto a chi è in un momento di difficoltà, e che vive e lavora in una grande città come Milano – portare questo messaggio nel mondo?

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Direi che è un’occasione per testimoniare qual è il senso dell’esistenza. Dire che il regno di Dio è vicino per me vuol dire che è vicino il tempo di una maggiore consapevolezza., che è richiesta una maggiore attenzione, presenza, capacità di stare con i piedi per terra e affrontare le relazioni con accettazione e comprensione della diversità.

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Credo profondamente che la “pace” di cui parla questo brano vada costruita a poco a poco, partendo dalle relazioni e dalle esperienze del nostro quotidiano.Il lavoro che faccio mi porta sempre più a fare i conti con le difficoltà delle persone. E in gran parte sono dovute a differenze caratteriali, partendo dalle quali soltanto è possibile costruire un lavoro su di sé efficace, che ci metta in grado di andare verso l’altro senza giudizio.


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Pace, insomma, per me è sinonimo di amore ed è frutto di quel “condividere e trasmettere” che considero il motto della mia vita, e che mi sembra un  modo “laico” di interpretare questa pagina del Vangelo.


Alessandra Callegari

 

 
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