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Messaggi di Gennaio 2014
Post n°750 pubblicato il 31 Gennaio 2014 da sebregon
II SETTIMANA DEL T.O. ANNO PARI – SABATO
Il filosofo Severino da decenni dice che l’essere è e non può non essere ma se invece si crede che esso una volta c’è e poi tramonta ecco che secondo lui si apre la strada verso il nichilismo. .
. Come osserva Diego Fusaro «per Severino tutto è eterno. Non basta: solo in superficie si crede che le cose vengano dal nulla e che nel nulla alla fine precipitino, perché nel profondo siamo convinti che quel breve segmento di luce che è la vita è esso stesso nulla. È il nichilismo. .
. È l'omicidio primario, l'uccisione dell'essere. Ma è una contraddizione: ciò che è non può non essere, né può essere stato o potrà mai essere nulla. Una contraddizione che è la follia dell'Occidente, e ormai di tutta la terra. Una ferita che necessita di numerosi conforti, dalla religione all'arte, tutti affreschi sul buio, tentativi di nascondere, medicare il nulla che ci fa orrore. Per fortuna ci attende la Non Follia, l'apparire dell'eternità di tutte le cose. Noi siamo eterni e mortali perché l'eterno entra ed esce dall'apparire. La morte è l'assentarsi dell'eterno. “.
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Scusate la citazione dotta ed il tirare fuori dal cappello il filosofo Severino, che del resto se lo merita, perché da decenni non fa che predicare la stessa cosa anche dai media. Tuttavia calza a pennello con lo stupore di Gesù quando dice ai discepoli: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". Egli parla da un livello di coscienza e di realtà che sembrerebbe simile a quella di Severino che di fronte alla tempesta, forse a sentire le sue parole, troverebbe il modo di viverla come un fatto di coscienza dove l’apparire della tempesta, con il suo sconquasso, è un momento dell’eterno diverso da quello sempre eterno di Severino che è e non può non essere sia che rimanga sulla scena di questo mondo sia che scompaia dal cono di luce che lo illumina su questa terra. .
Severino dalla sua sente che ha diritto all’eternità perché non può annichilirsi o essere annichilito dal momento che è, mentre per Gesù tutto ciò è assurdo perché si riesce a rimanere sul filo della pienezza dell’essere solo se si ha fede in Lui o in chi, Dio, ha il potere di ricevere questa fede e renderla capace di sicurezza su questa terra e di eternità in cielo. Per Gesù è importante la relazione con la sua persona e non un assenso interiore ad una interpretazione della realtà che sembra avere delle parvenze di verità ma che sfocia nel freddo di una visione senza cuore. . .
Ora, per avvicinare questo episodio della vita di Gesù alla nostra e a quel dubbio che sempre ci prende di rimanere senza protezione di fronte alle tempeste le più crudeli della vita e dunque di rimanere nel fondo dell’animo impauriti e timorosi come i discepoli, dobbiamo fissare nel nostro profondo la meravigliosa certezza che Gesù vuole donarci e cioè quella in cui l’essere in relazione con Lui ci preserva da ogni male fisico e spirituale. .
. Lo so che tanti mi diranno che dai mali fisici Dio non ti libera casomai ti aiuta a non soccombere spiritualmente e a trasformare il tuo dolore in qualcosa di più alto, sì lo so, ma se voglio prendere sul serio questo episodio della Sua vita io devo ritenere, salvo che il Signore non mi voglia mettere alla prova perché ho bisogno di superare un mio problema o una mia chiusura, che se sto in una viva e palpitante relazione con Lui niente di male mi potrà mai succedere.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo, che sei il perfetto testimone della vita di Gesù illumina i nostri cuori e dai fermezza alla nostra intelligenza perché da quella vita noi possiamo trarre delle conseguenze vere e fortificanti per la nostra.
Gabriele Patmos
Post n°749 pubblicato il 29 Gennaio 2014 da sebregon
III SETTIMANA TEMPO ORDINARIO - GIOVEDÌ
2Sam, 7, 18-19. 24 Il re Davide andò a presentarsi davanti al Signore e disse: «Chi sono io, Signore Dio, e che cos’è la mia casa, perché tu mi abbia condotto fin qui? E questo è parso ancora poca cosa ai tuoi occhi, Signore Dio: tu hai parlato anche della casa del tuo servo per un lontano avvenire: e questa è la legge per l’uomo, Signore Dio! Hai stabilito il tuo popolo Israele come popolo tuo per sempre, e tu, Signore, sei diventato Dio per loro.
Negli anni 70 fra (ero “di sinistra” allora quando dirlo aveva un senso diverso da oggi) mi fu dato un libretto che un mio amico aveva comprato per sbaglio. Credeva infatti di trovarvi (nuove) ragioni per alimentare il suo ateismo e invece era un libro che le minava alla base. Si chiamava “Il Dio in cui non credo” di Juan Arias, prete di origine spagnola. .
. Ma al di là delle appartenenze era un interessante contributo a mostrare un volto di Dio diverso da quello “Ufficiale” quale a noi appariva dalle istituzioni che cercavano di dimostrarcelo e di propinarcelo. Ancora non avevo un vero rapporto con nessuno, figuriamoci con Dio! .
. E invece Dio, come ho imparato negli anni, è un Dio che entra, che vuole entrare in rapporto con ciascuno. Un Dio in dialogo, un Dio che non è indifferente ai destini dell’uomo ma che lo incoraggia nel suo vivere quotidiano. Contemporaneamente Bob Dylan e Joan Baez contestavano l’appropriazione di Dio da parte degli uomini di potere cantando “With God on our side” (con Dio dalla nostra parte). .
. Rimango sorpreso nella lettura di oggi da due cose: il Re Davide che pur potendo vantare meriti non indifferenti comincia il suon rapporto con Dio dicendo “Chi sono io?”. Non è falsa umiltà, ma la coscienza di essere davvero poca cosa di fronte a questo Dio che si coinvolge con noi, che, per citare san Paolo, “Non considerò un privilegio la sua uguaglianza con Dio” ma, come dice Pietro, portò i nostri peccati”. .
. Diventa allora una esperienza liberante e un instaurare una autenticità di rapporto con Dio partire non dai propri meriti, dalla propria bravura. Non partecipiamo a nessun concorso per un posto in paradiso, ma partire dalla nostra fragilità e povertà per riconoscere un Dio che opera continuamente nella nostra vita. .
. L’altra cosa che mi sorprende è quella preposizione nell’ultimo versetto. Dio non è Dio di Israele, ma Dio Per israele. Un Dio appunto non nemico dell’uomo, ma neanche connivente con le nostra malefatte, ma un Dio per noi, con cui rapportarsi, in cui vivere.
La nostra vita e la Parola
Dio per l’uomo, Dio che ci sorprendi, Dio che ti sei spogliato della tua divinità per arricchirci di essa, perché noi non fossimo Dei al tuo posto ma una cosa sola con te, e che con questo ci hai unito in una cosa sola ai nostri fratelli, guidaci nei sentieri del tempo a scoprire il tuo volto a vivere nella tua gioia a costruire tra noi la tua pace. Amen P. Elia Spezzano, Ocist.
Post n°748 pubblicato il 27 Gennaio 2014 da sebregon
28 GENNAIO
Mc 3,31-35
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. Gesù infatti non mette da parte i vincoli di sangue o anche quelli dell’amicizia ma vuol far capire ai suoi interlocutori che essi devono aprirsi a qualcosa di più grande che è appunto la volontà di Dio. L’appartenenza familiare o amicale non può diventare uno sgabello per accedere a ciò che è giusto e vero perché di fronte alla verità e alla giustizia, in questo caso di fronte a Gesù, siamo tutti uguali.
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In quel momento Gesù si trovava all’interno di una casa e tutti erano desiderosi di ascoltarlo ma nello stesso tempo v’erano alcuni che erano andati a chiamare i parenti perché secondo loro Gesù era fuori di sé. Gesù quindi sa dell’intenzione dei parenti di portarlo via, ma sa pure che essi vogliono procedere secondo una prospettiva molto umana che non è quella del suo Padre celeste. .
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Deve dunque far capire che le spinte legate alla convenienza umana non si possono seguire quando sono divergenti dal seguire la volontà di Dio. Questa per Lui è quella di rimanere dentro con quelli che ha davanti per testimoniare loro che si può sempre dire di no a forze che sembrano necessitanti ma che possono essere disattese quando vi è un motivo più alto da onorare. .
. Gesù è un campione di libertà ma non di una libertà che spadroneggia sulla pelle degli altri ma di una che sa dare spiegazione delle sue azioni. E noi che leggiamo capiamo le sue motivazioni e che non si tratta di un gioco o di una sopraffazione e ne rimaniamo ben impressionati tanto da chiederci se per le nostre relazioni affettive sacrifichiamo la verità o la giustizia. Inoltre sappiamo pure che questi legami se non sono gestiti con responsabilità e libertà scivolano facilmente verso forme di potere e di favori che inquinano molto spesso le relazioni umane.
Post n°747 pubblicato il 25 Gennaio 2014 da sebregon
25 GENNAIO
CONVERSIONE DI
SAN PAOLO APOSTOLO
Mc 16,15-18
In quel tempo, [ Gesù apparve agli Undici ] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Oggi nel giorno in cui si ricorda la conversione di San Paolo ci viene rivolto l'invito: proclamate il vangelo. Ora molti di noi, e io tra loro, abbiamo bisogno di capire che cosa voglia dire per noi personalmente un tale invito, e dove risieda in noi la spinta per rispondere a questo invito. .
Proprio San Paolo parla di una trasformazione che ci tocca quando passando attraverso la morte di Cristo saremo trasformati e riceveremo una vita nuova, libera. É la risurrezione del Cristo che ci divinizza e allarga i nostri orizzonti oltre le frontiere della storia. Ma spesso noi viviamo come chi ha solo una breve speranza in questa vita terrena e la nostra fede nella risurrezione vacilla, mentre solo una fede autentica nella risurrezione trasforma il nostro essere. Paolo ha affrontato tante fatiche e tante tribolazioni per annunziare il Cristo. Non aspettiamoci che a noi venga chiesto meno.
Vanruis Groendal
@vanruis
Post n°746 pubblicato il 23 Gennaio 2014 da sebregon
Mc 3, 7-12
Continuano i riferimenti alle guarigioni miracolose praticate da Gesù… e continuano i riferimenti – questo mi colpisce, in particolare – al bisogno di Gesù di allontanarsi dalla folla, addirittura per salvarsi dalla calca, che potrebbe ucciderlo. .
- Gesù che si ritira nel deserto, o che si mette al riparo su una barca: è un’immagine che nella mia mente è in contrasto con quella di Gesù che si mette a disposizione, offrendosi liberamente “alla sua passione”.Un Gesù che si sente minacciato da troppa popolarità, un po’ come un divo del rock che deve farsi proteggere dalle guardie del corpo… .
. Quasi, devo ammetterlo, mi infastidisce: e quindi mi ritrovo a chiedermi perché e cosa c’è dietro a questo fastidio. Forse, e riflettendo su questa pagina mi ritrovo ad accorgermene, inconsciamente vorrei un Gesù “perfetto” e senza debolezze. E invece Gesù è fin troppo umano… . Alessandra Callegari
Post n°745 pubblicato il 22 Gennaio 2014 da sebregon
21 GENNAIO SANT' AGNESE (m) -vergine e martire
Mc 2,23-28
Il vangelo ci mette sempre di fronte al modo in cui noi ci poniamo normalmente davanti alla realtà e cioè in modo giudicante. Il nostro primo problema è vedere se ciò che ci sta di fronte è secondo una regola oppure no. Il nostro esistere nel mondo dei limiti conforma la nostra mente tanto che siamo portati a considerare sempre se la nostra esistenza o quella degli altri si colloca entro i limiti o fuori dai limiti. . .
Quasi che la ristrettezza dei beni su questa terra ci portasse di suo a dirci che questa è la via maestra per stare al mondo. Quello che voglio dire è che il primo pensiero normalmente corre verso un giudizio che ha la mente come suo primo punto di riferimento. E la mente va alle leggi, alle regole, al nostro diritto d’essere non prevaricati dagli altri. E tutto ciò in prima istanza sembrerebbe un bene tanto che il mondo del diritto è quello che alla fine che ci permette di convivere senza essere homo homini lupus. .
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Ora però siamo spinti da Gesù a capovolgere il nostro modo di metterci di fronte alla realtà e cioè capire che le leggi le abbiamo fatte noi uomini ma che esse sono solo un aiuto per vivere meglio ma non devono intervenire quando invece sono d’intralcio ad un modo più profondo e vero di vivere. Cosa c’è di più grande del vivere? Niente ed allora alla vita occorre mettere davanti ponti d’oro. .
. Se si è affamati e ci si trova di fronte alle spighe di grano che possono aiutarci a vivere obbedireremo ad una legge che dice di non mangiare il giorno di sabato o le mangerò semplicemente perché è importante salvare la vita? Quest’argomento forse l’avrebbero capito anche gli stessi interlocutori di Gesù perché nella stessa situazione di vita o di morte si sarebbero dati da fare per nutrirsi. Ma qui non ci troviamo in questa situazione perché non mangiare per un giorno non fa morire nessuno ed allora dobbiamo trarne un’altra conseguenza e cioè che ciò che i farisei in nome di Dio vivono come un imperativo categorico viene visto da parte di Gesù, e quindi dal mondo divino, non con la loro ossessiva arroganza ma con misericordia e con buon senso. .
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Gesù mette il dito sulla piaga dei nostri giudizi senza mezzi termini sulle situazioni e sulle persone mostrandocene i limiti non per abrogare le regole ma perché essa profumino di umano e non della rigidità in cui noi spesso siamo portati viverle ed appiopparle agli altri. Così Gesù ci insegna ad essere anche noi come Lui signori del sabato e di questo dobbiamo ringraziarlo a nosme di tutta l’umanità.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo, illumina la nostra mente perché abbia sempre presente le ragioni del cuore e possa entrare a vele spiegate nel cono di luce della tua misericordia.
Gabriele Patmos
Post n°744 pubblicato il 17 Gennaio 2014 da sebregon
I SETTIMANA DEL T.O. ANNO PARI - SABATO
Mc 2,13-17
Gesù ci mette sempre davanti ai nostri limiti non per condannarci ma per farci entrare meglio nella meravigliosa qualità di luce attraverso cui guardare avvenimenti e persone. Abbiamo radicato infatti nel nostro cuore un giustizialismo impietoso che cavalcando l’ ‘essere dalla parte dei poveri’ se ne serve come un martello per andare contro chi povero non è. .
ad es. Bill Gates non può essere definito solo come uomo ricco . Gesù invece non guarda l’essere povero o l’essere ricco nel senso monetario del termine ma soltanto all’uomo ‘peccatore’. Ed i peccati li abbiamo in assoluto tutti:poveri e ricchi. Ora il peccato più grande è l’essere lontani da Dio perché è matematico che chi non L’onora non onora neppure il suo fratello. .
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Chi ama Dio ama il prossimo almeno per noi cristiani per gli altri invece vale l’amore per il prossimo che però non si traduce in amore per Dio.Questo discorso non vuole assolvere nessuno né i ricchi che sfruttano i poveri né i poveri che pretendono sempre senza darsi da fare. Ora chiediamoci il senso dell’avere soldi.
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. Ad es. se uno nasce da una famiglia ricca allora non è secondo il vangelo? Il punto invece è che cosa ne fa uno delle sue ricchezze, le mette in circolo? Crea lavoro? E giusto con i suoi dipendenti? I suoi soldi li investe in attività illecite ed affama i poveri?
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. E chiediamoci anche se l’essere povero è una cosa da desiderare. Ad es. se uno diventa povero perché scialacqua tutti i suoi averi questa è una bella cosa? Se si adagia nel suo essere dipendente dagli altri perché sono gli altri che devono aiutarlo ciò è una buona cosa? C’è invece un altro tipo di povertà che è in grande considerazione da parte del Signore ed è quella causata dalle ingiustizie sociali, quella dovuta alla disperazione di chi le ha tentate tutte e non trova una soluzione al suo problema umano.
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. E poi vi sono anche altre povertà che non sono quelle materiali ma quelle dello spirito, quelle causate dall’ambiente familiare o sociale in cui si vive e quelle causate dall’impossibilità, per in cultura, di ricevere i tesori che la storia dell’umanità tiene in serbo come un tesoro a disposizione di tutti: ecco di fronte a questi buchi umani tutti sono chiamati non a condannare ma a darsi da fare per offrire ai fratelli ciò che in una migliore situazione di vita ha ricevuto.
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Detto questo possiamo guardare da un altro lato la condizione dell’essere povero o dell’essere ricco: san Francesco ha scelto d’essere povero per avere le mani ed il cuore liberi dall’amministrare beni e poter servire i poveri come suoi cari fratelli in Cristo e ricevere tutto dalle mani del Signore e dalla sua Provvidenza. Gesù al giovane ricco aveva fatto una proposta importante e cioè quello di rinunziare ai suo beni e seguirlo ma il suo invito si inscrive in una scelta vocazionale e non può diventare un chiamata per tutti. .
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Dal punto di vista politico la scelta per i poveri significa mettersi dalla loro parte non per rubare i beni dei ricchi ma perché i beni della terra devono avere una destinazione al servizio dell’uomo e non dei potenti. Dal punto di vista spirituale la scelta della povertà significa preferire le ricchezze spirituali a quelle materiali perché queste appesantiscono lo spirito e tendono a chiuderlo in un recinto asfittico di specchi dove sovrasta autoriflessa solo la propria immagine.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo che bruci tutto ciò che non è amore ti diamo carta libera perché ciò che non è secondo Dio ed una vera relazione con i nostri fratelli sia allontanato dal nostro cuore.
Gabriele Patmos
Post n°743 pubblicato il 16 Gennaio 2014 da sebregon
16 gennaio 2014
Mc 1, 40-45
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
La pagina di Marco racconta lo stesso episodio del brano di Luca (Lc 5, 12-16) che costituiva la pagina del Vangelo dell’11 gennaio. E vale da un lato il commento fatto allora, anche se questo racconto di Marco mette in luce la “severità” con la quale Gesù ordina all’uomo di non dire a nessuno del miracolo avvenuto, severità che può apparire strana, se non fosse che in effetti l’ordine di Gesù viene trasgredito. L’uomo racconta ai quattro venti l’accaduto, e Gesù è costretto a nascondersi dalla folla che lo cerca, forse nella speranza di ricevere miracoli simili. La sensazione, rispetto all’altro brano per altro così simile, è che qui Gesù sia meno “amorevole”, anche se è possibile da un lato che si tratti solo di un problema di traduzione (?), o che sia la sensibilità diversa dei due evangelisti a sottolineare un certo atteggiamento piuttosto che un altro.
Alessandra Callegari
Post n°742 pubblicato il 13 Gennaio 2014 da sebregon
I SETTIMANA DEL T.O. ANNO PARI - MARTEDÌ
Mc 1, 21-28
Gesù parla e tutti si accorgono subito che la sua parola non suona come quella degli scribi e cioè come una parola riportata. Cercando una definizione della parola ‘autorità’ abbiamo trovato una sua descrizione che si rifà alle ricerche di Bettini M.: Alle soglie dell’autorità, in Lincoln B., L’autorità, Torino, Einaudi, 2000, pp. VII-XXXIV.” : “Il sostantivo auctor può tradursi, a seconda del contesto, come "autore", "fondatore", "promotore", "sostenitore", "garante", oppure ancora come "maestro", "modello". L’etimologia del termine deriva dalla radice del verbo augeo "accresco, faccio aumentare". Maurizio Bettini ha mostrato il nesso fra tale radice e i diversi significati di auctor spiegando che nella cultura romana il «far crescere» di cui l’auctor è responsabile deve intendersi nel senso di "far riuscire", "dar successo", "condurre a un esito felice e prospero". Da ciò la persona che porta a frutto le proprie azioni o le altrui – l’auctor – sarà allo stesso tempo un modello da seguire, dotato di credibilità e in grado di rendere credibile ciò che sostiene, di garantirlo, e dunque uno a cui si dà ascolto. Analogamente auctoritas ("autorità", "prestigio", "autorevolezza", "garanzia" e via dicendo) è il requisito che l’auctor deve possedere per essere tale, una posizione che in un certo senso gli viene tributata dall’esterno: "gli altri, l’opinione pubblica"devono riconoscergli la capacità di sostenere con successo, di garantire la riuscita di ciò che dice e/o intraprende.”.
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. Grazie a Gesù la parola stessa di autorità si accresce di un significato nuovo e cioè non solo quello di ‘condurre ad un esito felice’, ma addirittura quello di cambiare lo stato di una situazione con la sola forza della parola. Gesù dunque non è uno che parla solamente come gli scribi che parlano sulla realtà ma la lasciano così com’è, ma è uno che parlando con autorità interviene sull’umano sanandolo. Ecco con chi, noi uomini di tutti i tempi, abbiamo a che fare e cioè con uno che può cambiarci la vita se veramente lo vogliamo: noi invasati da demoni che. sotto forma di pensieri negativi o come istigatori di atti inconsulti. vogliono cancellare la vera immagine di Dio scritta nei nostri cuori.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo, ti chiediamo di rovinare in noi tutto ciò che tende a renderci schiavi e non liberi figli di Dio.
Gabriele Patmos
Post n°741 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da sebregon
Lc 5, 12-16 Una pagina evangelica sul valore della trasgressione: Gesù osa toccare il lebbroso, che aveva osato avvicinarsi a lui. Doppia trasgressione: da parte dell’uomo malato – e come tale emarginato ed escluso - che osa sfidare la legge perché ha fede, e in nome di quella fede è disposto a rischiare di essere punito, e da parte di un altro uomo, giovane e sano, che in nome della propria volontà si “arroga il diritto” di guarire. Quale sacrilegio! Quale affronto alla Legge, alla tradizione, ai costumi… al buon senso! Una pagina tanto più interessante perché Gesù invita l’uomo, non più lebbroso ma ormai purificato, a seguire la norma che imponeva di ricevere una sorta di “beneplacito” sacerdotale a dimostrazione della guarigione stessa. A dimostrazione, in questo caso, del miracolo avvenuto.Gesù trasgredisce e invita alla trasgressione della Legge compiendo gesti che hanno una forte valenza simbolica, e nel contempo si sottrae, si ritira, si allontana dal clamore della folla.Agisce e poi lascia che i fatti parlino per lui, toccando i cuori. Alessandra Callegari
Post n°740 pubblicato il 09 Gennaio 2014 da sebregon
9 GENNAIO
Mc 6, 45-52
Come è diversa l’immagine che noi abbiamo di Gesù! Nelle raffigurazioni che vanno più di moda infatti lo vediamo sempre racchiuso in un ambiente rassicurante o addirittura avulso da ogni storia come quando è rappresentato a mezzo busto.
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Qui invece lo vediamo in mezzo ai marosi, spettinato dal vento, saldo nel suo procedere in soccorso dei suoi discepoli che si trovano pericolosamente oscillanti in balia delle onde. .
. L’evangelista Marco ci dà un spiegazione di questo loro stato legandolo all’indurimento del cuore a motivo del ‘fatto dei pani’. E’ perché il loro cuore è duro che vivono una situazione esistenziale difficile ed esposta alla morte. .
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Gesù con il miracolo dei pani ha fatto un dono grande a tutti coloro che lo seguivano ma per qualche motivo la cosa non era andata giù ai suoi discepoli. E ciò lo possiamo ricavare solo da qualche indizio: Gesù chiede ai discepoli di dar da mangiare alla folla e così li provoca e poi dopo li costringe a salire sulla barca.
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. Le interpretazioni correnti ci dicono che Gesù aveva allontanato i discepoli per poi salvarli dalla tempesta. Questa interpretazione non mi convince perché svuota quanto è avvenuto a beneficio del futuro come se la realtà vissuta faccia parte di un gioco: è successo così in previsione di qualcosaltro.
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Credo invece che l’allontanamento ha a che fare con la falsa interpretazione che i discepoli avevano dato della moltiplicazione dei pani. Essi infatti, davanti ad un miracolo così grandioso, magari non hanno pensato come la folla che voleva fare re Gesù, ma hanno ravvisato nel Maestro Chi avrebbe potuto risolvere i problemi pratici della loro vita. .
. Gesù allora li allontana per mettere in crisi questa falsa immagine che avevano di Lui. Poi c’è il vento e la tempesta e questo sì che diventa significativo per i discepoli come per noi perché chi vuole mettere radici solo in questa vita e vedere solo le cose di questo mondo ne deve soffrire tutte le conseguenze: il pericolo e magari la morte. Gesù che dà una mano ai discepoli viene a sottolineare che solo chi si affida a Lui o a qualcosa di più alto può salvare la sua vita mentre chi la coarta entro i limiti dell’interesse personale e di gruppo la mette in serio pericolo.
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La nostra vita e la Parola
Spirito Santo, che sei Dio con noi durante questa esistenza terrena, guidaci perché possiamo mirare sempre in alto, al Padre, al Figlio Gesù ed ai suoi e nostri fratelli qui sulla terra, e non ai nostri singoli interessi materiali.
Gabriele Patmos
Post n°739 pubblicato il 01 Gennaio 2014 da sebregon
ASPETTANDO L’ANNO DEL SIGNORE 2014
Del 2013 sta per chiudersi la grande porta del tempo
E lo spirito già corre avanti
Sperando che l’anno alle porte
Sappia scrivere pagine di vita vera.
Ma noi, che cantiamo il passaggio del tempo,
Troviamo parole incapaci di dare speranza
E sappiamo come ‘la pace’
Subirà ancora profonde ferite
In quelle lande del mondo
Dove s’accendono fuochi
Per distruggere vite.
Dove trovare allora un punto di luce
Per riprendere il duro cammino,
Alla ricerca di qualcosa che stimoli il cuore?
Tra tante immagini di morte
O di falsi miraggi,
Ecco che avanza potente
Tra misere capanne di nera gente sfollata
Il sorriso corale dei bimbi africani
Quasi ad incoraggiare noi dai cuori malati,
Noi del mondo sazio di beni,
Noi che diciamo convinti
Che l’inferno ognuno se lo deve tenere.
Ecco quel brillio di luce celeste,
che non chiede niente perché ci è solo donato,
Sia la forza che nel nuovo anno
Ci permetta di dare un colpo mortale alla morte,
Perché sorga come zampillo in terra infuocata
una nuova e fresca era di pace.
Michele Sebregondio
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