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Armiamoci e partite: perché?

Post n°103 pubblicato il 26 Agosto 2006 da orion971

C'è qualcosa di surreale nella posizione del Governo Prodi sulla missione in Libano.
Non tanto per il fatto che a mandare i soldati in missione siano stavolta i pacifinti, visto che stavolta non si tratta di seguire gli USA ma di andare contro il loro principale alleato, quel satana israeliano responsabile di ogni misfatto. Piuttosto per questa smania di interventismo pressoché unica nella storia italiana, visto che, da secoli, sui campi di battaglia siamo gli ultimi ad arrivare e i primi ad andarcene. Il comune buonsenso vorrebbe che, prima di prendere impegni così importanti e delicati, ci si preoccupasse quantomeno di capire che cosa si va a fare. In questo caso, non solo non si capisce quali debbano essere le famose "regole d'ingaggio", ma sul punto più importante, vale a dire il disarmo di Hezbollah, non è stato  deciso da chi dovrà essere condotto. A dire il vero, oggi Kofi Annan ha dichiarato che questo compito verrà affidato all'esercito libanese. Piccolo particolare: è un esercito molto più debole delle milizie del Partito di Dio e che, non a caso, prima non aveva mai provato a farlo. Forse ci si rimette alla buona volontà degli Hezbollah stessi, visto che c'è anche chi, a sinistra, li ritiene degli innocui buontemponi? Chi può dirlo.. E poi, cosa significa "forza di interposizione"? Chiunque nella propria vita abbia anche solo giocato coi soldatini sa bene che è molto più agevole far rispettare una tregua ad un esercito regolare che ad una milizia  dedita alla guerriglia e sparsa sul territorio. Se da qualche parte verranno lanciati dei razzi contro gli israeliani e questi riprenderanno le ostilità, cosa faranno i quattro gatti dei soldati ONU?
Dinanzi a tutte queste incognite e rischi concreti, primo fra tutti quello di ritrovarsi nella spirale di un conflitto sanguinoso e dagli sviluppi tutt'altro che  prevedibili,  i governi europei hanno, chi più chi meno, fatto marcia indietro. Tutti tranne il nostro: perché? Perché Prodi deve fare contenta la sinistra radicale, che  non solo ha un peso determinante nel governo ma è anche molto radicata nel Paese.
Proprio ieri ho sentito per radio una trasmissione nella quale un ascoltatore ha telefonato dicendo che "gli hezbollah sono dei resistenti che difendono il loro paese dall'aggressione israeliana e sono da considerare parte dell'esercito libanese, e che se bisogna disarmare qualcuno, questi è Israele che detiene indebitamente armi nucleari."
In tutta Europa, siamo gli unici a voler andare di fretta e furia in quel pantano perché i dissociati come quell'ascoltatore da noi sono molto più numerosi che negli altri paesi. Altrove non si perde tempo ad ascoltarli, da noi invece, sebbene vengano definiti "folkloristici" dallo stesso Premier, dettano la linea del governo. E' un triste primato il nostro.
 

 
Rispondi al commento:
sonofortunata
sonofortunata il 27/08/06 alle 13:12 via WEB
I 34 giorni di bombardamenti del Libano ci hanno schiacciati dentro una logica di guerra, più attenti all'aritmetica dei colpi dati/inflitti dai contendenti, alla composizione della coalizione militare internazionale, a chi la comanderà, a quali frontiere occuperà e con quali «regole di ingaggio» potrà sparare e a chi... e abbiamo invece perso di vista che il «cessate il fuoco» è solo una condizione necessaria, ma niente affatto sufficiente a riaprire quei dialoghi, quei negoziati, quelle mediazioni che sole possono provare a rimuovere le cause profonde, storiche e politiche del conflitto mediorientale. L'interposizione è utile per porre fine a conflitti armati, ma non può essere indefinita nei tempi, pena il suo fallimento. Le tregue, senza la pace, durano poco. La pace vera, quella che dona sicurezza e tranquillità ai popoli, si fonda sul reciproco rispetto, sul riconoscimento dell'altro, sulla condivisione dei diritti a partire da quello alla vita, sulla tolleranza se non sull'amicizia. Chiedere che questo messaggio venga veicolato da dei soldati, per quanto ben addestrati, neutrali e con in testa il «casco blu» di una Onu finalmente ridesta, sarebbe davvero un tragico autoinganno. Il pericolo cui sottoporremmo i soldati non deriva tanto da quanto armamento diamo loro in dotazione, ma da quanto volonterose, convincenti e rapide sapranno essere le diplomazie dell'Onu e dei governi europei a proporre una pace giusta a israeliani e palestinesi. Senza una nuova conferenza internazionale di pace sul Medioriente, da convocarsi subito, contemporaneamente all'invio della missione militare, ogni tregua sarà semplicemente una parentesi in un «conflitto regionale» iniziato sessant'anni fa e che ha già coinvolto il mondo intero. (almeno noi a sinistra non abbiamo timore a dissentire sulle scelte di governo, anche quando ci siamo) :)
 
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