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« Natale e... NataliLa rattata te jacciu »

Mescia ’Nzina, Mescia Teresina, Mescia Cecilia... e le cose te Diu!

Post n°11 pubblicato il 23 Febbraio 2008 da dueali2

di Luigi Pascali

Sabato pomeriggio, mentre ero seduto al mio computer, sentivo un allegro vociare di bambini, ragazzi e numerose signore: era quello il segnale che l’estate, nonostante la piacevole coda di bel tempo, è proprio finita; e insieme alle lezioni scolastiche sono riprese in pieno le attività della parrocchia, catechismo in testa.
Affacciandomi al balcone, vedevo che i ragazzi che frequentano la dottrina sono amabilmente accolti da uno stuolo di giovani e belle signorine (le catechiste), che scherzano e ridono con i loro allievi, i quali sono dotati di pubblicazioni ricchissime di immagini, e c’è chi ha portato persino chitarre per intonare canzoni e lodi al Signore: non c’è che dire, è una visione allegra e gioiosa del Cristianesimo.
Quel piacevole frastuono di mamme, bimbi e clacson (ora i bambini si accompagnano in macchina anche dal soggiorno al bagno, parcheggiando in veranda) mi ha riportato indietro di una quarantina d’anni, quando c’erano meno auto e più biciclette (e quella ce l’aveva papà al lavoro), per cui allu catechisimu, alla chiazza si andava rigorosamente a piedi, quasi sempre con le scarpe bucate in punta, poiché si tiravano calci a qualsiasi cosa si incontrasse: sassi, barattoli di latta, ecc.
Le “lezioni” si tenevano direttamente alla “Chiesa ranne” e consistevano nel ripetere fino alla nausea, tutti in coro, le preghiere fondamentali da conoscere a tutti i costi e sulle quali saremmo stati poi interrogati da Papa Carmelu, Papa Menotti, Papa Pippi o addirittura te l’arciprete Papa Ronzu!
Le imparavamo così bene, e all’unisono, che la Salve Regina e l’Atto di dolore sembravano uscire da un’unica voce... e guai a sbagliare! Le “docenti” Mescia ’Nzina, Mescia Teresina e Mescia Cecilia erano severissime!
Tutte e tre in avanti con gli anni, signorine per vocazione, erano le colonne portanti delle attività della Parrocchia, profonde conoscitrici di innumerevoli suppliche in un latino incomprensibile e maccheronico: “te cinfi ciamus remissionemum Crtistu perandumu Cristu Domine nostru amme” (tantu ci lu capìa!) si occupavano anche della nostra catechesi, preparandoci alla prima comunione e alla cresima.
Il ricordo più vivo di donna Cecilia, una donnina piccola, tarchiatella, con capelli bianchissimi raccolti a tarallo dietro la nuca, è il suo modo di indicare di fare silenzio: appuntiva all’inverosimile le labbra rugose, sormontate da una non leggera peluria irta e bianca, su cui poggiava il dito indice, premendo con il polpastrello, reclinando leggermente il capo all’insù, come per sembrare più alta!
Mescia Teresina era un po’ gregaria di sua sorella, Mescia ’Nzina. Entrambe vestite di nero, comprese le calze, molto spesse, anche d’estate.
Il viso incavato nel fazzoletto legato sotto il mento, dal quale spuntavano ciuffi ribelli di capelli bianchi, che incorniciavano occhi incavati ma vispi, come due tizzoni.
Il ricordo più vivo (e più doloroso) sono gli schiaffi ad ogni errore, e le pezzecàte te Mescia ’Nzina quando eravamo irrequieti: “Statte sòtu!”.
Così, tra uno sguardo fulminante e ’na scoddhratùra te ricchie, imparavamo Le cose te Diu!

 
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