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DUBAI, STEP BY STEP

Post n°68 pubblicato il 15 Agosto 2008 da elzevira
 
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1) Il mio primo impatto con la città è l’ARIA CONDIZIONATA. Non è facile abituarsi a questa specie di bolla artificiale che ti circonda. Vorresti scappare, uscire, camminare, ma non puoi. Gli sbalzi termici sono al limite della sopravvivenza! Fuori, il caldo e l’afa ti si appiccicano addosso come una colla. Ma stranamente non sudi, non so il perché.

2) Poi c’è lo SKYLINE. Ovunque grattacieli colorati come modellini di un plastico, luci artificiali, insegne. Di notte sembra un grande videogioco. Di giorno una città di frontiera, dove il cielo si stempera in uno slavato orizzonte biancastro, intorno al quale puoi intuire il deserto. Nelle vicinanze dei cantieri, il vento soffia sabbia arida e sottile. Le luci al neon sono quelle di una metropoli in mezzo al nulla.

3) IL RUMORE. Palazzi, snodi, strade in costruzione. È un grande cantiere senza posa. Il rumore delle ruspe, di giorno appena percettibile, di notte diventa una nota di fondo. Dubai è la città delle gru, dei pannelli specchiati che sormontano come poster le facciate in costruzione, di questo basso continuo che a qualunque ora ti ricorda che qualcuno, là fuori, sta lavorando.

4) Poi c’è lo SHOPPING. Parola d'ordine: show-off. Tutto è offerto per catturare la sguardo. Oro, vetrine luccicanti, tessuti colorati, oggetti di qualunque tipo, tecnologia, gioielli, profumi, borse, abiti lussuosi. I cosiddetti Mall (mercati) fioriscono a ogni angolo di strada. E’ un mondo di golosità sintonizzato su una nota solo: la ricchezza. I centri commerciali sono maestose costruzioni che possono ricordare le piramidi o la little italy, a seconda dei casi. Ogni bizzarria è permessa, nella funzione di attirare gli acquirenti.

5) ORIENTE E OCCIDENTE. L’ineccepibile accoglienza anglofona ti rammenta che sei in una città di servizi, fatta per stranieri in arrivo da tutto il mondo. Qui c’è oriente e occidente, Bibbia e Corano. Divertimento free, sisha (lunghe pipe tipo narghilé) in salsa rock . La cucina rispecchia questo mix artificiale, negli ottimi ristoranti di tutti i tipi, giapponesi, marocchini, italiani, francesi, la maggior parte dei quali sono ospitati nel complesso di lussuosi hotel. E allora capita che la hall di un albergo diventi l’antica l’agorà. Un perno intorno al quale le persone vanno e vengono, e la vita ruota frenetica.
Chiunque qui a Dubai può trovare il suo angolo di casa. O di solitudine. O entrambi.

6) ll MARE, Jumeira Beach (lembo di costa residenziale abitato dai ricchi manager occidentali e dalle loro famiglie), la “PALMA” hanno un che di onirico. Di giorno sono come grandi parchi dei divertimenti. La superficie verde e tranquilla del mare è un invito a entrare. L’acqua calda è una sorpresa, difficile abituarti.


7) AIN'T ON SALE, AM I?! In ascensore incontro un tizio vestito all’araba con tunica bianca. Poche chiacchiere, mi chiede se sono qui sola, da dove vengo, le solite domande di rito, e alla fine il numero di camera. Naturalmente rispondo solo per gentilezza, essendo il tizio assolutamente inguardabile (o almeno per i miei gusti ☺). Si può essere più ingenue? Dopo cinque minuti mi telefona in camera. Inizia a blaterare che gli piaccio, che vuole vedermi, tra un’ora, tra mezz’ora, premurandomi di specificare che lui è “uno sceicco”, “un uomo importante”. Il mio imbarazzato rifiuto lo lascia indifferente. Continua a parlare, vuole venire in camera, mi chiede che piani ho per la giornata. Nel tentativo di convincermi il sedicente very important man mi propone di andare a fare shopping insieme. Inizia a disseminare la parola “money” nei suoi inviti, alla fine arriva a offrirmi 100 solo per bere un caffè insieme nella hall. Mi sembra di essere in un film! La sua insistenza già prima sfiorava lo stalking. Adesso sono offesa. Mi vedo costretta a rompere ogni regola di gentile educazione comunicandogli che la nostra conversazione è finita. "Non sono in vendita, grazie".
Quattro ore più tardi nel parcheggio del grande centro commerciale, in attesa del mio shuttle ovviamente in ritardo, attanagliata da una micidiale mescolanza di smog, aria bollente e umidità al 100%, dopo un pomeriggio di sfiancante zapping tra una boutique e l’altra, con il naso appiccicato alle vetrine di negozi dove, saldi o non saldi, era perfettamente inutile entrare, ripenso alle mie parole: era poi necessario essere così perentoria? Non sono in vendita è una dichiarazione al limite della supponenza, della sfrontataggine. Figuriamoci… Chi non ha prezzo?!!


8) Il canto del RAMADAM, alle sette di sera. I taxisti scendono dalle loro cabine, una parte della città si ferma. Solo in quel momento ti ricordi che sei negli Emirati Arabi.

9) Il BURKA non esiste. O meglio, è una versione riveduta e corretta. Sono andata in spiaggia nel giorno riservato alle musulmane, il lunedì only-lady. Ebbene, frotte di donne ammantate di nero arrivano camminando gagliarde spesso accompagnate da bambini. Sono come noi, disinvolte, chiacchierine, persino alquanto vanitose sotto la loro apparente sobrietà. Si spogliano in spiaggia senza problemi. Alcune indossano una specie di leggings con canotta di cotone, altre bikini all’occidentale, o intero (sgambato). Sotto agli abiti neri ancheggiano su tacchi altissimi, con un elegante portamento enfatizzato da un’acconciatura a crocchia sotto il velo. Quelle di loro più magre appaiono slanciate come figurini. Le maniche sono orlate con passamanerie di strass, cristalli e qualunque dettaglio scintillante. Le borse sono tutte griffate. Senza eccezione, Gucci, Chanel, Fendi, Dior…Pensa a un nome, e loro ce l’hanno.

10) Poi ci sono i NUOVI SCHIAVI. Pakistani, filippini... O semplicemente gente che dove è nata sta anche peggio che qua. Riempiono la città della loro silente e operosa presenza. Sarà che sono scuri, abbronzati o sporchi, ma sono come ombre appena percettibili. Se non fosse per i caschi arancio neon che ogni tanto indossano, quasi non li vedresti. Autobus come camionette li trasportano da una parte all’altra della città, alla destinazione del loro lavoro. Visi scavati e cotti dal sole, occhi lugubri. Dai finestrini aperti per fare corrente (i loro pulmini sono gli unici a non avere aria condizionata) ti guardano. Scrutano con i loro occhi avidi e profondi la gente che passa, la gente dentro i taxi, la gente che abiterà i lussuosi grattacieli che un mattone sopra l’altro lo stanno costruendo nel silenzio. Autobus come vecchie camionette vanno e vengono per le strade di giorno e di notte. Non puoi sapere se iniziano il turno, o se riportano a casa quelli che hanno finito il loro.


QUESTA E’ DUBAI...O SOLO L’INIZIO?

 
 
 
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