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VILLAGGIO EL KEBIR. DIARIO DALLA TUNISIA (FOTO A SEGUIRE)


In ogni epilogo risuona un timbro di malinconìa, soprattutto quando si tratta di un finale senza possibilità di replica. Ci saranno altre vacanze, altre persone, altre voci, altra musica…ma QUELLO no. Quel sipario è calato. Quella congiuntura che mi ha portato in TUNISIA all’improvviso in coda a una stagione per molti versi da cancellare, non ci sarà mai più. E già mi manca. Forse perché tutto è stato così: senza aspettativa, senza preparazione. Una parentesi improvvisata sul filo (consunto) di un’estate che mi ha tolto parecchio in termini emotivi (sgretolando rapporti umani che pensavo incrollabili) ma alla fine mi ha restituito a me stessa. Appena decollata da Milano, quando ancora specchiavo il mio viso nel riflesso biancastro dell’alta quota, già avvertivo di stare lasciando a casa tante cose. Cose chE finalmente erano lontane da me. Incredibile a volte quanto poco basti per disfarsi di un bagaglio emotivo che ci zavorra per settimane, mesi a volte anni, senza che ce ne accorgiamo... Poi tutto è stato veloce (…). E bello. Una sequenza impossibile da fermare. Voci, colori senza fermo-immagine. Persone simpatiche, con le quali stabilisci un contatto umano, fulgido come un bagliore (anche se, fatte salve alcune ECCEZIONI, già sai che si esaurirà una volta finiti i giorni). E ti senti bene. Il sole, il mare. La compagnia dei nuovi amici, le giornate scandite dalla voglia di fare e di divertirsi. Le notti insonni, i balli, le fumate bianche (di Narghilè!). E poi è arrivata l’ultima sera. Il buio che si dileguava dopo la notte. Il villaggio immerso nel silenzio. Nel mio corpo un’ebrezza stanca e leggiadra, mentre indugiavo a bordo piscina come un regista che finito lo spettacolo, spente le luci, si sofferma ad ascoltare le voci dei suoi attori che se ne vanno. Tutto era indistinguibile nella mia mente in quel momento. Il desiderio e la realtà. La voglia di restare, e il bisogno di tornare. Indistinguibile anche il giusto e lo sbagliato. E forse ho sbagliato in QUEL momento, ma non dimenticherò neppure i miei errori…Perchè farmi usare da LUI ancora? Perché proprio allora, annullata in quell'abbraccio estraneo, trascinata in un amplesso troppo randagio persino per essere chiamato "desiderio", allora ho sentito di essere sola. Eppure felice, nonostante tutto. Paga di un cielo che albeggiava facendosi spazio nella mia mente come un respiro profondo. Paga di quel silenzio che già affastellava la mia mente di ricordi che avrei conservato con nostalgia. Paga di quel non-luogo, fuori dal mondo reale, dove le onde del mare rumoreggiavano in lontananza trascinandomi VIA, in un posto dove, forse, un giorno, in un’altra vita, avrei anche potuto lasciarmi annegare (come canta Battiato!). E null’altro. Grazie El Kebir. Grazie amici-sconosciuti. Grazie compagni di viaggio senza biglietto di ritorno. LL